La pittura di Carlo Saraceni:
un viaggio da Venezia a Roma ai tempi di Caravaggio

 
Come mai le chiese orobiche pullulano di tele del Seicento partenopeo? Lo racconta una mostra ad alto contenuto di ricerca, tra restauri e nuove attribuzioni. 

Francesca Grego
formato sconosciuto

“Cosa accomuna Napoli a Bergamo? A prima vista non molto. Eppure, alla fine del XVII secolo Bergamo cercò a Napoli gli artisti migliori per decorare i luoghi più sacri della città”, è questo l’incipit della nuova mostra dell’Accademia Carrara, nel racconto della direttrice Martina Bagnoli. Dopo l’avventura dello scorso anno come Capitale italiana della Cultura, Bergamo prosegue nella ricerca e valorizzazione del patrimonio artistico esplorando i legami con un’altra grande tradizione artistica della penisola. Più bella e interessante che mai dopo i lavori di ristrutturazione e riallestimento realizzati per il 2023, l’Accademia Carrara inaugura domani, 23 aprile, la mostra Napoli a Bergamo. Uno sguardo sul ‘600 nella Collezione De Vito e in città

A cura di Elena Fumagalli con Nadia Bastogi, il progetto indaga su una pagina poco studiata dell’arte bergamasca e padana, spaziando dagli esempi di Caravaggio - un lombardo che fece faville a Napoli - e di Jusepe de Ribera, fino a Mattia Preti e Luca Giordano, passando per Battistello Caracciolo, Massimo Stanzione, il Maestro degli annunci ai pastori, Bernardo Cavallino, Andrea Vaccaro, Nicola Malinconico. Fino al prossimo 1° settembre, i visitatori potranno ammirare, eccezionalmente riuniti in un solo luogo, dipinti provenienti dalla Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito, opere inedite della Carrara e tele ancora oggi conservate nelle chiese del territorio bergamasco.  

“Questa mostra disegna i contorni di un episodio poco studiato della cultura figurativa, portando all’attenzione della critica e del pubblico nuove attribuzioni e nuovi documenti che testimoniano gli scambi proficui tra le due città. Una grande occasione di restituzione, anche in virtù dei numerosi restauri compiuti per migliorare la leggibilità e lo stato conservativo delle opere sparse sul territorio”, prosegue la direttrice: “Questo è un aspetto molto importante della rassegna, perché testimonia il suo radicamento non solo nelle collezioni ma anche nell’eredità culturale del territorio, e testimonia come il museo possa essere un luogo di ricerca e di sviluppo”. 

Tra i capitoli più rilevanti del percorso, spiccano i quattro dipinti realizzati da Luca Giordano per la Chiesa di Sant’Evasio a Pedrengo, per la prima volta esposti in un museo e visibili a distanza ravvicinata. In una grande sala dedicata esclusivamente al maestro partenopeo, il ciclo di Pedrengo dialoga con l’inedita Incoronazione di spine dell’Accademia Carrara e con l’enorme telero del Passaggio del Mar Rosso, proveniente dalla basilica bergamasca di Santa Maria Maggiore. Preziose testimonianze di una storia in cui la Serenissima giocò un ruolo fondamentale: “Il patrimonio di pittura napoletana a Bergamo è dovuto principalmente agli scambi commerciali, sociali e culturali con Venezia, snodo attraverso cui nel Seicento le merci - e tra queste le opere d’arte - viaggiano da Sud a Nord, via mare”, scrivono le curatrici. La crescente fortuna, a partire dalla metà del XVII secolo, di cui gode l’arte partenopea in Laguna si riverbera così in terra orobica, determinando l’arrivo di capolavori come il Passaggio del Mar Rosso di Giordano e la presenza in città del suo allievo Nicola Malinconico, del quale avremo occasione di scoprire tele inedite rintracciate nelle chiese del territorio, accanto a prestiti dalla Pinacoteca di Brera e dal Museo Gaetano Filangieri di Napoli. 
Inedita, dicevamo, è anche l’Incoronazione di spine dell’Accademia Carrara, finora conservata nei depositi, che gli studi compiuti in occasione del recente restauro hanno attribuito definitivamente al maestro napoletano: un’opera che spicca per gli effetti di luce e colore di chiara derivazione veneta, ma anche per scelte iconografiche vicine alla grafica nordica. 
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