Dal 29 aprile al Kröller-Müller Museum di Otterlo
Il Futurismo e l'Europa. Parla Fabio Benzi, curatore della grande mostra olandese
Fortunato Depero, Grattacieli e tunnel, 1930, Mart, Fondo Depero | Courtesy Mart
Francesca Grego
28/04/2023
Mondo - L’unica, vera avanguardia italiana: il Futurismo l’abbiamo sempre immaginato così, slegandolo, forse con un po’ di superficialità, dal vivace contesto artistico che ha animato il continente europeo nei primi decenni del XX secolo. Al Kröller-Müller Museum di Otterlo, in Olanda, una mostra è pronta a smentire i luoghi comuni. Dal 29 aprile al 3 settembre, Futurism & Europe. The aestetics of a new world (Il Futurismo e l'Europa. Estetica di un nuovo mondo) racconterà i legami del movimento futurista con l’avanguardia internazionale. E i colpi di scena non si faranno attendere.
Curatore del progetto è lo storico dell’arte Fabio Benzi, docente universitario e autore di numerose pubblicazioni sulle arti figurative tra Ottocento e Novecento, che in passato ha collaborato a importanti mostre sul Futurismo: una di queste, Italian Futurism, 1909–1944: Reconstructing the Universe (2014), è passata alla storia come l’esposizione più visitata di sempre al Guggenheim Museum di New York.
Nelle sale del museo olandese, che è noto al grande pubblico per la superba collezione di dipinti di Van Gogh, opere provenienti da musei e collezioni private di otto paesi (Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Grecia, Stati Uniti, Olanda e Russia) sono testimoni di una storia di contatti, influenze e relazioni finora davvero poco conosciuta, che si dipana da Roma a Mosca, da Milano a Weimar e a Parigi. Tra i protagonisti riconosciamo artisti come Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Fortunato Depero, e poi Sonia Delaunay, Le Corbusier, Fernand Léger, Walter Gropius, El -Lissitsky, Vladimir Tatlin, Alexander Rodchenko, Theo van Doesburg, Gerrit Rietveld, in un viaggio che attraversa le avanguardie novecentesche dal Cubismo al Bauhaus, da De Stijl al Costruttivismo. Un filo rosso percorre l’intero progetto: l’influsso non trascurabile - eppure a lungo taciuto - che il Futurismo esercitò sull’universo artistico dell’Europa di inizio Novecento.
Luigi Russolo, La rivolta, 1911 I Courtesy Kroller-Muller Museum, Otterlo
Abbiamo chiesto al professor Benzi come mai una storia così sia rimasta sconosciuta per quasi un secolo. “Nel secondo dopoguerra la critica italiana è stata molto ingenerosa con il Futurismo per via dei suoi rapporti con il fascismo, che in realtà si limitarono a un breve periodo compreso tra il 1919 e il 1920”, spiega Benzi: “Ancora oggi molti capolavori futuristi si trovano a New York perché all’epoca i nostri musei rifiutarono di comprarli. In verità nel movimento futurista c’erano anche comunisti e bolscevichi, e perfino Anatoly Lunacharsky, ministro della cultura sovietico, all’inizio degli anni Venti era convinto che Filippo Tommaso Marinetti fosse uno degli intellettuali più interessanti del momento! Nel contesto europeo, d’altra parte, la prorompente vitalità del movimento aveva suscitato non poche gelosie: spesso l’influenza dei futuristi fu censurata proprio da chi aveva un debito con loro. Arroganti e rumorosi, convinti di essere i migliori, i futuristi catalizzavano l’attenzione, ma non le simpatie”.
