Un ritrovamento getta nuova luce sull’eruzione del 79 d.C.

Dallo Scavo dei Casti amanti riemergono le ultime due vittime di Pompei

L'ambiente che ha restituito i due scheletri nell'Insula dei Casti Amanti | Courtesy Parco Archeologico di Pompei
 

Samantha De Martin

17/05/2023

Napoli - Il braccio ancora alzato forse per il vano tentativo di proteggersi dalla caduta della parete della stanza, provocata da un terremoto che ha preceduto l’eruzione del 79 d.C. È stato trovato così uno dei due scheletri rinvenuti a Pompe nel corso di uno scavo nell’Insula dei Casti Amanti.
Gli scheletri di due individui di sesso maschile di almeno 55 anni sono riemersi nel corso del cantiere di messa in sicurezza, rifacimento delle coperture e riprofilatura dei fronti di scavo dell’Insula, riversi su un lato, in un ambiente di servizio, al tempo dismesso forse per consentire interventi di ristrutturazione della casa, nel quale si erano rifugiati in cerca di riparo.


L'ambiente che ha restituito i due scheletri nell'Insula dei Casti Amanti | Courtesy Parco Archeologico di Pompei

Le prime analisi antropologiche condotte sul campo - pubblicate nell’E-journal degli scavi di Pompei - suggeriscono che la morte di entrambi è stata provocata da traumi multipli in seguito al crollo di porzioni dell'edificio. Durante la rimozione delle vertebre cervicali e del cranio di uno dei due scheletri, sono emerse tracce di un involto di stoffa. All’interno, oltre a cinque elementi in pasta vitrea identificabili come vaghi di collana, sono state trovate sei monete: due denari in argento (uno repubblicano, databile alla metà del II sec. a.C., e un altro da riferire alle produzioni di Vespasiano) e le restanti in bronzo (due sesterzi, un asse e un quadrante) coniate durante il principato di Vespasiano.

"Le tecniche dello scavo moderno - evidenzia il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel - ci aiutano a comprendere sempre meglio l'inferno che in due giorni distrusse interamente la città di Pompei, uccidendone molti abitanti: bambini, donne e uomini. Con le analisi e le metodologie riusciamo ad avvicinarci agli ultimi istanti di chi ha perso la vita".


L'ambiente che ha restituito i due scheletri nell'Insula dei Casti Amanti | Courtesy Parco Archeologico di Pompei

Alle 13 di un un giorno d’autunno del 79 d.C una colonna eruttiva, descritta da Plinio il Giovane come un albero di pino il cui tronco si espande nella parte alta in più rami, si era innalzata per decine di chilometri espandendosi a est del Vesuvio. A questa fase sono seguite una serie di correnti piroclastiche che hanno sedimentato depositi di cenere e lapilli. I fenomeni vulcanici investirono chiunque si fosse ancora rifugiato nell'antica città di Pompei uccidendo almeno il 15-20% della popolazione, stando alle stime degli archeologi. Ma a provocare la morte degli abitanti fu anche il crollo degli edifici, dovuto a un terremoto che accompagnò l'eruzione. Subbuglio, confusione, tentativi di fuga, lapilli, correnti turbolente di cenere vulcanica e gas caldi avvolsero in poche ore gli abitanti e anche i due uomini rinvenuti nell’Insula dei Casti Amanti.
Nella stanza che ha conservato i loro corpi sono emersi anche un'anfora verticale appoggiata alla parete nell'angolo vicino a uno dei corpi e una collezione di vasi, ciotole e brocche accatastata contro la parete di fondo. A impressionare è stata soprattutto l'evidenza dei danni subiti da due pareti, probabilmente a causa dei terremoti che hanno accompagnato l'eruzione. Parte della parete sud della stanza è crollata su uno degli uomini, il cui braccio alzato allude forse a un vano tentativo di proteggersi dalla caduta della muratura. Le condizioni della parete ovest provano invece la forza drammatica dei terremoti contestuali all’eruzione: l'intera sezione superiore si è staccata ed è caduta nella stanza, travolgendo e seppellendo l’altro individuo.


L'ambiente che ha restituito i due scheletri nell'Insula dei Casti Amanti | Courtesy Parco Archeologico di Pompei

In un ambiente adiacente è visibile un bancone da cucina in muratura, che nel 79 d.C doveva essere temporaneamente fuori uso. Il mucchio di calce in polvere, in attesa di essere impiegata in attività edilizie, rinvenuto sulla sua superficie, suggerisce che al momento dell'eruzione si stavano effettuando riparazioni nelle vicinanze.
Lungo la parete della cucina corrono alcune anfore cretesi, utilizzate originariamente per il trasporto del vino. Sopra il bancone ci sono tracce di un santuario domestico sotto forma di affresco che sembra raffigurare i lares della casa. Accanto alla cucina, una stanza lunga e stretta con una latrina.

Tutti i dettagli scientifici relativi allo scavo possono essere approfonditi attraverso gli articoli pubblicati sull’E-Journal di Pompei - scaricabile dal sito ufficiale del Parco www.pompeiisites.org - la nuova piattaforma digitale finalizzata a fornire notizie relative a progetti di scavo, di ricerca e di restauro nelle sedi del Parco.

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