Viaggio onirico con l'arte nelle città italiane

Con Turner, Signorini, Rosai nella vita brulicante di Firenze

William Turner, Veduta di Firenze dal Ponte alla Carraia, 1817-1818, Matita, acquerello e vernice per il corpo, 40 x 21.6 cm, Manchester, Whitworth Art Gallery
 

Samantha De Martin

09/04/2020

Firenze “la bella”, la "lieta", “sobria e pudica”, tutta tetti e mistero. Le sue case “tagliate come pietre di luna” affascinarono Neruda, mentre Santa Croce travolse a tal punto Stendhal che lo scrittore, una volta fuori, ebbe un sussulto.
La vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere” scriveva.
Il nostro viaggio inizia così dalle suggestioni delle penne per approdare a quelle catturate dai pennelli degli artisti che amarono la città adagiata sull’Arno, le sue vedute, i suoi mercati.
Prendiamo la rincorsa lungo la scrittura per alzarci, dal campo volo della fantasia, tra piazze e mercati, renaioli e lavandaie della luminosa perla del Rinascimento.

William Turner, Veduta di Firenze dal Ponte alla Carraia
Quando Turner arrivò a Firenze, la vista dal Ponte alla Carraia dovette affascinarlo non poco. Il "pittore della luce", noto per i suoi paesaggi all’acquerello, la ricorda nella Veduta di Firenze dal Ponte alla Carraia, nel quale la città sembra fluttuare in una nuvola di luce.
Da qui l’artista osserva il Ponte Santa Trinita. Il progetto della struttura che oggi ammiriamo, e che anche Turner apprezzava, fu opera di Bartolomeo Ammannati, su disegno di Michelangelo che aveva suggerito una moderna linea delle tre arcate.

Giovanni Signorini, "Berlingaccio in Piazza Santa Croce "
Considerato il “Canaletto fiorentino”, Giovanni Signorini ci consegna una Firenze avvolta dalla luce, animata da scene di genere e atmosfere teatrali, tra lavandaie e renaioli, pescatori e mercati brulicanti.
Raggiungiamo Piazza Santa Croce dove il pittore vedutista, che ci ha lasciato rappresentazioni di carnevali, feste fiorentine, inondazioni, corse di berberi, ci catapulta nella storica piazza - divenuta nel Rinascimento luogo prescelto per giostre e gare popolari, come il calcio in costume - al tempo del Berlingaccio (il giovedì grasso).
Sembra quasi di sentire il vociare chiassoso della folla mascherata, mentre schiviamo le carrozze, e la Basilica di Santa Croce si allunga verso un cielo terso, e l’allegria generale arriva fino all’osservatore.


Telemaco Signorini, Ponte Vecchio, 1880, Collezione Mario Borgiotti | Courtesy of Dart - Chiostro del Bramante e Arthemisia Group 2016

Tra ponti e mercati con Telemaco Signorini
Ricordiamo il Ponte alla Carraia immortalato anche dal figlio di Giovanni, Telemaco Signorini, avvolto come da un incendio nei “Fuochi di San Giovanni”, prima di immergerci nell’atmosfera chiassosa di un Ponte Vecchio brulicante di passanti, carrozze, venditori ambulanti.
Fluttuando nella pittura di Telemaco - che ferma la vita quotidiana di una città in trasformazione, con i suoi abitanti laboriosi - ci spostiamo verso un altro angolo di Firenze.
Una passeggiata di dieci minuti ci conduce in una strada molto caratteristica, all’angolo tra Piazza Santa Croce e Via Verdi. Si tratta dell’antica Via Torta, una strada dalla forma circolare che ricalca il semicerchio dell’antico anfiteatro romano di Firenze, risalente al II secolo.
Ci ritroviamo all’improvviso in un altro dipinto di Telemaco Signorini, intitolato appunto Via Torta.

A Piazza della Signoria ricordando la mattina del 27 aprile 1859
Da questa caratteristica strada ci postiamo nella vicina Piazza della Signoria. Assieme al pittore Enrico Fanfani proviamo a ricordare un episodio cruciale della vita di Firenze: la cacciata pacifica dei Lorena dalla città, la nascita di un governo provvisorio, preludio dell’annessione al Regno d’Italia.
Quella giornata fu anche ricordata come la “rivoluzione di velluto”, perché condotta senza far ricorso alla violenza.
Leopoldo II di Lorena lasciò Firenze assieme alla famiglia per raggiungere Vienna a bordo di una carrozza. In città subentrò un governo provvisorio che ufficializzò l’uso della bandiera tricolore.
Fanfani, nel suo dipinto, immortala un momento di festa nella Loggia de’ Lanzi: alcuni festeggiano la partenza del granduca, altri si abbracciano, un uomo esulta con le braccia alzate, altri semplicemente osservano.


Enrico Alessandro Fanfani, La mattina del 27 aprile 1859, 1860 circa, Olio su tela, 92 x 108 cm, Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti

Tappa in Oltrarno, tra i popolani di Rosai
Ci mettiamo in marcia alla scoperta dell’Oltrarno, perdendoci tra le strette vie immortalate da Ottone Rosai che in questa zona di Firenze nacque.
Ecco Piazza del Carmine, uno dei tanti luoghi ritratti dal pittore fiorentino che dipingeva i popolani, sorprendendoli nei loro atteggiamenti quotidiani. La tela Piazza del Carmine ritrae un frammento del lato destro della piazza, nella quale regna un silenzio metafisico.
Al di là del muro di cinta di Palazzo Rospigliosi Pallavicini sbucano un albero, una siepe, i tetti delle case. Accanto all’influsso cubista si scorge quello dello stile di Soffici e Carrà, e ancora l’eco della pittura di Masaccio, i cui affreschi sono custoditi sempre in Piazza del Carmine, nella Cappella Brancacci.


Ottone Rosai, Piazza del Carmine, 1922, Olio su tela, 72 X 50 cm, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti

Pomeriggio a Fiesole
Lasciamo Firenze per raggiungere Fiesole. Il nostro viaggio termina attorno alla tavola del pittore Baccio Maria Bacci. È il dopo pranzo di un sereno pomeriggio abbastanza tiepido. L’artista, seduto sulla destra, con il cane di fronte, ci accoglie nella sua vita privata. Al tavolo c’è anche un suo amico pittore, Guido Peyron, che suona la chitarra. La moglie di uno dei due guarda fuori verso i colli fiorentini. Ci uniamo a loro, lasciandoci cullare da un’atmosfera sospesa, avvolta da una luce calda che si distende con armonia rapendoci definitivamente.


Baccio Maria Bacci, Pomeriggio a Fiesole, 1926-1929, Olio su tela, 224.5 X 180 cm, Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti

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