“Questa mostra”, prosegue Benzi, “vuole finalmente evidenziare quanto il Futurismo sia stato un punto di emanazione estremamente vitale per tutte le avanguardie europee, raccontando come le sue strade abbiano incrociato quelle di movimenti come De Stijl in Olanda, il Cubismo in Francia, il Costruttivismo in Russia… Una prospettiva nuova, che ha suscitato molto entusiasmo negli studiosi internazionali, al punto che Yale University Press, la più sofisticata ed esigente casa editrice d’arte al mondo, ha lottato per avere l’edizione inglese del catalogo della mostra: il volume va a colmare un vuoto notevole”.
Filippo Tommaso Marinetti, Corrado Govoni, Francesco Cangiullo, Paolo Buzzi, Parole in libertà / consonanti vocali numeri I Courtesy Kroller-Muller Museum, Otterlo
In che modo il Futurismo arrivò a influenzare artisti geograficamente anche molto distanti?
“Se l’influenza del Futurismo fu così pervasiva, lo dobbiamo a Marinetti. Pur essendo agli albori della modernità, Marinetti aveva capito che nel mondo moderno la comunicazione è tutto. Era un uomo molto facoltoso e spese tutti i suoi soldi per il Futurismo. Ogni volta che usciva un manifesto del movimento, lo spediva a migliaia di intellettuali in tutto il mondo, dal Giappone all’Argentina. Aveva una mailing list pazzesca, anche grazie ai suoi trascorsi con Poesia, una rivista pubblicata a Parigi in italiano e in francese, tramite la quale aveva stretto rapporti con i critici, gli intellettuali e i letterati più importanti del momento. Allora le poste erano molto veloci: in 24 ore tutto il mondo conosceva le ultime novità del Futurismo. Chi non poteva vedere i quadri, restava impressionato dalle idee”.
Quale è stato il contributo del Futurismo all’arte europea di questo periodo?
“Con il Futurismo l’arte esplode, esce fuori dallo spazio del quadro, della cornice. Qualsiasi oggetto può diventare un’opera d’arte, perché è in atto un progetto di rigenerazione totale del mondo, la modernità deve essere portata in ogni aspetto della vita quotidiana. è un’idea che contagerà tutte le avanguardie europee, coinvolgendo il teatro, la vita notturna, l’arredamento, i giocattoli, perfino le stoviglie…In questo senso, il Futurismo spazza via l’accademia dal mondo dell’arte. Nel Cubismo, che pure subirà l’influsso del Futurismo, Picasso e Braque non fanno che dipingere paesaggi, nature morte e ritratti, cioè i temi dell’accademia, anche se con modalità nuove. Nel Futurismo, invece, il rinnovamento parte dal soggetto. Il Bauhaus, che nasce nel primo dopoguerra, mutuerà dal Futurismo l’attenzione per le arti applicate, il desiderio di trasformare la realtà di ogni giorno in un paesaggio della modernità. Gli artisti tedeschi realizzeranno tutto questo a modo proprio, ma l’idea alla base è di matrice futurista”.
Giacomo Balla, Progetto per un salone rosso e nero, 1918 I Courtesy Kroller-Muller Museum, Otterlo
Che rapporto avevano i Futuristi con gli artisti delle altre avanguardie? Si conoscevano personalmente?
“Gli artisti dell’avanguardia si conoscevano quasi tutti direttamente. Roma era un grande crocevia e per gli artisti di passaggio in città la casa di Balla era una tappa fissa. Lo stesso vale per la casa di Marinetti a Milano. Abbiamo documentato innumerevoli contatti tra gli artisti. Per esempio nell’archivio di Theo van Doesburg, il più significativo esponente del movimento olandese De Stijl, ho trovato le sue corrispondenze con Balla. Dalle lettere emerge che si conoscevano personalmente, che van Doesburg era andato a Roma. Ho trovato anche le foto delle opere di Balla, in particolare del Bal Tic Tac, dal quale van Doesburg prenderà spunto per il Cafè l’Aubette a Strasburgo, un caposaldo dell’architettura d’avanguardia nei locali notturni. Ecco, l’idea di partenza venne proprio da Balla”.
