NATURA MORTA. Jago e Caravaggio: due sguardi sulla caducità della vita

© JAGO, by SIAE 2025 | Jago, Natura Morta, 2025. Marmo statuario, 127x61x39 cm. Photo by Jago
Dal 08 Maggio 2025 al 04 Novembre 2025
Milano
Luogo: Veneranda Biblioteca Ambrosiana
Indirizzo: Piazza Pio XI, 2
Orari: da lunedì a domenica dalle 10.00 alle 18.00 (la biglietteria chiude alle ore 17.30). Mercoledì chiuso
Curatori: Maria Teresa Benedetti
Costo del biglietto: Mostra inclusa nel biglietto d’ingresso della Pinacoteca
Sito ufficiale: http://ambrosiana.it
La Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, proseguendo un programma di iniziative dedicate all’arte contemporanea, è lieta di annunciare l’apertura della mostra "Natura Morta" dello scultore Jago, a cura di Maria Teresa Benedetti, che sarà visitabile dal 8 maggio al 4 novembre 2025.
In un continuo dialogo tra passato e presente, Jago si confronta apertamente con la Canestra di frutta di Caravaggio, tra i capolavori più iconici della collezione del museo, con un’opera che trasforma il linguaggio della tradizione in una riflessione cruda e attuale: una canestra colma non di frutti, ma di armi. Pistole, fucili, mitragliatori si ammassano nel cesto, simbolo di una “natura” ormai contaminata dalla violenza e dalla serialità della produzione umana.
L’esposizione, che vedrà anche la realizzazione di un catalogo realizzato in collaborazione con Arthemisia ed edito da Moebius, nasce da una ricerca profonda intorno al concetto stesso di fragilità. Se nella pittura caravaggesca la bellezza della frutta matura diventa metafora del tempo che passa e della caducità della vita, Jago spinge questa riflessione oltre, mostrando ciò che oggi affolla le nostre esistenze: oggetti costruiti per uccidere, prodotti in serie, svuotati di senso eppure terribilmente reali.
"Con quest’opera — spiega Jago — ho voluto indagare la violenza silenziosa che permea la nostra società, quella che non si manifesta solo nei conflitti armati, ma anche nel modo in cui trattiamo l’altro, nel rifiuto, nella sopraffazione quotidiana. Un cesto colmo di armi ci dice che il frutto del nostro tempo non è più la vita, ma la distruzione". La scelta del marmo, materiale nobile della tradizione, è parte integrante del messaggio: un materiale eterno per raccontare una ferita del presente, un gesto scultoreo che rimanda alla storia dell’arte italiana, ma che al contempo rompe con essa per denunciare un mondo dove la morte è diventata un prodotto di consumo.
L'installazione dialoga idealmente con la Canestra di Caravaggio, mettendo in scena un confronto visivo e concettuale tra due nature morte, capaci di raccontare epoche diverse ma unite dalla medesima domanda: cosa resta della vita quando il tempo e l’uomo la consumano?
“La natura non idealizzata, eppure innocente, di Caravaggio — afferma il direttore della Pinacoteca Mons. Alberto Rocca — è spunto per creare un canestro non più colmo dei frutti della terra, bensì di sofisticati e artificiosi strumenti di morte. La Veneranda Biblioteca Ambrosiana è ben lieta di presentare questa denuncia coraggiosa con una scultura che segna un ulteriore incontro fra passato e presente e che rinnova il linguaggio dell’arte, stimolando una critica intensa e attuale”.
Dopo aver installato le sue opere in piazze, ponti, deserti e su navi che salvano vite, Jago con "Natura Morta" prosegue la sua ricerca su ciò che ci rende umani, scegliendo il contesto unico della Pinacoteca Ambrosiana per un confronto diretto tra la verità della scultura contemporanea e il mistero della pittura seicentesca.
In un continuo dialogo tra passato e presente, Jago si confronta apertamente con la Canestra di frutta di Caravaggio, tra i capolavori più iconici della collezione del museo, con un’opera che trasforma il linguaggio della tradizione in una riflessione cruda e attuale: una canestra colma non di frutti, ma di armi. Pistole, fucili, mitragliatori si ammassano nel cesto, simbolo di una “natura” ormai contaminata dalla violenza e dalla serialità della produzione umana.
L’esposizione, che vedrà anche la realizzazione di un catalogo realizzato in collaborazione con Arthemisia ed edito da Moebius, nasce da una ricerca profonda intorno al concetto stesso di fragilità. Se nella pittura caravaggesca la bellezza della frutta matura diventa metafora del tempo che passa e della caducità della vita, Jago spinge questa riflessione oltre, mostrando ciò che oggi affolla le nostre esistenze: oggetti costruiti per uccidere, prodotti in serie, svuotati di senso eppure terribilmente reali.
"Con quest’opera — spiega Jago — ho voluto indagare la violenza silenziosa che permea la nostra società, quella che non si manifesta solo nei conflitti armati, ma anche nel modo in cui trattiamo l’altro, nel rifiuto, nella sopraffazione quotidiana. Un cesto colmo di armi ci dice che il frutto del nostro tempo non è più la vita, ma la distruzione". La scelta del marmo, materiale nobile della tradizione, è parte integrante del messaggio: un materiale eterno per raccontare una ferita del presente, un gesto scultoreo che rimanda alla storia dell’arte italiana, ma che al contempo rompe con essa per denunciare un mondo dove la morte è diventata un prodotto di consumo.
L'installazione dialoga idealmente con la Canestra di Caravaggio, mettendo in scena un confronto visivo e concettuale tra due nature morte, capaci di raccontare epoche diverse ma unite dalla medesima domanda: cosa resta della vita quando il tempo e l’uomo la consumano?
“La natura non idealizzata, eppure innocente, di Caravaggio — afferma il direttore della Pinacoteca Mons. Alberto Rocca — è spunto per creare un canestro non più colmo dei frutti della terra, bensì di sofisticati e artificiosi strumenti di morte. La Veneranda Biblioteca Ambrosiana è ben lieta di presentare questa denuncia coraggiosa con una scultura che segna un ulteriore incontro fra passato e presente e che rinnova il linguaggio dell’arte, stimolando una critica intensa e attuale”.
Dopo aver installato le sue opere in piazze, ponti, deserti e su navi che salvano vite, Jago con "Natura Morta" prosegue la sua ricerca su ciò che ci rende umani, scegliendo il contesto unico della Pinacoteca Ambrosiana per un confronto diretto tra la verità della scultura contemporanea e il mistero della pittura seicentesca.
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