I cicli affrescati del XIV secolo nella World Heritage List

"Padova Urbs picta", viaggio tra gli otto gioielli patrimonio Unesco

Cappella degli Scrovegni, interno, veduta verso il presbiterio
 

Samantha De Martin

27/07/2021

Padova - Antonio Canova lo aveva intuito. Ed è per questo che oggi il maestro veneto, attratto nel vortice della riscoperta dei Primitivi, da Giotto a Ghiberti - come confermano molte sue opere grafiche, pittoriche e scultoree - sarebbe orgoglioso nel veder riconosciuti “outstanding universal value” - sono parole dell'Unesco - i grandi cicli affrescati della Padova del Trecento. Capolavori che segnarono una nuova era nella storia dell'arte, producendo un irreversibile cambio di direzione.
Sabato scorso, "Padova Urbs picta" è stata proclamata patrimonio mondiale dell’umanità e gli affreschi realizzati tra il 1305 e il 1397 da Giotto fino a Jacopo da Verona, passando per Guariento, Giusto de Menabuoi, Altichieri da Zevio e Jacopo Avanzi campeggiano adesso nella World Heritage List. Chiara la motivazione. “Il gruppo di artisti in cerca di innovazione, riuniti a Padova, favorì uno scambio di idee e un know-how che portò a un nuovo stile nell'affresco che fu la base ispiratrice per secoli di lavori di affresco nel Rinascimento italiano e oltre. Con questa vera e propria rinascita di una tecnica pittorica antica, Padova ha fornito un nuovo modo di vedere e rappresentare il mondo, annunciando l'avvento della prospettiva rinascimentale”.


Giotto di Bondone, Dettaglio, Giudizio universale, L'arcangelo motore del sole, affresco, Padova, Cappella degli Scrovegni

Ci tuffiamo in questo itinerario “diffuso”, percorribile a piedi, “sito seriale” nel cuore della città medievale, che, dalla Cappella degli Scrovegni si allunga fino all’Oratorio di San Michele, toccando la Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo agli Eremitani, il Palazzo della Ragione, la Cappella della Reggia Carrarese, il Battistero della Cattedrale, la Basilica e il Convento di Sant’Antonio, l’Oratorio di San Giorgio. In questo viaggio, immersi in oltre 3600 metri quadrati di pitture murali, in un contesto in cui la tradizione della parete dipinta è documentata sin dal X secolo, siamo invitati a gustare quella rivoluzione nell’arte figurativa che travolge la città in circa 90 anni - dal 1305 al 1397 - e che si fonda su una riscoperta della tecnica dell’affresco, un uso innovativo del colore, l’invenzione della prospettiva che sarà poi perfezionata nei secoli successivi. Quando, intorno al 1302, Giotto giunge a Padova - che proprio in quegli anni con i Carraresi scopre il concetto di politica culturale - porta in città un linguaggio artistico nuovo dal quale prende avvio una fervida stagione culturale e artistica destinata a proseguire per tutto il XIV secolo.

La Cappella degli Scrovegni e la scoperta delle emozioni
“Dopo aver attraversato in pieno sole il giardino dell’Arena, entrai nella cappella di Giotto, dove l’intera volta e gli sfondi degli affreschi sono così turchini da far credere che la radiosa giornata abbia, anch’essa, oltrepassato la soglia insieme al visitatore e sia venuta per un attimo a porre all’ombra e al fresco il suo cielo puro”. Fu questo l’impatto di Marcel Proust con la Cappella degli Scrovegni, celebrata anche da D’Annunzio che arrivò a Padova “cercando l’arte beatrice di Giotto che gli spiriti disegna”. Ed eccole le emozioni farsi strada attraverso la prima rappresentazione pittorica di un bacio, quello tra i genitori di Maria, Gioacchino e Anna, alla porta di Gerusalemme, o attraverso un'inaspettata lacrima sul volto di una donna nella scena della Strage degli Innocenti.


