La pittura di Carlo Saraceni:
un viaggio da Venezia a Roma ai tempi di Caravaggio

 
Cento opere per guardare sotto una nuova luce la Parigi di De Nittis, Boldini e Zandomeneghi.

Francesca Grego
formato sconosciuto

Vibrante, preziosa e raffinata, la pittura di fine Ottocento è stata spesso apprezzata dal pubblico per il suo carattere gradevole e decorativo. La mostra Belle Époque. Pittori italiani a Parigi nell’età dell’Impressionismo propone una lettura diversa, evidenziando la complessità, l’originalità e il valore artistico della produzione di questo periodo in una ricognizione ad ampio raggio.  

Sono circa 100 le opere esposte a Palazzo Blu dal 15 ottobre 2025 al 7 aprile 2026 e provengono da prestigiose collezioni come quelle del Musée d’Orsay, del Louvre, del Philadelphia Museum of Art, del Meadows Museum of Art di Dallas, del Detroit Institute of Arts, del Museo d'arte moderna André Malraux di Le Havre, ma anche da Palazzo Te, dagli Uffizi, dal Museo di Capodimonte, dalla Pinacoteca Giuseppe De Nittis di Barletta e dal Museo Giovanni Boldini di Ferrara, oltre che da raccolte private francesi e italiane. 


Federico Zandomeneghi, Al Cafè Nouvelle Athènes, 1885. Olio su tela. Collezione privata

In primo piano nel percorso a cura di Francesca Dini, esperta del secondo Ottocento italiano, c’è la triade composta da Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis e Federico Zandomeneghi,  protagonisti di una luminosa stagione nella Parigi fin de siècle. I tre trasferiscono nella capitale francese rispettivamente da Firenze, Napoli e Venezia tra il 1867 e il 1874, attratti dal dinamismo culturale e dalle opportunità offerte da una metropoli in pieno fermento, sospesa tra il tramonto del Secondo Impero e il sorgere della Terza Repubblica. Qui trovano terreno fertile per sviluppare la propria ricerca pittorica: collaborano con influenti mercanti d’arte come Goupil, dialogano con artisti come Degas, Manet e Renoir, frequentano i circoli intellettuali e i caffè della bohéme. Pur al centro delle correnti della modernità europea, mantengono un legame profondo con le proprie origini, soprattutto con la cultura toscana e l’eredità del realismo macchiaiolo.


Giovanni Boldini, Sulla panchina al Bois, 1872. Olio su tavola. Collezione privata

Della realtà parigina, crocevia dei fermenti artistici che percorrono il continente, Boldini diventa l’interprete più mondano, De Nittis il cronista sensibile - il migliore dirà Diego Martelli, teorico e mecenate del gruppo macchiaiolo, superato il sospetto iniziale - Zandomeneghi il più vicino agli Impressionisti. Intorno a loro animano la scena artisti come Mariano Fortuny, Raimundo de Madrazo y Garreta, John Singer Sargent, Paul César Helleu, mentre sul versante italiano emergono talenti come quello di Vittorio Corcos, che porta in Toscana le atmosfere della Belle Époque.  

“Questa mostra rappresenta un viaggio nella storia culturale europea, attraverso artisti italiani che hanno saputo trasformare la propria pittura in linguaggio internazionale, senza mai dimenticare le proprie radici”, spiega la curatrice Francesca Dini: “Non si tratta solo di una raccolta di ‘capolavori belli da vedere’, ma del tentativo di dare voce e contesto a un periodo cruciale, restituendo profondità a un momento spesso banalizzato dalla sua stessa seduzione estetica”. 


Belle Époque. Pittori italiani a Parigi nel secolo dell'Impressionismo. Palazzo Blu, Pisa. Photo Unosei Arteinvideo

Nove sezioni raccontano l’avventura dei pittori italiani a Parigi, evidenziando nella loro arte, accanto alle qualità formali, la capacità di leggere il proprio tempo. In quest’ottica la mostra ricostruisce il contesto dell’ultimo scorcio del XIX secolo, dalla sconfitta dei francesi a Sedan contro la Prussia alla Comune di Parigi, fino alla rinascita della Ville Lumière e alla sua affermazione come capitale della modernità.  Ampio spazio è riservato al vivace milieu artistico parigino, animato da pittori e mercanti, amicizie, scandali e rivalità, con focus sui singoli artisti e approfondimenti come quello dedicato a Casa De Nittis, un salotto cosmopolita dove artisti come Manet e Degas, intellettuali e scrittori come Emile Zola si incontravano tra ceramiche giapponesi, musica e brillanti conversazioni. 

“La Belle Époque fu molto più di un’epoca felice: rappresentò un momento unico in cui arte, scienza e pensiero positivista contribuirono a costruire un’immagine vincente della metropoli europea”, conclude la curatrice: “I quadri di De Nittis e Boldini varcarono l’oceano, furono acquistati dalle grandi collezioni americane, entrarono nei musei e nelle case dell’alta borghesia, cambiando per sempre l’idea di arte moderna”. 


Giuseppe De Nittis, Nei campi intorno a Londra, 1875 circa. Olio su tela. Collezione privata I Courtesy Fondazione Enrico Piceni, Milano

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