A Palazzo Reale, Museo del Novecento, Gallerie d'Italia e Palazzo Citterio
Un'Olimpiade Metafisica si apre a Milano
Giorgio de Chirico, Enigma della partenza, 1914 (1930)Fondazione Magnani-Rocca, Mamiano di Traversetolo (Parma) © Giorgio de Chirico, by SIAE 2025
Piero Muscarà
19/11/2025
Milano - In certi pomeriggi d’inverno, quando il sole scompare rapido dietro i palazzi di Milano e la città rimane immobile, sembra di entrare in un quadro metafisico senza nemmeno accorgersene. Le ombre si allungano come scenografie teatrali, i passanti diventano figure sospese, e persino il traffico pare assottigliarsi in un mormorio distante. È in quell’intervallo quasi irreale che si intuisce perché, proprio ora, Milano voglia raccontarsi attraverso la Metafisica. Non è un omaggio al passato. Ma una "dichiarazione di tono". Una lingua dell’attesa, della misura, del pensiero lento. Un controcanto alla frenesia che accompagna ogni vigilia olimpica.
Metafisica / Metafisiche, la grande iniziativa curata da Vincenzo Trione che si aprirà a fine gennaio 2026, pare voler trasformare questa inclinazione latente della città in un percorso espositivo diffuso. Non una mostra unica, ma un romanzo in quattro capitoli: Palazzo Reale, Museo del Novecento, Gallerie d’Italia e Palazzo Citterio. Un itinerario "di duemila passi" attraverso il cuore della piccola megalopoli, che appare già una dichiarazione simbolica: non basta entrare in un museo, occorre attraversare la città per comprenderne lo spirito.
Il primo capitolo - il più vasto e quello che probabilmente sarà il più celebrato - si svolgerà nelle sale di Palazzo Reale. Qui dal 28 gennaio al 21 giugno 2026 saranno riunite oltre trecento opere che abbracciano la storia della Metafisica, dalle origini ferraresi del 1916 fino alle sue propagazioni nel Novecento e nel presente. I nomi sono quelli che tutti si aspettano, ma la loro presenza sembra ripensata alla luce del contesto: De Chirico, Savinio, Carrà, Morandi e de Pisis non vengono presentati come icone intoccabili, ma paiono sorgenti ancora attive. Attorno a loro, una costellazione di artisti che nel corso degli anni ha raccolto, tradito e reinventato la lezione metafisica: Magritte, Ernst, Dalí, Warhol, poi Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Jannis Kounellis, Francesco Vezzoli. Non un mero elenco, ma un sistema di risonanze che suggerisce come la Metafisica abbia continuato a vivere nel cinema, nel design, nella moda, nell’architettura, perfino nel teatro e nella fotografia.
Il Museo del Novecento, che ospita gli archivi Ettore e Claudia Gian Ferrari, è destinato invece ad affrontare un tema più sorprendente: l’intreccio tra Metafisica e Milano stessa. Una storia quasi marginale e che spesso passa in secondo piano, ma che invece ha radici profonde. De Chirico, Savinio e Carrà lavorarono con il Teatro alla Scala negli anni quaranta e cinquanta; disegnarono scenografie, bozzetti, costumi; entrarono nella fitta trama culturale della città in un’epoca in cui Milano non era ancora la “capitale economica” ma stava diventando, lentamente, la capitale delle idee. L'intento della mostra al Museo del Novecento sembra voler percorrere quel dialogo, attraverso materiali d’archivio, maquette e fotografie, per ritrovare una città che usava gli artisti non come ornamento, ma come attori di primo piano, capaci di inventare e reimmaginare luoghi, spazi, esperienze.
Alle Gallerie d’Italia - fiore all'occhiello del gruppo bancario Intesa San Paolo che si trova nel salotto buono milanese di Piazza della Scala - la narrazione sembra farsi ancora più particolare: qui verrà messo a fuoco un luogo perduto lo studio di Giorgio Morandi. Lo sguardo che rievoca questo luogo perduto è quello di un grande della fotografia Gianni Berengo Gardin e promette di diventare il cuore intimo dell’intero progetto Metafisica / Metafisiche. Poche stanze, uno spazio quasi monastico, che emerge a contrasto con la scala olimpica che la città assumerà nel 2026 e che proporrà un’immagine radicalmente opposta: la forza di un pensiero che cresce non nella celebrazione, ma nella concentrazione.