Quali altre storie interessanti ha scoperto durante le ricerche?
“Un aneddoto molto divertente riguarda Sonia Delaunay, che è ricordata per aver introdotto il concetto di avanguardia nella moda. A suo marito, il pittore Robert Delaunay, il Futurismo aveva già procurato qualche problema. La critica francese aveva notato nei suoi dipinti una certa aria futurista. Sentendosi sminuito, Delaunay aveva ridatato una serie di opere per dimostrare di essere arrivato per primo a quelle soluzioni. Ma questa è storia nota. Nel 1914 a Parigi Balla pubblica in francese il Manifesto del vestito futurista. Sonia fa un abito che chiama ‘vestito simultaneo’: è in tutto e per tutto un vestito futurista! In preda al vizio di famiglia, lo data 1913. Durante le mie ricerche mi sono imbattuto in una fotografia rivelatrice, dove l’artista ha in mano un libro di Ricciotto Canudo, Les Transplantés. Delaunay ha creato una copertina in tessuto con i ritagli del vestito simultaneo, quindi le due creazioni sono contemporanee. Ma c’è un problema: come dimostra la dedica del volume, oggi conservato presso la Bibliothèque Nationale di Parigi, l’artista ricevette il libro da Canudo nella primavera del 1914, dopo la pubblicazione del Manifesto di Balla. Questa è una delle tante storie raccolte nel catalogo della mostra, che illustrano la dialettica contrastata tra il Futurismo e le altre avanguardie”.
Giacomo Balla, Abito futurista, 1920 I Courtesy Kroller-Muller Museum, Otterlo
Che tipo di esperienza propone Futurism and Europe ai visitatori del Kröller-Müller Museum?
“Il percorso inizia con un racconto della mostra del 1912 alla Galerie Barnheim-Jeune di Parigi, ovvero il momento in cui i futuristi si fanno conoscere in tutta Europa. A dare il benvenuto ai visitatori sono i quadri esposti in quella storica esposizione. Poi la scena si apre sulle numerose innovazioni del Futurismo, in scultura per esempio, con Boccioni, Balla e Depero: attraverso una serie di confronti è possibile notare come tutta la scultura mobile del Bauhaus derivi dalle loro intuizioni. Ma la parte più densa riguarda l’esplosione di cui parlavamo poco fa, lo sconfinamento dell’arte in ogni campo della vita quotidiana, che fu fatto proprio dalle avanguardie di ogni paese. In mostra questo viene fuori in maniera molto articolata, con sezioni dedicate alla moda, al design, al teatro, alla danza…”.
Umberto Boccioni, Le forze di una strada, 1911 I Courtesy Kroller-Muller Museum, Otterlo
I confronti sono una costante dell’esposizione… Quali chicche scopriremo lungo il percorso?
“C’è un servizio da tè creato da Benedetta Marinetti quando ancora non era sposata con Marinetti, che riprende il tema di Balla Sorge l’idea, dei fiori stilizzati. La forma, geometrica e moderna, è identica a quella di un servizio firmato da Gerrit Rietveld, grande architetto di De Stijl negli stessi anni, che oggi è disperso, ma che in mostra siamo riusciti a documentare grazie a foto d’epoca. Il servizio di Rietveld è monocromo, quello di Benedetta Marinetti coloratissimo, ma la forma insolita indica chiaramente un contatto tra i due. Non sappiamo chi abbia ripreso l’idea dell’altro, ma lo scambio c’è, è intenso e forse ancora più intrigante perché non ne conosciamo la direzione. Gli artisti stavano costruendo un mondo nuovo, ovunque si trovassero sapevano di stare facendo lo stesso lavoro”.
È vero che Helene Kröller-Müller, la collezionista che fondò il museo di Otterlo, si pentì di aver trascurato il Futurismo nella sua collezione?
