Dal 27 febbraio a Milano
La Belle Époque secondo Troubetzkoy, lo scultore impressionista (e vegetariano)
Paul Troubetzkoy (1866-1938), Lady Constance Stewart-Richardson, 1914. Bronzo, 34,3 × 29,9 × 12,7 cm. Fine Arts Museums of San Francisco, Theater and Dance Collection, Gift of Mrs. Alma de Bretteville Spreckels, Photo by Randy Dodson I Courtesy of the Fine Arts Museums of San Francisco
Francesca Grego
27/11/2025
Milano - Arriva dal Musée d’Orsay la grande mostra che inaugurerà il 2026 alla Galleria d’Arte Moderna di Milano. Protagonista è Paul Troubetzkoy (1866-1938), scultore cosmopolita nato sul Lago Maggiore da un principe russo e da una cantante lirica americana, passato alla storia come uno dei ritrattisti più raffinati e richiesti della Belle Époque. A raccontarlo dal 27 febbraio al 28 giugno 2026 saranno ottanta opere provenienti da importanti collezioni italiane, europee, britanniche e americane, in un progetto curato da Omar Cucciniello e prodotto dalla GAM e dal Musée d’Orsay - dove la mostra è in programma fino al prossimo 11 gennaio -
in collaborazione con il Museo del Paesaggio di Verbania, che conserva una delle più significative collezioni dedicate all’artista.
Scolpiva dal vero Troubetzkoy, senza disegni preparatori, catturando il carattere di ogni modello con tocchi rapidi e vibranti. Per le sue superfici mosse, sensibili alla luce, è stato spesso accostato agli impressionisti. Le forme dinamiche, a volte appena abbozzate, lo conducono verso esiti di notevole immediatezza: il celebre drammaturgo George Bernard Shaw lo definirà “lo scultore più sorprendente dei tempi moderni”. I due condividono anche qualcosa di personale - e raro per quei tempi - ovvero la dieta vegetariana, che Troubetzkoy, innamorato degli animali, abbracciò seguendo l’esempio dello scrittore Lev Tolstoj, protagonista di uno dei suoi ritratti più noti.

Albert Harlingue (1879-1963), Paul Troubetzkoy nel suo studio a Parigi con i suoi lupi, 1909-1914. Fotografia, Parigi, Bibliothèque historique de la Ville de Paris, collections Roger-Viollet © Albert Harlingue / Roger-Viollet
Artisti, nobili e intellettuali sono al centro delle opere dello scultore: il conte Robert de Montesquiou e Gabriele D’Annunzio, i musicisti Enrico Caruso e Giacomo Puccini, i pittori Segantini, Boldini e Sorolla, legato all’autore da una profonda amicizia, e poi i più noti personaggi dell’alta società globale a cavallo tra Ottocento e Novecento, dalla Marchesa Casati ai Rothschild, i Vanderbilt, i Rockefeller. Insomma, un mondo intero si riflette nell’arte di Paul Troubetzkoy che, formatosi a Milano negli ambienti della Scapigliatura, conquistò la fama trionfando in prestigiosi concorsi internazionali - come quello per la realizzazione della monumentale statua equestre dello Zar Alessandro III a San Pietroburgo - per poi trasferirsi a Parigi e imporsi infine nel panorama statunitense.
Alla GAM lo scopriremo ammirando i ritratti più celebri firmati dall’artista, tra cui Mademoiselle Svirsky, la famosa ballerina che si esibiva a piedi nudi, Lady Constance Stewart Richardson o la moglie Clotilde seduta sul sofà. In mostra troveremo anche opere meno note, come le sculture dedicate agli amati animali, protagoniste di un’intera sezione, e numerose prove sperimentali, testimonianze un’inesauribile ricerca sulle nuove frontiere della scultura all’alba dell’era moderna. Da non perdere sono infine le statuette raffiguranti nativi americani, di cui Troubetzkoy catturò lo spirito fiero e il veloce movimento a cavallo, e di cowboy, osservati per la prima volta in occasione dell’arrivo a Milano del famoso circo di Buffalo Bill del 1890 e ripresi durante i soggiorni negli Stati Uniti, dove lo scultore realizzò anche ritratti delle prime star di Hollywood e leggiadre figure di ballerine.
in collaborazione con il Museo del Paesaggio di Verbania, che conserva una delle più significative collezioni dedicate all’artista.
Scolpiva dal vero Troubetzkoy, senza disegni preparatori, catturando il carattere di ogni modello con tocchi rapidi e vibranti. Per le sue superfici mosse, sensibili alla luce, è stato spesso accostato agli impressionisti. Le forme dinamiche, a volte appena abbozzate, lo conducono verso esiti di notevole immediatezza: il celebre drammaturgo George Bernard Shaw lo definirà “lo scultore più sorprendente dei tempi moderni”. I due condividono anche qualcosa di personale - e raro per quei tempi - ovvero la dieta vegetariana, che Troubetzkoy, innamorato degli animali, abbracciò seguendo l’esempio dello scrittore Lev Tolstoj, protagonista di uno dei suoi ritratti più noti.

Albert Harlingue (1879-1963), Paul Troubetzkoy nel suo studio a Parigi con i suoi lupi, 1909-1914. Fotografia, Parigi, Bibliothèque historique de la Ville de Paris, collections Roger-Viollet © Albert Harlingue / Roger-Viollet
Artisti, nobili e intellettuali sono al centro delle opere dello scultore: il conte Robert de Montesquiou e Gabriele D’Annunzio, i musicisti Enrico Caruso e Giacomo Puccini, i pittori Segantini, Boldini e Sorolla, legato all’autore da una profonda amicizia, e poi i più noti personaggi dell’alta società globale a cavallo tra Ottocento e Novecento, dalla Marchesa Casati ai Rothschild, i Vanderbilt, i Rockefeller. Insomma, un mondo intero si riflette nell’arte di Paul Troubetzkoy che, formatosi a Milano negli ambienti della Scapigliatura, conquistò la fama trionfando in prestigiosi concorsi internazionali - come quello per la realizzazione della monumentale statua equestre dello Zar Alessandro III a San Pietroburgo - per poi trasferirsi a Parigi e imporsi infine nel panorama statunitense.
Alla GAM lo scopriremo ammirando i ritratti più celebri firmati dall’artista, tra cui Mademoiselle Svirsky, la famosa ballerina che si esibiva a piedi nudi, Lady Constance Stewart Richardson o la moglie Clotilde seduta sul sofà. In mostra troveremo anche opere meno note, come le sculture dedicate agli amati animali, protagoniste di un’intera sezione, e numerose prove sperimentali, testimonianze un’inesauribile ricerca sulle nuove frontiere della scultura all’alba dell’era moderna. Da non perdere sono infine le statuette raffiguranti nativi americani, di cui Troubetzkoy catturò lo spirito fiero e il veloce movimento a cavallo, e di cowboy, osservati per la prima volta in occasione dell’arrivo a Milano del famoso circo di Buffalo Bill del 1890 e ripresi durante i soggiorni negli Stati Uniti, dove lo scultore realizzò anche ritratti delle prime star di Hollywood e leggiadre figure di ballerine.
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