L’arte come luogo di dialogo nel progetto del museo romano

Africa contemporanea per l’estate del MAXXI

Kjluanj Kia Henda, The Merchant of Venice, 2010 inkjet print on cotton paper, 170cmx110cm courtesy of the artist and Galleria Fonti, Naples
 

Francesca Grego

23/06/2018

Roma - Fino all'autunno l’arte africana è di casa al MAXXI: due importanti progetti espositivi e un denso programma di eventi nel segno del Continente Nero animeranno il museo romano nei prossimi mesi.
Un’iniziativa basata sull’idea della cultura come piattaforma di dialogo e di diplomazia “sottile” che, come spiega la presidente di Fondazione MAXXI Giovanna Melandri, rappresenta “un’occasione di incontro e collaborazione con le comunità africane presenti a Roma, cui è idealmente dedicata, e che sono state coinvolte in un’intensa attività di mediazione interculturale” in occasione delle mostre.
 
Senza cedere a idealizzazioni nostalgiche e cercando di superare gli stereotipi che per secoli hanno influenzato il nostro sguardo sull’Africa, il viaggio del MAXXI segue le traiettorie contemporanee di una scena artistica fortemente vitale, alla scoperta di un continente in movimento tra contraddizioni e vecchie ferite ancora aperte.
Due le mostre appena inaugurate.
 
• African Metropolis. Una Città immaginaria. Fino al 4 novembre
“La città è un discorso, e questo discorso è veramente una lingua: la città parla ai suoi abitanti, noi parliamo la nostra città, la città dove ci troviamo, semplicemente abitandola, percorrendola, guardandola”, scriveva Roland Barthes. Alla ricchezza umana, simbolica e narrativa delle metropoli contemporanee è dedicato il progetto espositivo firmato dalla curatrice italiana Elena Motisi e da Simon Njami, curatore di origine camerunense noto per progetti espositivi che, a partire da Africa Remix, (2004-2007) hanno portato l’arte attuale dell’Africa e della diaspora alla ribalta dei circuiti internazionali.
 
Oltre 100 opere – tra fotografie, installazioni, sculture, video e perfino tessuti – di 34 artisti interpretano cinque azioni urbaneVagando, Appartenendo, Riconoscendo, Immaginando, Ricostruendo – e vanno a comporre una grande città immaginaria, una xenopòleis in cui tutti sono abitanti pur essendo stranieri. La sua eterogeneità costitutiva rispecchia le tante realtà di un continente immenso come quello africano, così come le metropoli di tutto il mondo.
 
Il visitatore è invitato a percorrere le strade di una città definita dalla vita di chi la abita, tra creazioni monumentali, opere dall’atmosfera intima e rielaborazioni site-specific. Se la Time Tower di Bili Bidjocka cita la Torre di Babele e il Faro di Alessandria, il cortometraggio Prends le bus et regard di Amina Zoubir restituisce la sensazione di essere su un autobus al centro di Algeri. Da scoprire anche Le Salon Bibliothèque di Hassan Hajjaj, realizzata appositamente per la mostra, che riproduce una libreria dal sapore marocchino, e Behind This Ambiguity di Abdulrazaq Awofeso, un’installazione di 120 statuine che invadono lo spazio espositivo.
 
Ci sono opere politiche, come Bureau d’Echange di Meschab Gaba, che denuncia le conseguenze delle speculazioni su materie prime strategiche, e messaggi di speranza, come in Ballet in Kibera di Sarah Waiswa, che mostra un gruppo di bambini di periferia intenti in una lezione di danza classica. Senza dimenticare artisti noti da tempo agli aficionados del contemporaneo africano come El Anatsui, Joël Andrianomearisoa, Abdoulaye Konaté o Hassan Musa.
 
• road to justice. Fino al 14 ottobre
Quello della memoria è un tema insidioso, in Africa forse più che altrove. Un po’ in ritardo rispetto al resto del mondo, anche le mostre italiane iniziano a mostrare interesse per le questioni post-coloniali.
 
L’esposizione curata da Anne Palopoli presenta le riflessioni di nove artisti su un continente in bilico tra passato e futuro, ancora impegnato a fronteggiare le conseguenze – pratiche e psicologiche - delle diverse dominazioni coloniali nonostante l’80 % della sua popolazione abbia meno di 30 anni.
Un’ampia varietà di linguaggi - video, pittura, fotografia, installazione - dà forma a visioni molteplici, che spesso fondono la creatività personale con l’ispirazione delle tradizioni.
 
Passato, Presente e Futuro sono le tre sezioni che scandiscono il percorso: mentre Peripeteia di John Akomfrah e Black Jesus Man di Marlene Dumas affrontano i temi della schiavitù, del capitalismo, della segregazione, con riferimenti agli stereotipi della rappresentazione dell’Africa nell’arte occidentale, artisti come Bouchra Khalili, Kendell Geers, Moshekwa Langa, Michael Tsegaye, Malik Nejmi guardano alle emergenze dell’attualità, dalle migrazioni all’abbandono sociale e allo sradicamento culturale.
Per arrivare a proiettarci nel futuro con la pittura immaginifica e apocalittica di Wangechi Mutu e il video di Sue Williamson che, come Nelson Mandela, esalta il perdono quale unica forza liberatrice.
 

• Gli eventi
Un fitto calendario di appuntamenti animerà gli spazi del MAXXI per l’intera durata delle due mostre. Incontri con noti artisti, architetti e scrittori africani, spettacoli di danza e live music, una rassegna di cinema in occasione del centenario di Nelson Mandela e una sfilata di moda presenteranno ai visitatori una varietà di esperienze e sguardi sul continente, arricchendo il panorama di ulteriori prospettive.

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