“Helene Kröller-Müller era una donna molto colta e intelligente, che riuscì a mettere insieme una collezione pazzesca: novanta Van Gogh, tra cui alcuni grandi capolavori, e poi Seurat, Picasso, i più importanti pittori moderni… Ci sono anche opere futuriste. Helene riconosceva al Futurismo un ruolo importante che avrebbe voluto approfondire ulteriormente nella collezione. A distanza di tempo, la mostra realizza quindi un desiderio della fondatrice del museo”.
Giacomo Balla, Genio futurista, 1925 I Courtesy Kroller-Muller Museum, Otterlo
Curatore del progetto è lo storico dell’arte Fabio Benzi, docente universitario e autore di numerose pubblicazioni sulle arti figurative tra Ottocento e Novecento, che in passato ha collaborato a importanti mostre sul Futurismo: una di queste, Italian Futurism, 1909–1944: Reconstructing the Universe (2014), è passata alla storia come l’esposizione più visitata di sempre al Guggenheim Museum di New York.
Nelle sale del museo olandese, che è noto al grande pubblico per la superba collezione di dipinti di Van Gogh, opere provenienti da musei e collezioni private di otto paesi (Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Grecia, Stati Uniti, Olanda e Russia) sono testimoni di una storia di contatti, influenze e relazioni finora davvero poco conosciuta, che si dipana da Roma a Mosca, da Milano a Weimar e a Parigi. Tra i protagonisti riconosciamo artisti come Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Fortunato Depero, e poi Sonia Delaunay, Le Corbusier, Fernand Léger, Walter Gropius, El -Lissitsky, Vladimir Tatlin, Alexander Rodchenko, Theo van Doesburg, Gerrit Rietveld, in un viaggio che attraversa le avanguardie novecentesche dal Cubismo al Bauhaus, da De Stijl al Costruttivismo. Un filo rosso percorre l’intero progetto: l’influsso non trascurabile - eppure a lungo taciuto - che il Futurismo esercitò sull’universo artistico dell’Europa di inizio Novecento.
Luigi Russolo, La rivolta, 1911 I Courtesy Kroller-Muller Museum, Otterlo
Abbiamo chiesto al professor Benzi come mai una storia così sia rimasta sconosciuta per quasi un secolo. “Nel secondo dopoguerra la critica italiana è stata molto ingenerosa con il Futurismo per via dei suoi rapporti con il fascismo, che in realtà si limitarono a un breve periodo compreso tra il 1919 e il 1920”, spiega Benzi: “Ancora oggi molti capolavori futuristi si trovano a New York perché all’epoca i nostri musei rifiutarono di comprarli. In verità nel movimento futurista c’erano anche comunisti e bolscevichi, e perfino Anatoly Lunacharsky, ministro della cultura sovietico, all’inizio degli anni Venti era convinto che Filippo Tommaso Marinetti fosse uno degli intellettuali più interessanti del momento! Nel contesto europeo, d’altra parte, la prorompente vitalità del movimento aveva suscitato non poche gelosie: spesso l’influenza dei futuristi fu censurata proprio da chi aveva un debito con loro. Arroganti e rumorosi, convinti di essere i migliori, i futuristi catalizzavano l’attenzione, ma non le simpatie”.
“Questa mostra”, prosegue Benzi, “vuole finalmente evidenziare quanto il Futurismo sia stato un punto di emanazione estremamente vitale per tutte le avanguardie europee, raccontando come le sue strade abbiano incrociato quelle di movimenti come De Stijl in Olanda, il Cubismo in Francia, il Costruttivismo in Russia… Una prospettiva nuova, che ha suscitato molto entusiasmo negli studiosi internazionali, al punto che Yale University Press, la più sofisticata ed esigente casa editrice d’arte al mondo, ha lottato per avere l’edizione inglese del catalogo della mostra: il volume va a colmare un vuoto notevole”.
