Il direttore del complesso museale fiorentino auspica il ritorno del quadro di proprietà dell'Italia

Agli Uffizi la riproduzione dell'opera di Jan van Huysum rubata dai nazisti: l'appello di Schmidt per il rientro in Italia

Il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, con la riproduzione in bianco e nero del Vaso di Fiori di Jan van Huysum
 

Samantha De Martin

02/01/2019

Firenze - Il Vaso di Fiori appartenente alle collezioni di Palazzo Pitti fin dal 1824 e realizzato dall’artista olandese Jan van Huysum, pittore di nature morte di grandissima fama, campeggia nella Sala dei Putti a Palazzo Pitti.
Questa notizia non avrebbe nulla di strano se non fosse che l’opera in questione è una riproduzione in bianco e nero effettuata da Alinari e che a corredo del quadro sono stati posti dei cartelli con la scritta “rubato” in tre lingue, italiano, inglese e tedesco, ed una didascalia esplicativa che ricorda come a sottrarla alla sua naturale postazione furono i soldati della Wehrmacht.
«Saremo ben lieti di rimuovere questa memoria fotografica - spiega il direttore (tedesco) degli Uffizi, Eike Schmidt - quando agli Uffizi sarà restituito l'originale».

Ma per comprendere meglio la vicenda basta fare un passo indietro. Appartenente alle collezioni di Palazzo Pitti fin dal 1824, quando fu acquistato dal granduca lorenese Leopoldo II per la Galleria Palatina appena fondata, il celebre Vaso di fiori di Jan van Huysum era rimasto esposto per oltre un secolo nella sala dei Putti, insieme ad altre nature morte olandesi realizzate dai massimi artisti del Seicento e del Settecento, da Rachel Ruysch a Willem van Aelst.
Ma quando, nel 1940, all’inizio della guerra, la reggia fu evacuata, il quadro venne portato nella villa medicea di Poggio a Caiano per poi essere spostato, nel 1943, nella villa Bossi Pucci, sempre a Firenze. I militi dell’esercito tedesco in ritirata lo prelevarono insieme ad altre opere per trasferirlo a Castel Giovio, in provincia di Bolzano. La cassa in cui si trovava il Vaso di Fiori di Palazzo Pitti venne aperta e l’opera, trafugata, finì in Germania, dove se ne persero le tracce.
Ricomparve solo nel 1991, e oggi, come ribadisce Schmidt, «è nella disponibilità di una famiglia tedesca che, dopo tutto questo tempo, non l’ha ancora reso al museo, nonostante le numerose richieste da parte dello Stato italiano, proprietaro del quadro».
Il direttore degli Uffizi ha scelto il primo giorno dell’anno per lanciare il suo accorato appello anche attraverso internet. «A causa di questa vicenda che intacca il patrimonio delle Gallerie degli Uffizi - continua Schmidt - le ferite della seconda Guerra Mondiale e del terrore nazista non sono ancora rimarginate. La Germania dovrebbe abolire la prescrizione per le opere rubate durante il conflitto e fare in modo che esse possano tornare ai loro legittimi proprietari».

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