Le incisioni di Rembrandt nel Gabinetto Disegni e Stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna
Dal 08 Maggio 2014 al 08 Maggio 2014
Bologna
Luogo: Pinacoteca Nazionale di Bologna
Indirizzo: via Belle Arti 56
Orari: h 17.30
Telefono per informazioni: +39 051 4209411
E-Mail info: sbsae-bo.ufficiostampa@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.pinacotecabologna.beniculturali.it
Nella collezione del Gabinetto Disegni e Stampe della Pinacoteca Nazionale sono presenti 31 incisioni riferibili a Rembrandt, di cui 12 attualmente esposte in mostra. Esse provengono soprattutto dalla donazione del 1751 di Benedetto XIV Lambertini e dalla collezione di Ludovico Aureliano Savioli, acquisita dall’Istituto delle Scienze nel 1789. Coprono in particolare il periodo della giovinezza e della maturità dell’artista e offrono uno spaccato sia di alcuni dei principali temi con cui Rembrandt si confrontò nel corso della sua vita che delle principali tecniche utilizzate. La produzione incisoria fu per Rembrandt un aspetto imprescindibile della sua arte e costituì, insieme alla pittura e al disegno, uno dei mezzi attraverso il quale espresse quel vasto e profondo universo che ha fatto di lui uno dei principali maestri dell’arte europea.
Tra gli esemplari della collezione si segnalano in particolare due Ritratti della madre, rispettivamente del 1628 e del 1631, primi di una lunga serie di studi psicologici dei volti dei personaggi rappresentati, che interessò sia la sua produzione grafica che pittorica, e che vide l’artista spesso protagonista della raffigurazione, utilizzando il proprio volto come modello per la resa di affetti e stati d’animo.
L’Autoritratto con Saskia del 1636, unica incisione in cui compare con la moglie, è uno di questi, dove Rembrandt, nel pieno della sua attività e fama, si autorappresenta in baldanzosi abiti da “artista” mentre disegna in presenza di Saskia, sua sposa da due anni.
In maniera più precisa l’incisore si soffermò sul tema dell’Artista che disegna una modella, in una enigmatica stampa del 1639, di cui si conoscono due stati e che non venne mai portata a termine. Tra il 1629 e il 1630 Rembrandt affrontò temi di genere dedicati a mendicanti, mutilati, suonatori di strada, di cui si espongono il Mendicante seduto del 1630 e I suonatori ambulanti del 1635 circa. A differenza di tanta produzione olandese dell’epoca, fatta di scene di genere centrate soprattutto su elementi didascalici, l’artista si avvicina sempre con estrema umanità al soggetto, cercando di coglierne l’universalità. Tra le numerose incisioni dedicate ad argomenti religiosi, sia nel Nuovo che dell’Antico Testamento, troviamo la grande Resurrezione di Lazzaro del 1632 dove, nel cogliere l’attimo centrale della narrazione, Cristo che ordina a Lazzaro di uscire dalla tomba, Rembrandt si concentra nel contrasto tra la zona luminosa del fondo e l’oscurità del primo piano, da cui emerge la figura di Cristo, dal profilo perduto e dal gesto deciso. Uno studio della luce che emerge dirompente nell’Annuncio ai pastori del 163, primo notturno di Rembrandt all’acquaforte, il cui la concitazione della scena, con lo scompiglio in terra creato dall’apparizione angelica, viene resa, grazie all’uso della tecnica mista, con un profondo effetto pittorico.
Raffinatissima è invece la Decollazione del Battista del 1640, di un anno successiva alla Morte della Vergine, uno dei capolavori dell'artista che qui si confronta con Dürer, come sempre nella sua produzione nell’intento di imparare, ma nello stesso tempo superare, la grande lezione dei maestri del passato. La luce che pur penetrando dalla finestra fa emergere a fatica le forme dell’ambiente inghiottito dall’ombra, contraddistingue il San Girolamo nello studio del 1642.
Tra gli esemplari della collezione si segnalano in particolare due Ritratti della madre, rispettivamente del 1628 e del 1631, primi di una lunga serie di studi psicologici dei volti dei personaggi rappresentati, che interessò sia la sua produzione grafica che pittorica, e che vide l’artista spesso protagonista della raffigurazione, utilizzando il proprio volto come modello per la resa di affetti e stati d’animo.
L’Autoritratto con Saskia del 1636, unica incisione in cui compare con la moglie, è uno di questi, dove Rembrandt, nel pieno della sua attività e fama, si autorappresenta in baldanzosi abiti da “artista” mentre disegna in presenza di Saskia, sua sposa da due anni.
In maniera più precisa l’incisore si soffermò sul tema dell’Artista che disegna una modella, in una enigmatica stampa del 1639, di cui si conoscono due stati e che non venne mai portata a termine. Tra il 1629 e il 1630 Rembrandt affrontò temi di genere dedicati a mendicanti, mutilati, suonatori di strada, di cui si espongono il Mendicante seduto del 1630 e I suonatori ambulanti del 1635 circa. A differenza di tanta produzione olandese dell’epoca, fatta di scene di genere centrate soprattutto su elementi didascalici, l’artista si avvicina sempre con estrema umanità al soggetto, cercando di coglierne l’universalità. Tra le numerose incisioni dedicate ad argomenti religiosi, sia nel Nuovo che dell’Antico Testamento, troviamo la grande Resurrezione di Lazzaro del 1632 dove, nel cogliere l’attimo centrale della narrazione, Cristo che ordina a Lazzaro di uscire dalla tomba, Rembrandt si concentra nel contrasto tra la zona luminosa del fondo e l’oscurità del primo piano, da cui emerge la figura di Cristo, dal profilo perduto e dal gesto deciso. Uno studio della luce che emerge dirompente nell’Annuncio ai pastori del 163, primo notturno di Rembrandt all’acquaforte, il cui la concitazione della scena, con lo scompiglio in terra creato dall’apparizione angelica, viene resa, grazie all’uso della tecnica mista, con un profondo effetto pittorico.
Raffinatissima è invece la Decollazione del Battista del 1640, di un anno successiva alla Morte della Vergine, uno dei capolavori dell'artista che qui si confronta con Dürer, come sempre nella sua produzione nell’intento di imparare, ma nello stesso tempo superare, la grande lezione dei maestri del passato. La luce che pur penetrando dalla finestra fa emergere a fatica le forme dell’ambiente inghiottito dall’ombra, contraddistingue il San Girolamo nello studio del 1642.
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