Viaggio a Spoleto con l'artista sudafricano invitato dalla Fondazione Carla Fendi con una mostra, una lecture-spettacolo e un premio a celebrare il potere delle "idee meno buone"
Ieri sera, 9 luglio 2025,
William Kentridge è salito sul palco del
Teatro Caio Melisso - Spazio Carla Fendi a Spoleto per tenere
una lecture che si è trasformata in un vero e proprio spettacolo. Più che un intervento teorico, l’artista sudafricano ha offerto
una performance dal tono teatrale e poetico, intrecciando riflessione, narrazione e immagini in movimento. Al centro del suo discorso, il concetto di “less good idea”, ovvero l’idea meno buona, quella che nasce ai margini del progetto principale, che spesso emerge in modo imprevisto, come deviazione dall’idea iniziale, e che proprio per questo si rivela fertile, vitale, capace di aprire possibilità inaspettate.
Come ha raccontato Kentridge, questa nozione nasce da un proverbio africano che recita: “
If the good doctor can’t cure you, find a less good doctor”, se il dottore buono non può curarti, trova un dottore meno buono. Da questa intuizione è nato nel 2016 a Johannesburg il
Centre for the Less Good Idea, fondato insieme all’artista Bronwyn Lace. Il centro è un laboratorio di sperimentazione in cui si incontrano artisti, poeti, performer, scienziati, matematici, filosofi e musicisti, con l’obiettivo di generare nuovi linguaggi collettivi, sottraendosi alle logiche produttive e alle aspettative del sistema artistico.
Sul palco, accanto a Kentridge, l’attore Andrea Fabi ha dato voce a testi tratti dai diari e dalle opere dell’artista, evocando i molteplici progetti nati all’interno del Centre. A scandire la narrazione, le improvvisazioni musicali di Neo Muyanga, compositore e co-direttore del Centre, che ha intrecciato i suoi interventi al pianoforte con i materiali visivi proiettati in scena. L’intera performance si è configurata come un montaggio mobile di parole, suoni, segni, animazioni e oggetti, dove il pensiero prende corpo nell’atto stesso del farsi, nel tempo presente dell’esecuzione, tra memoria personale e tensione collettiva.
Una lecture che è stata divertente e giocosa, ironica quanto basta, serissima come poche. Il centro di gravità di Kentridge sta proprio in un'idea, ma non quella giusta, quella meno buona. Per sottrarsi alla dittatura "violenta" del fare la cosa giusta, perfetta e quindi conseguente e inevitabilmente assertiva, quindi destinata al dogmatismo. L'idea meno giusta, un po' sfigata, quella che insomma è il ripiego è anche una filosofia esistenziale e quindi creativa. Uno spazio che si sviluppa nelle fratture dell'imperfezione della storia e quindi umana, umanissima. Un Centro che diviene quindi anche rifugio - shelter - per l'essere “stupidì”, quanto e come serve, quando serve. Un po' Monthy Piton, ma poi serissimo strumento per generare pensiero laterale, creativo, motore di propulsione esplosivo e rivoluzionario.
Ecco insomma Kentridge è riuscito a farci divertire facendoci anche un po' una ramanzina. Divertendosi ovviamente anche lui assieme a quei due altri matti di Fabi e Muyanga che sono saliti insieme sul palcoscenico per ricordarci che ci sono almeno due possibilità davanti a noi (ma forse son di più, chissa ?): agire razionalmente come "un architetto danese" colle sue regole e coi suoi righelli o procedere per tentativi caotici e irrazionali come un gatto impazzito strafatto di anfetamine. O forse tutte e due le cose al tempo stesso. L'importante per Kentridge è elogiare il beneficio del dubbio e aver fiducia nel pubblico che poi è motore attivo e complice nel costruire il significato e per capire che possiamo incaponirci per portare avanti le idee buone quando falliscono oppure possiamo seguire le crepe, scovare negli errori, "leap over the gap", fare inevitabilmente un salto illogico davanti al baratro del fallimento. Andare oltre dunque e vagare creativamente nel caos.
Un’eco diretta di questa filosofia è visibile nella mostra allestita all’ex Battistero della Manna d’Oro, che ospita fino al 27 luglio l’esposizione
Unhappen Unhappen Unhappen - Pepper’s Ghost Dioramas, nata in seno al Centre for the Less Good Idea e reso possibile da
Fondazione Carla Fendi e da
Mahler & LeWitt Studios con la curatela di
Guy Robertson e di
Bonwyn Lace. Quattro installazioni in forma di diorami animati utilizzano la tecnica ottica del Pepper’s Ghost, inventata nel XIX secolo per creare illusioni teatrali, per mettere in scena memorie storiche e personali, tra visioni e traumi. In
Tata, l’artista
Anathi Conjwa evoca la figura del padre combattente anti-apartheid: in un paesaggio miniaturizzato, stivali militari si moltiplicano come presenze minacciose. In
Mayakovsky, Kentridge costruisce una narrazione visiva attorno alla figura del poeta russo, tra utopia rivoluzionaria e tragedia individuale.
Gli spettatori si muovono davanti a specchi inclinati, vetri semiriflettenti, oggetti e proiezioni che appaiono e scompaiono, in un gioco percettivo che rende visibile l’invisibile. Le opere si attivano solo in presenza del pubblico, creando un’esperienza immersiva che richiama lo spettro della memoria e la difficoltà di separarsi dal passato. Non si tratta di cancellare o rimuovere, ma di mostrare ciò che, anche se desiderato, non può più “disaccadere”.
La presenza a Spoleto di Kentridge proseguirà fino al weekend, con la messa in scena nell'ambito del Festival dei Due Mondi dello spettacolo teatrale "
The Great Yes, The Great No" che offrirà al pubblico due appuntamenti sabato 12 luglio e domenica 13 luglio 2025 al
Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti.
A concludere va ricordato l'appuntamento di domenica 13 luglio 2025 in Piazza Duomo con il conferimento a William Kentridge del
Premio Carla Fendi STEAM 2025, riconoscimento attribuito a figure che sappiano coniugare arte, scienza, tecnologia e impegno sociale. Nel caso di Kentridge, il premio onora una pratica artistica che da sempre fonde linguaggi diversi – dal disegno al teatro, dal cinema all’opera – e un’attività instancabile nel creare spazi di ascolto, libertà e invenzione. Il Centre for the Less Good Idea rappresenta oggi uno dei modelli più innovativi per pensare l’arte come luogo di relazione, come forma di responsabilità, come apertura verso l’altro. La scelta del Festival dei Due Mondi e della Fondazione Carla Fendi, a cui va il nostro personalissimo plauso, conferma la centralità di questa visione: un’arte che non esibisce certezze ma costruisce domande, che non impone soluzioni ma offre occasioni di incontro, che abita lo spazio dell’incertezza come terreno privilegiato della creazione.
Per approfondire:
Guy Robertson, Neo Muyanga, William Kentridge, MariaTeresa Venturini Fendi, Bronwyn Lace, Andrea Fabi a Spoleto per la lecture "Finding the Less Good Idea" del 9 luglio 2025 - courtesy © Fondazione Carla Fendi