Bellezza, condivisione e partecipazione sono alla base della collaborazione tra il museo romano, Gallerie d’Italia e Fondazione CRC, che porta la grande arte fuori dalle sue sedi consuete.
Francesca Grego
formato sconosciuto
Un collezionista e mecenate leggendario si racconta attraverso i suoi capolavori, scelti con fiuto infallibile tra le opere dei più grandi artisti del Rinascimento e del Barocco: l’appuntamento è al Complesso Monumentale di San Francesco di Cuneo, che dal prossimo 22 novembre al 29 marzo 2026 ospiterà una preziosa selezione di opere un tempo di proprietà del Cardinale Scipione Borghese. Il progetto nasce dalla collaborazione della Galleria Borghese con Gallerie d’Italia e Fondazione CRC, un’alleanza pubblico-privato nel segno della bellezza che mira a fare dell’arte un patrimonio vivo accessibile a tutti, coinvolgendo le comunità locali in un’esperienza di fruizione partecipata attraverso laboratori ed eventi per ogni fascia di pubblico. L’invito è a tornare più volte (l’ingresso è gratuito) per godere senza fretta dei gioielli del Cardinale, perché diventino occasioni di condivisione e nuova creatività. A cura di Francesca Cappelletti ed Ettore Giovanati, La Galleria Borghese. Da Raffaello a Bernini. Storia di una collezione offre al pubblico il privilegio di passeggiare tra quadri e sculture come gli ospiti di Scipione Borghese nella Roma del Seicento, quando la sua raccolta d’arte divenne modello e oggetto del desiderio per le corti italiane ed europee. Uomo colto, “di gusto sicuro e curiosità insaziabile”, il Cardinale adoperò ogni mezzo per riunire nel palazzo costruito appositamente sul Pincio il meglio dell’arte del suo secolo e di quello precedente: accanto a regolari acquisti e commissioni, non esitò a far sequestrare le opere del Cavalier d’Arpino, tra cui il Giovane con canestra di frutta e il Bacchino malato di Caravaggio, o a far trafugare la Deposizione di Raffaello dalla chiesa perugina di San Francesco al Prato. La galleria divenne presto un museo ante litteram, punto di riferimento per artisti e cultori di ogni provenienza: i visitatori erano così numerosi che nel 1650 il maestro di casa Iacopo Manili decise di scrivere una guida per gli ospiti, stanco di dover raccontare di continuo vita, morte e miracoli delle opere esposte. Oggi quella guida offre notizie preziose sull’allestimento seicentesco della galleria. Diversamente da altre storiche raccolte d’arte, la Collezione Borghese ha avuto la fortuna di non essere smembrata, ed è questo oggi il motivo della sua assoluta unicità, accanto alla possibilità di ammirarla nella sua sede originaria, tra stucchi, marmi e affreschi che da sempre la circondano.
Guido Reni, Danza campestre, Olio su tela, 99 x 81 cm, Roma, Galleria Borghese | Courtesy Galleria Borghese
Come accade assai di rado, la mostra cuneese porterà lontano da Roma un una significativa selezione dei tesori del Cardinale, con la promessa di restituire lo spirito e l’atmosfera della galleria seicentesca. Rispecchiando la varietà degli interessi di Scipione, il percorso darà spazio alle diverse scuole pittoriche del Rinascimento e del Barocco, con artisti come Raffaello (Ritratto d’uomo), Tiziano (Ritratto di frate domenicano), Guido Reni (Danza campestre) o Lavinia Fontana (Il sonno di Gesù), la prima donna a ricevere collezioni pubbliche, che lavorò per Scipione e per il suo potente zio, Papa Paolo V. Tra le sculture spicca la Capra Amaltea, una delle prime opere in marmo di Gian Lorenzo Bernini, presente in mostra anche con il dipinto Autoritratto in età matura. “Nell’apparente disordine della collezione di Scipione Borghese”, spiega il curatore Ettore Giovanati, “si può riconoscere la chiave interpretativa di un insieme artistico eterogeneo, privo di un criterio unificante, ma capace di incarnare una delle più compiute espressioni del collezionismo moderno, dominato dalla bellezza che nasce dal libero dialogo tra le arti”. Sistematico ma visionario, geniale nell’interpretare il gusto e le tendenze artistiche del tempo, il Cardinale ci invita a riflettere sul collezionismo come pratica culturale e politica, in cui l’arte diventa strumento di rappresentazione e di potere, ma anche occasione di confronto.