Filippo Tommaso Marinetti, Corrado Govoni, Francesco Cangiullo, Paolo Buzzi, Parole in libertà / consonanti vocali numeri I Courtesy Kroller-Muller Museum, Otterlo
In che modo il Futurismo arrivò a influenzare artisti geograficamente anche molto distanti?
“Se l’influenza del Futurismo fu così pervasiva, lo dobbiamo a Marinetti. Pur essendo agli albori della modernità, Marinetti aveva capito che nel mondo moderno la comunicazione è tutto. Era un uomo molto facoltoso e spese tutti i suoi soldi per il Futurismo. Ogni volta che usciva un manifesto del movimento, lo spediva a migliaia di intellettuali in tutto il mondo, dal Giappone all’Argentina. Aveva una mailing list pazzesca, anche grazie ai suoi trascorsi con Poesia, una rivista pubblicata a Parigi in italiano e in francese, tramite la quale aveva stretto rapporti con i critici, gli intellettuali e i letterati più importanti del momento. Allora le poste erano molto veloci: in 24 ore tutto il mondo conosceva le ultime novità del Futurismo. Chi non poteva vedere i quadri, restava impressionato dalle idee”.
Quale è stato il contributo del Futurismo all’arte europea di questo periodo?
“Con il Futurismo l’arte esplode, esce fuori dallo spazio del quadro, della cornice. Qualsiasi oggetto può diventare un’opera d’arte, perché è in atto un progetto di rigenerazione totale del mondo, la modernità deve essere portata in ogni aspetto della vita quotidiana. è un’idea che contagerà tutte le avanguardie europee, coinvolgendo il teatro, la vita notturna, l’arredamento, i giocattoli, perfino le stoviglie…In questo senso, il Futurismo spazza via l’accademia dal mondo dell’arte. Nel Cubismo, che pure subirà l’influsso del Futurismo, Picasso e Braque non fanno che dipingere paesaggi, nature morte e ritratti, cioè i temi dell’accademia, anche se con modalità nuove. Nel Futurismo, invece, il rinnovamento parte dal soggetto. Il Bauhaus, che nasce nel primo dopoguerra, mutuerà dal Futurismo l’attenzione per le arti applicate, il desiderio di trasformare la realtà di ogni giorno in un paesaggio della modernità. Gli artisti tedeschi realizzeranno tutto questo a modo proprio, ma l’idea alla base è di matrice futurista”.
Giacomo Balla, Progetto per un salone rosso e nero, 1918 I Courtesy Kroller-Muller Museum, Otterlo
Che rapporto avevano i Futuristi con gli artisti delle altre avanguardie? Si conoscevano personalmente?
“Gli artisti dell’avanguardia si conoscevano quasi tutti direttamente. Roma era un grande crocevia e per gli artisti di passaggio in città la casa di Balla era una tappa fissa. Lo stesso vale per la casa di Marinetti a Milano. Abbiamo documentato innumerevoli contatti tra gli artisti. Per esempio nell’archivio di Theo van Doesburg, il più significativo esponente del movimento olandese De Stijl, ho trovato le sue corrispondenze con Balla. Dalle lettere emerge che si conoscevano personalmente, che van Doesburg era andato a Roma. Ho trovato anche le foto delle opere di Balla, in particolare del Bal Tic Tac, dal quale van Doesburg prenderà spunto per il Cafè l’Aubette a Strasburgo, un caposaldo dell’architettura d’avanguardia nei locali notturni. Ecco, l’idea di partenza venne proprio da Balla”.
Quali altre storie interessanti ha scoperto durante le ricerche?