Infine Palazzo Citterio, nuovo spazio espositivo che fa capo alla cosiddetta Grande Brera, accoglierà dal 6 febbraio fino ai primi di aprile un omaggio di William Kentridge a Giorgio Morandi. Un’installazione video articolata in due momenti, che vuole restituire ciò che nella Metafisica è parso per decenni immobile: il tempo. Kentridge - artista per cui memoria, ritmo e stratificazione sono materia viva, come abbiamo ben visto nelle mostre e nelle performance a Spoleto questa scorsa estate - è la scelta ideale per tradurre in movimento ciò che Morandi aveva affidato al silenzio.
Leggendo le poche pagine di informazioni disponibili in questo momento sull'intero progetto, pur nella sua promessa ciclopica, Metafisica / Metafisiche non sembra voler stupire con effetti speciali. Al contrario, porta avanti un discorso più sottile: nell’anno in cui il mondo intero guarderà all’Italia, Milano sceglie di mostrarsi attraverso un linguaggio che non corre, non urla, non spettacolarizza. Un linguaggio che non pretende di piacere a tutti, ma che invita a un altro ritmo. In un contesto olimpico dominato dalla velocità, dalla misurazione del gesto, dal superamento del limite, la città propone una contro-immagine culturale: la lentezza come forma di lucidità.
E poi arriverà Roma. Da luglio 2026 (le date sono ancora da confermare - ndr), la mostra dovrebbe trasferirsi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, per una seconda vita che evoca la promessa di un dialogo. A differenza di Milano, Roma non dovrà costruire tutto da zero: molte opere metafisiche riposano nei suoi depositi, e l’arrivo del progetto offrirà l’occasione per rimettere in circolo materiali storici, confrontare prestiti, rinnovare percorsi, persino riposizionare alcuni capitoli della collezione permanente. Sarà una mostra nuova, non un semplice “trasloco” o una "localizzazione" del grande progetto milanese. Una riscrittura che potrebbe rendere la Metafisica non solo un omaggio a un movimento, ma un’indagine sulle sue mutazioni nel tempo e nei luoghi.
Se tutto ciò si realizzerà così come viene suggerito, Metafisica / Metafisiche potrebbe diventare più di un evento espositivo legato alle Olimpiadi. E non solo un tema di "arte e propaganda". Potrebbe offrire al Paese una rara occasione per raccontare la propria identità non attraverso il clamore, ma attraverso ciò che resta silenzioso e persistente. Milano lo farà trasformando la città in una sequenza di prospettive metafisiche; Roma potrebbe farlo riaprendo i propri immensi archivi. Insieme, Milano e Roma, potrebbero restituire l'idea di un’Italia che non si limita a custodire le immagini del proprio "glorioso" passato, ma che continua a generarle, a muoverle, a farle vivere nel presente.
Metafisica / Metafisiche, la grande iniziativa curata da Vincenzo Trione che si aprirà a fine gennaio 2026, pare voler trasformare questa inclinazione latente della città in un percorso espositivo diffuso. Non una mostra unica, ma un romanzo in quattro capitoli: Palazzo Reale, Museo del Novecento, Gallerie d’Italia e Palazzo Citterio. Un itinerario "di duemila passi" attraverso il cuore della piccola megalopoli, che appare già una dichiarazione simbolica: non basta entrare in un museo, occorre attraversare la città per comprenderne lo spirito.
Il primo capitolo - il più vasto e quello che probabilmente sarà il più celebrato - si svolgerà nelle sale di Palazzo Reale. Qui dal 28 gennaio al 21 giugno 2026 saranno riunite oltre trecento opere che abbracciano la storia della Metafisica, dalle origini ferraresi del 1916 fino alle sue propagazioni nel Novecento e nel presente. I nomi sono quelli che tutti si aspettano, ma la loro presenza sembra ripensata alla luce del contesto: De Chirico, Savinio, Carrà, Morandi e de Pisis non vengono presentati come icone intoccabili, ma paiono sorgenti ancora attive. Attorno a loro, una costellazione di artisti che nel corso degli anni ha raccolto, tradito e reinventato la lezione metafisica: Magritte, Ernst, Dalí, Warhol, poi Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Jannis Kounellis, Francesco Vezzoli. Non un mero elenco, ma un sistema di risonanze che suggerisce come la Metafisica abbia continuato a vivere nel cinema, nel design, nella moda, nell’architettura, perfino nel teatro e nella fotografia.
