Et in Arcadia ego

Giovanni Francesco Barbieri

Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini

 
DESCRIZIONE:
Il pittore Guercino, così soprannominato per una cecità occorsagli fin da bambino all'occhio destro, eseguì il dipinto Et in Arcadia Ego, come espressione del tema della vanitas, genere molto diffuso presso gli artisti del Seicento. Il dipinto, databile al 1618 circa, fu concepito inizialmente come bozzetto per la tela Apollo che scortica Marsia, conservato in Palazzo Pitti a Firenze. Con l'aggiunta del teschio, l'opera divenne successivamente una composizione autonoma. In un paesaggio classicamente arcadico, due pastori si imbattono improvvisamente nella visione di un teschio, posto su un rudere, sul quale è incisa l'iscrizione latina Et in Arcadia Ego, che significa anche io in Arcadia, per intendere che la morte è presente persino in un luogo così idilliaco. Un topo, dei vermi, un moscone e una lucertola si nutrono della materia del teschio in decomposizione. I due pastori osservano la macabra scena con atteggiamenti differenti: uno è stupito della scoperta, l'altro è invece malinconico e rassegnato come a dichiarare l'evanescenza della bellezza terrena e l'inevitabile destino di morte che attende ogni uomo.
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