Giotto di Bondone, Le madri (part.), 1303-1305, Padova, Cappella degli Scrovegni

Con il suo ciclo di affreschi che condensa il Nuovo testamento, la Cappella, abbellita tra il 1303 e il 1305 dal pittore di Vicchio su incarico del banchiere Enrico degli Scrovegni, è davvero il luogo in cui Giotto porta a compimento le prime rivoluzionarie rappresentazioni dello spazio in prospettiva , con la ricerca sulla spazialità che anticipa di oltre cento anni la teorizzazione della prospettiva di Leon Battista Alberti. In questo sorprendente percorso che inaugura l’attualizzazione e “laicizzazione” della storia sacra all'interno delle rappresentazioni artistiche - che raggiungerà il suo pieno sviluppo negli altri cicli pittorici padovani del Trecento - piante e animali, architetture e tessuti, resi con un realismo sorprendente, restituiscono un’idea fedele della vita degli uomini nel Trecento.

Una committenza femminile nella chiesa dei Santi Filippo e Giacomo degli Eremitani
A poco più di cento metri dalla Cappella degli Scrovegni si dispiega un’altra pagina di storia della pittura murale padovana del Trecento. La chiesa dei Santi Filippo e Giacomo degli Eremitani ci accoglie con la straordinaria presenza di una committenza femminile, aspetto assolutamente innovativo nell'ambito del sito “I cicli affrescati del XIV secolo di Padova”. Fu la nobildonna Traversina Cortellieri a rivolgersi, per la cappella dedicata al figlio, a Giusto de' Menabuoi che, con Guariento di Arpo, rielaborò l'arte di Giotto. Le architetture si fanno più complesse e articolate, con un'attenzione al particolare che conferisce al ciclo un nuovo effetto scenografico.


Chiesa degli Eremitani, interno, veduta verso il presbiterio

Il Palazzo della ragione: la risposta “laica” alla Cappella degli Scrovegni
Con le quattro pareti interne del grande salone pensile del primo piano completamente affrescate, il Palazzo della Ragione incarna il ciclo più ampio per superficie dipinta e il più articolato del sito seriale “I cicli affrescati del XIV secolo di Padova”. La realizzazione di questa sorta di "risposta laica" alla Cappella degli Scrovegni fu affidata a Giotto dal Comune di Padova circa dodici anni dopo la conclusione del suo capolavoro. Un grande almanacco dipinto composto da trecentotrentatré riquadri, disposti su tre registri sovrapposti, scanditi secondo i dodici mesi dell'anno, intinge lo sguardo del visitatore in uno scrigno di segni zodiacali, mesi, mestieri e caratteri umani.


Il segni zodiacali, l'acquario, Padova, Palazzo della Ragione

Il “primo” Giotto a Padova nella Basilica e nel convento di Sant’Antonio
Per apprezzare le prime testimonianze della presenza di Giotto in città basta raggiungere un altro capolavoro dell’Urbs Picta. All’interno della Basilica e nel convento di Sant’Antonio, la mano del pittore - risalente al 1302-1303, poco prima alla decorazione nella Cappella degli Scrovegni - è evidente nella Cappella della Madonna Mora, in quella delle Benedizioni e nella Sala del Capitolo.

Un’altra committenza al femminile nel Battistero della Cattedrale
Gli affreschi incentrati sulla Storia della Salvezza con episodi della vita di Cristo e di San Giovanni Battista rappresentano invece il capolavoro assoluto di Giusto de' Menabuoi. All’interno del Battistero della cattedrale il ciclo di Giusto esprime compiutamente lo sviluppo delle ricerche sulla "prospettiva" di Giotto che mirano a costruire una spazialità di tipo illusionistico, con l'intento di coinvolgere lo spettatore nello spazio dipinto abbattendo la separazione tra architettura, pittura e scultura. Anche questa volta la committenza si deve a una donna, Fina Buzzaccarini, moglie di Francesco il Vecchio da Carrara, la cui sensibilità si rispecchia negli episodi interpretati da Giusto.