Il Museo del Novecento, che ospita gli archivi Ettore e Claudia Gian Ferrari, è destinato invece ad affrontare un tema più sorprendente: l’intreccio tra Metafisica e Milano stessa. Una storia quasi marginale e che spesso passa in secondo piano, ma che invece ha radici profonde. De Chirico, Savinio e Carrà lavorarono con il Teatro alla Scala negli anni quaranta e cinquanta; disegnarono scenografie, bozzetti, costumi; entrarono nella fitta trama culturale della città in un’epoca in cui Milano non era ancora la “capitale economica” ma stava diventando, lentamente, la capitale delle idee. L'intento della mostra al Museo del Novecento sembra voler percorrere quel dialogo, attraverso materiali d’archivio, maquette e fotografie, per ritrovare una città che usava gli artisti non come ornamento, ma come attori di primo piano, capaci di inventare e reimmaginare luoghi, spazi, esperienze.
Alle Gallerie d’Italia - fiore all'occhiello del gruppo bancario Intesa San Paolo che si trova nel salotto buono milanese di Piazza della Scala - la narrazione sembra farsi ancora più particolare: qui verrà messo a fuoco un luogo perduto lo studio di Giorgio Morandi. Lo sguardo che rievoca questo luogo perduto è quello di un grande della fotografia Gianni Berengo Gardin e promette di diventare il cuore intimo dell’intero progetto Metafisica / Metafisiche. Poche stanze, uno spazio quasi monastico, che emerge a contrasto con la scala olimpica che la città assumerà nel 2026 e che proporrà un’immagine radicalmente opposta: la forza di un pensiero che cresce non nella celebrazione, ma nella concentrazione.
Infine Palazzo Citterio, nuovo spazio espositivo che fa capo alla cosiddetta Grande Brera, accoglierà dal 6 febbraio fino ai primi di aprile un omaggio di William Kentridge a Giorgio Morandi. Un’installazione video articolata in due momenti, che vuole restituire ciò che nella Metafisica è parso per decenni immobile: il tempo. Kentridge - artista per cui memoria, ritmo e stratificazione sono materia viva, come abbiamo ben visto nelle mostre e nelle performance a Spoleto questa scorsa estate - è la scelta ideale per tradurre in movimento ciò che Morandi aveva affidato al silenzio.
Leggendo le poche pagine di informazioni disponibili in questo momento sull'intero progetto, pur nella sua promessa ciclopica, Metafisica / Metafisiche non sembra voler stupire con effetti speciali. Al contrario, porta avanti un discorso più sottile: nell’anno in cui il mondo intero guarderà all’Italia, Milano sceglie di mostrarsi attraverso un linguaggio che non corre, non urla, non spettacolarizza. Un linguaggio che non pretende di piacere a tutti, ma che invita a un altro ritmo. In un contesto olimpico dominato dalla velocità, dalla misurazione del gesto, dal superamento del limite, la città propone una contro-immagine culturale: la lentezza come forma di lucidità.
E poi arriverà Roma. Da luglio 2026 (le date sono ancora da confermare - ndr), la mostra dovrebbe trasferirsi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, per una seconda vita che evoca la promessa di un dialogo. A differenza di Milano, Roma non dovrà costruire tutto da zero: molte opere metafisiche riposano nei suoi depositi, e l’arrivo del progetto offrirà l’occasione per rimettere in circolo materiali storici, confrontare prestiti, rinnovare percorsi, persino riposizionare alcuni capitoli della collezione permanente. Sarà una mostra nuova, non un semplice “trasloco” o una "localizzazione" del grande progetto milanese. Una riscrittura che potrebbe rendere la Metafisica non solo un omaggio a un movimento, ma un’indagine sulle sue mutazioni nel tempo e nei luoghi.
Se tutto ciò si realizzerà così come viene suggerito, Metafisica / Metafisiche potrebbe diventare più di un evento espositivo legato alle Olimpiadi. E non solo un tema di "arte e propaganda". Potrebbe offrire al Paese una rara occasione per raccontare la propria identità non attraverso il clamore, ma attraverso ciò che resta silenzioso e persistente. Milano lo farà trasformando la città in una sequenza di prospettive metafisiche; Roma potrebbe farlo riaprendo i propri immensi archivi. Insieme, Milano e Roma, potrebbero restituire l'idea di un’Italia che non si limita a custodire le immagini del proprio "glorioso" passato, ma che continua a generarle, a muoverle, a farle vivere nel presente.
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