“Un aneddoto molto divertente riguarda Sonia Delaunay, che è ricordata per aver introdotto il concetto di avanguardia nella moda. A suo marito, il pittore Robert Delaunay, il Futurismo aveva già procurato qualche problema. La critica francese aveva notato nei suoi dipinti una certa aria futurista. Sentendosi sminuito, Delaunay aveva ridatato una serie di opere per dimostrare di essere arrivato per primo a quelle soluzioni. Ma questa è storia nota. Nel 1914 a Parigi Balla pubblica in francese il Manifesto del vestito futurista. Sonia fa un abito che chiama ‘vestito simultaneo’: è in tutto e per tutto un vestito futurista! In preda al vizio di famiglia, lo data 1913. Durante le mie ricerche mi sono imbattuto in una fotografia rivelatrice, dove l’artista ha in mano un libro di Ricciotto Canudo, Les Transplantés. Delaunay ha creato una copertina in tessuto con i ritagli del vestito simultaneo, quindi le due creazioni sono contemporanee. Ma c’è un problema: come dimostra la dedica del volume, oggi conservato presso la Bibliothèque Nationale di Parigi, l’artista ricevette il libro da Canudo nella primavera del 1914, dopo la pubblicazione del Manifesto di Balla. Questa è una delle tante storie raccolte nel catalogo della mostra, che illustrano la dialettica contrastata tra il Futurismo e le altre avanguardie”.
Giacomo Balla, Abito futurista, 1920 I Courtesy Kroller-Muller Museum, Otterlo
Che tipo di esperienza propone Futurism and Europe ai visitatori del Kröller-Müller Museum?
“Il percorso inizia con un racconto della mostra del 1912 alla Galerie Barnheim-Jeune di Parigi, ovvero il momento in cui i futuristi si fanno conoscere in tutta Europa. A dare il benvenuto ai visitatori sono i quadri esposti in quella storica esposizione. Poi la scena si apre sulle numerose innovazioni del Futurismo, in scultura per esempio, con Boccioni, Balla e Depero: attraverso una serie di confronti è possibile notare come tutta la scultura mobile del Bauhaus derivi dalle loro intuizioni. Ma la parte più densa riguarda l’esplosione di cui parlavamo poco fa, lo sconfinamento dell’arte in ogni campo della vita quotidiana, che fu fatto proprio dalle avanguardie di ogni paese. In mostra questo viene fuori in maniera molto articolata, con sezioni dedicate alla moda, al design, al teatro, alla danza…”.
Umberto Boccioni, Le forze di una strada, 1911 I Courtesy Kroller-Muller Museum, Otterlo
I confronti sono una costante dell’esposizione… Quali chicche scopriremo lungo il percorso?
“C’è un servizio da tè creato da Benedetta Marinetti quando ancora non era sposata con Marinetti, che riprende il tema di Balla Sorge l’idea, dei fiori stilizzati. La forma, geometrica e moderna, è identica a quella di un servizio firmato da Gerrit Rietveld, grande architetto di De Stijl negli stessi anni, che oggi è disperso, ma che in mostra siamo riusciti a documentare grazie a foto d’epoca. Il servizio di Rietveld è monocromo, quello di Benedetta Marinetti coloratissimo, ma la forma insolita indica chiaramente un contatto tra i due. Non sappiamo chi abbia ripreso l’idea dell’altro, ma lo scambio c’è, è intenso e forse ancora più intrigante perché non ne conosciamo la direzione. Gli artisti stavano costruendo un mondo nuovo, ovunque si trovassero sapevano di stare facendo lo stesso lavoro”.
È vero che Helene Kröller-Müller, la collezionista che fondò il museo di Otterlo, si pentì di aver trascurato il Futurismo nella sua collezione?
“Helene Kröller-Müller era una donna molto colta e intelligente, che riuscì a mettere insieme una collezione pazzesca: novanta Van Gogh, tra cui alcuni grandi capolavori, e poi Seurat, Picasso, i più importanti pittori moderni… Ci sono anche opere futuriste. Helene riconosceva al Futurismo un ruolo importante che avrebbe voluto approfondire ulteriormente nella collezione. A distanza di tempo, la mostra realizza quindi un desiderio della fondatrice del museo”.
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