Battistero del Duomo di Padova, interno, cupola

Una cronaca di Guariento nella Cappella della Reggia Carrarese
La celebrazione del potere e della ricchezza dell’aristocratica famiglia padovana raggiunge il suo acme nella Cappella della Reggia Carrarese. Questa volta si deve al pittore Guariento la narrazione, straordinariamente vivace, di una cronaca coeva, come si può intuire dalle architetture trecentesche e dall’eleganza delle vesti alla moda dell'epoca, fedeli al processo di attualizzazione della storia sacra inaugurato da Giotto nella Cappella degli Scrovegni. Nel celebrare la famiglia, Guariento ambienta il racconto in uno spazio continuo, arricchendo gli episodi di didascalie per rendere ancor più esplicito il messaggio di pitture dall'iconografia: la salvezza dell'uomo concessa da Dio grazie all'intervento degli angeli.


Guariento di Arpo, Giuditta e Oloferne, ante 1354, Padova, Cappella della Reggia Carrarese

L'Oratorio di san Giorgio
Affacciato sul sagrato della Basilica del Santo, questo mausoleo iniziato da Raimondino Lupi di Soragna esalta le virtù guerriere della famiglia al servizio della Signoria dei Carraresi e della città. La qualità della pittura, il cromatismo raffinato, le soluzioni prospettiche e l’aderenza al dato reale fanno di questo ciclo un capolavoro talmente innovativo da anticipare la spazialità prospettica quattrocentesca. È Altichiero, considerato da alcuni "il più geniale pittore italiano del secondo Trecento", a decorarne le pareti interne tra il 1379 e il 1384, seguendo il percorso iniziato nella Cappella di San Giacomo con la ricerca dell'illusionismo prospettico e un’attenzione alla luminosità del colore.
Influssi giotteschi esplodono nell’impianto architettonico, nella decorazione entro cornici, nella citazione puntuale della volta stellata con figure entro clipei, sebbene aggiornato secondo il nuovo stile gotico.

L'ultimo brano della storia della pittura ad affresco nell’ Oratorio di san Michele
Situato vicino alla Torlonga del Castello Carrarese, adagiato sulle rovine di un edificio sacro risalente probabilmente all’epoca longobarda, l’Oratorio di San Michele custodisce il ciclo affrescato con le storie della Vita della Vergine. Qui si snoda l'ultimo brano della storia della pittura ad affresco nella Padova del Trecento e qui il pittore Jacopo da Verona, giunto in città forse al seguito di Altichiero da Zevio, porta a compimento tutte le innovazioni introdotte da Giotto, dall’affinamento della tecnica dell'affresco all'enfasi dell’illusionismo nella ricerca spaziale e prospettica, dall’indagine degli stati d'animo in una dimensione quotidiana all'attualizzazione della storia sacra. Adesso personalità illustri si insinuano nelle storie bibliche o nelle vite dei santi, mentre i personaggi della storia sacra vengono scalzati dai committenti e dai loro familiari. Ma c’è di più. Le vicende esecutive del ciclo affrescato nell’Oratorio di San Michele si intrecciano alla storia stessa di questa tecnica. Un anno dopo l’esecuzione, nel 1398, Cennino Cennini scriverà il suo Libro dell’arte, illustrando dettagliatamente la tecnica dell’affresco di Giotto, citato come “principio della moderna pittura”.


Altichiero da Zevio, L'incoronazione della Vergine (part.), 1379-1384, Padova, Oratorio di San Giorgio

Il Veneto fa l’en plein di siti Unesco
Se, con l’iscrizione di Padova Urbs picta nella World Heritage List il Veneto diventa la regione italiana con il maggior numero di siti Unesco - ben nove - Padova è una delle poche città al mondo a custodirne due. Dal 1997 infatti è patrimonio mondiale l’Orto Botanico dell’Università. Realizzato nel 1545 è il più antico orto del mondo occidentale a conservare ancora la forma e l’ubicazione delle origini.

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