Fluxus. Giuliana Silvestrini e Carlo Franchini
 
										 
										
										
																		
																																												© Carlo Franchini
											
										
										
									Dal 15 July 2021 al 25 July 2021
Monterotondo | Roma
Luogo: Grafica Campioli Galleria d’arte & cultura
Indirizzo: Via Vincenzo Bellini 46
Orari: tutti i giorni 16.30-20.00
Curatori: Gloria Zarletti
Telefono per informazioni: +39 06 9064456
Sito ufficiale: http://www.graficacampioli.it
								
								Il giorno 15 luglio 2021 alle ore 18.00, Grafica Campioli Galleria d’arte & cultura presenta la mostra bipersonale Fluxus di Giuliana Silvestrini e Carlo Franchini, a cura di Gloria Zarletti.
"Il tema della mostra è il continuo divenire inteso come la spinta alla trasformazione intrinseca nell’uomo e nella natura. Un discorso lungo, profondo, quello concepito per l’occasione da Giuliana Silvestrini: nella mostra l’artista dialoga idealmente con il fotografo Carlo Franchini, attraverso linguaggi complementari, per esprimere un’idea -o forse una domanda- racchiusa già nel titolo dell’esposizione: “Fluxus”. La narrazione è veloce e snella ma anche seria e preoccupata e nasce da un viaggio in Etiopia. Essa vuole ripercorrere la storia attraverso il cammino dell’uomo, cammino che non è scaturito solo dall’esigenza di cercare cibo e climi migliori, ma anche dalla curiosità e dalla spinta verso il progresso e la complessità, verso la formazione della mentalità. Parola chiave della mostra: cambiamento. Il percorso in galleria racconta tutto ciò che l’artista ha sentito in quella terra d’Africa dove la vita ha generato se stessa per poi diffondersi su tutto il pianeta e proseguire in un “flusso”, appunto, che non si è mai fermato. E qui il discorso della Silvestrini, artista nota per la sua visione positiva della vita, stavolta si ferma: non si intravede l’obiettivo di questo ciclo continuo, nelle immagini non si legge la consueta gioia. Sulla mostra domina una serietà responsabile. Condividendo questa riflessione/questione, che allude senza nominarla alla civiltà, con il fotografo Carlo Franchini, l’artista monterotondese articola la mostra in due momenti: un prologo e la mostra vera e propria.
Il primo, consistente in un video di Franchini, “The land of the origin”, propone suggestive immagini dell’Etiopia come culla di un’umanità nel suo continuo progredire. È qui che i due artisti riflettono sul “Fluxus”, con strumenti e linguaggi diversi, per esprimere come in un controcanto lo stesso concetto. L’Africa di Franchini ha tante facce: una ancora primitiva e incontaminata e una del progresso che in questo continente è simboleggiato da città moderne come Addis Abeba. Poi si passa alle opere della Silvestrini: mappe che descrivono linee delle migrazioni dei popoli, impronte e tutto ciò che fa la strada verso l’evoluzione, verso nuovi orizzonti, sì, ma il futuro appare stranamente offuscato, o meglio è assente, e questa è la novità per un’ottimista come lei. Vita, cammino, flusso, quindi, tutto in questa mostra riporta alla mente un altro tema caro all’artista: il viaggio, che fa anche da sfondo allo scheletro di Lucy, il primo ominide rinvenuto proprio in Etiopia, da cui tutto è iniziato. Ma la pittrice e il fotografo tacciono sul fine di questo continuo movimento e il silenzio a questo riguardo è forse la vera domanda, il cuore di questa esposizione che dice di più di quanto non racconti e che si presta a diversi piani di lettura. Tra questi il più emergente appare sicuramente – per citare Joseph Conrad - quel “Cuore di tenebra”, quel mistero che c’è dentro ognuno di noi e che l’indole umana tende a ripercorrere per ritrovare se stessa mentre cambia e si trasforma.”
(testo critico di Gloria Zarletti)
Durante il vernissage Arianna Fischioni e Valter Cara leggeranno brani tratti da “Io ego” di Gloria Zarletti.
							
							"Il tema della mostra è il continuo divenire inteso come la spinta alla trasformazione intrinseca nell’uomo e nella natura. Un discorso lungo, profondo, quello concepito per l’occasione da Giuliana Silvestrini: nella mostra l’artista dialoga idealmente con il fotografo Carlo Franchini, attraverso linguaggi complementari, per esprimere un’idea -o forse una domanda- racchiusa già nel titolo dell’esposizione: “Fluxus”. La narrazione è veloce e snella ma anche seria e preoccupata e nasce da un viaggio in Etiopia. Essa vuole ripercorrere la storia attraverso il cammino dell’uomo, cammino che non è scaturito solo dall’esigenza di cercare cibo e climi migliori, ma anche dalla curiosità e dalla spinta verso il progresso e la complessità, verso la formazione della mentalità. Parola chiave della mostra: cambiamento. Il percorso in galleria racconta tutto ciò che l’artista ha sentito in quella terra d’Africa dove la vita ha generato se stessa per poi diffondersi su tutto il pianeta e proseguire in un “flusso”, appunto, che non si è mai fermato. E qui il discorso della Silvestrini, artista nota per la sua visione positiva della vita, stavolta si ferma: non si intravede l’obiettivo di questo ciclo continuo, nelle immagini non si legge la consueta gioia. Sulla mostra domina una serietà responsabile. Condividendo questa riflessione/questione, che allude senza nominarla alla civiltà, con il fotografo Carlo Franchini, l’artista monterotondese articola la mostra in due momenti: un prologo e la mostra vera e propria.
Il primo, consistente in un video di Franchini, “The land of the origin”, propone suggestive immagini dell’Etiopia come culla di un’umanità nel suo continuo progredire. È qui che i due artisti riflettono sul “Fluxus”, con strumenti e linguaggi diversi, per esprimere come in un controcanto lo stesso concetto. L’Africa di Franchini ha tante facce: una ancora primitiva e incontaminata e una del progresso che in questo continente è simboleggiato da città moderne come Addis Abeba. Poi si passa alle opere della Silvestrini: mappe che descrivono linee delle migrazioni dei popoli, impronte e tutto ciò che fa la strada verso l’evoluzione, verso nuovi orizzonti, sì, ma il futuro appare stranamente offuscato, o meglio è assente, e questa è la novità per un’ottimista come lei. Vita, cammino, flusso, quindi, tutto in questa mostra riporta alla mente un altro tema caro all’artista: il viaggio, che fa anche da sfondo allo scheletro di Lucy, il primo ominide rinvenuto proprio in Etiopia, da cui tutto è iniziato. Ma la pittrice e il fotografo tacciono sul fine di questo continuo movimento e il silenzio a questo riguardo è forse la vera domanda, il cuore di questa esposizione che dice di più di quanto non racconti e che si presta a diversi piani di lettura. Tra questi il più emergente appare sicuramente – per citare Joseph Conrad - quel “Cuore di tenebra”, quel mistero che c’è dentro ognuno di noi e che l’indole umana tende a ripercorrere per ritrovare se stessa mentre cambia e si trasforma.”
(testo critico di Gloria Zarletti)
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