La bigiotteria della Terra - Luigi Presicce, gli ultimi tre anni

Luigi Presicce, L'Egitto prima delle sabbie (1978), 2022, olio su tela, cm. 30x25

 

Dal 27 Gennaio 2023 al 11 Marzo 2023

Roma

Luogo: Contemporary Cluster

Indirizzo: Via Merulana 248

Orari: dal martedì al venerdì dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 19.00, il sabato dalle 11.00 alle 20.00

Telefono per informazioni: +39 06 31709 949

E-Mail info: info@contemporarycluster.com

Sito ufficiale: http://www.contemporarycluster.com


Contemporary Cluster presenta venerdì 27 gennaio 2023, La bigiotteria della Terra - Luigi Presicce, gli ultimi tre anni, una mostra personale dell’artista Luigi Presicce.
 
La bigiotteria della Terra è una sorta di riassunto, la sintesi di tre anni, a dir poco particolari, della ricerca di Luigi Presicce. Il titolo è stato raccolto dalla strada, per la precisione dal farfugliare, ad alta voce, di un senzatetto. La materia di questo farfugliare è specificatamente dissonante come il dialogo sempre aperto dell'autore con la pittura e con altri mezzi più e meno utilizzati come la ceramica. 
 
Presicce in questa esposizione, con opere che vanno dal 2020 al 2022, rimarca il suo essere pittore, la sua predilezione al pittorico (una questione di sguardo) e al fare manuale che da sempre lo accompagna. La figura umana è ancora il suo campo di indagine, sia che si tratti di ritratti simbolici come i suoi tableau vivant, sia di questo ultimo ciclo di opere pittoriche dalle tinte fluo o le recenti ceramiche di stampo tradizionale. L'autore ha concepito queste opere in anni pieni di incertezza, sottoposti a una mortificante pandemia che non ha mancato di influenzare lo sguardo su molti aspetti della sua ricerca. Se nei primi anni del 2000 la pittura introspettiva di Presicce si distingueva per le sue atmosfere bluastre e i ritratti lividi di ragazze truccate da clown, in un secondo momento, con una reale ascesi mistica, l'artista si rivolge sempre più ai rituali e alla magia rurale del meridione d'Italia, ritrovando nelle sue radici religiose una vena narrativa simbolica tipica della pittura medievale o primitivista. Per lungo tempo Presicce è stato considerato uno dei maggiori rappresentanti della pratica performativa in Italia e questo ha certamente messo in ombra il suo eclettismo. Negli stessi anni in cui veniva realizzato per esempio il ciclo performativo de Le Storie della Vera Croce (2012-2021), l'artista era impegnato con una serie di opere dal titolo Monsieur Matisse realizzate con la tecnica del bronzo sbiancato e ancora con la più ampia produzione di dipinti geometrici raffiguranti il Mago nell'antica concezione alchemica. Con le sempre maggiori restrizioni in ambito performativo dovute alla pandemia in corso, l'autore instaura con la pittura un dialogo sempre più serrato. Se da una parte molti eventi vengono annullati, dall'altra la conclusione del ciclo de Le Storie della Vera Croce con la grande mostra al Mattatoio di Roma, pone un tassello importante, quasi monolitico, nel percorso dell'artista che a questo punto sente di poter indagare altro. 
Il nucleo di opere denominato Homo Sapiens Sapiens Sapiens del 2020 nasce da una crescente consapevolezza dell'autore nei confronti del destino della razza umana, della sua estinzione, delle forze naturali che agiscono catastroficamente su di essa e su tutto ció che ancora significa intraprendere la strada della spiritualità. Le figure dipinte da Presicce non hanno una sessualità definita, egli ha sempre affermato l'estraneità ad argomenti di genere, come anche a tutto quello che riguarda l'Antropocene. Per Presicce la nudità, la peluria e l'immersione delle figure in ambienti privi di tracce umane è una forma di visitazione dei Santi, in particolare dei Santi pelosi: San Giovanni Battista, Sant'Onofrio e Santa Maria Maddalena. Le nudità, che hanno fatto dell'uomo ció che è diventato attraverso il pudore, fanno da contrasto con le luci artificiali di telefoni che alla maniera di George de La Tour esaltano l'incarnato e spesso scontornano parti del corpo tenute in ombra come i genitali. Presicce non inventa le sue figure dal nulla, ma si serve di un archivio di immagini in eclatante espansione: la rete. Nella continua auto vetrinizzazione del corpo, la figura umana ha notevolmente virato la sua propensione ad essere musa a quella di venditrice di prodotti. In un mettere in scena un eterno diorama che si alimenta su sé stesso, la figura ha smesso di rappresentare la storia, i miti e la poesia per affidarsi completamente alla semplicistica e quanto mai muta dittatura dello spettatore. Il palcoscenico infatti, dove la figura si auto proclama, non è mai il proprio sfondo, ma quello di chi visualizza. È esemplare una riflessione di Marlene Dumas del 2007: "Cosa faccio quando uso una fotografia di un uomo o donna che non amo, non conosco e nemmeno voglio conoscere. Perché uso immagini tratte da riviste pornografiche come modelli per le mie figure, se non é la pornografia a interessarmi?" 
Sembra qui palese che tutto il rapporto di natura amorosa tra il pittore e il modello (come concetto), decada malamente.
Presicce non entra in contatto con i suoi modelli, li usa in quanto merce in vetrina, di fatto spoglia figure che si presentano vestite (anche se con poco) e le riporta ad uno stadio di nudità primigenia senza peccato, rivede l'erotismo nella sua fase embrionale da paradiso terrestre, l'Eden, dove non esistono tentazioni finché non compare il fatidico serpente. 
 
Nel corso di questi tre anni Presicce ha modificato le sue figure per raggiungere dei codici pittorici ben definiti: mentre peró la peluria corporea è pressoché sparita, si notano ancora mani e piedi simili tra loro e ogni dito nello specifico, ha una colorazione sempre uguale. I tratti somatici tendono sempre più ad una crescente rivoluzione estetica in corso. Lunghi nasi appuntiti e ricurvi verso l'alto, fanno compagnia sulla faccia a menti pronunciati, grandi labbra e zigomi sporgenti, poi ancora ad acconciature impossibili, folte e rigonfie che si stagliano sulla fonte a proteggere escrescenze coralline. Gli stessi dettagli li ritroviamo sia nelle pitture, quasi sempre di piccolo formato, nei disegni fatti con la matita turchese, nei pastelli, negli inchiostri (rossi), fino ad arrivare alle ultime ceramiche. Queste in particolar modo assumono nello spazio la presenza di un archetipo medievale, il cosiddetto Grillo, figura minuta e goffa, avente soltanto la testa attaccata ai piedi. L'artista scrive di essere stato influenzato da un sogno lucido fatto diversi anni fa che gli aveva permesso poi di realizzare una scultura in legno di ulivo recante le stesse caratteristiche del Grillo, ma dormiente (Bassa magia, 2008). Dice inoltre di essere venuto in contatto con le ceramiche artistiche di Seminara, ai piedi dell'aspromonte, principalmente con uno dei figli di Paolo Condurso, Gennaro, che ha ereditato la storica Bottega del padre e la maestria di eseguire maschere apotropaiche, Babbaluti e Picassine. Il padre fu denominato da Picasso come il calabrese dalle mani d'oro. 
Presicce in questa esposizione rende anche omaggio a questa figura che dall'entroterra calabra riuscì ad affascinare il più grande artista del 900 tanto da portarlo a cimentarsi con la ceramica con i risultati (straordinari) che oggi conosciamo. 
 
 


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