La Rosa e il Rasoio: NO MGF

Tomaso Binga (Bianca Pucciarelli Menna), Cucire il silenzio

 

Dal 06 Dicembre 2023 al 19 Dicembre 2023

Roma

Luogo: Casa del Municipio Roma I Centro

Indirizzo: Via Galileo Galilei 53

Orari: ore 9-13 / 14-18. Chiuso mercoledì mattina

Curatori: Antonio E.M. Giordano

Enti promotori:

  • Con il patrocinio del Municipio Roma I Centro e AEREC - Missione Futuro

Telefono per informazioni: +39 348 7137975


L’UNICEF già nel 2009, sulla base del diritto internazionale, condannò la pratica delle mutilazioni genitali femminili come fenomeno diffuso in 29 nazioni dell’Africa, in paesi islamici d’Asia e tra immigrati in Europa, America e Australia - in quanto violazione dei diritti della donna e delle bambine alla salute fisica e psicologica, IIalle pari opportunità, alla tutela da violenze, abusi, torture o trattamenti inumani.

Nel mondo milioni di donne convivono con una mutilazione genitale, praticata per lo più su bambine tra i 4 e i 14 anni ma anche con meno di un anno, come in Eritrea e nel Mali, o su neonate di pochi giorni (Yemen). Le pratiche dell’incisione o dell’asportazione, parziale o totale, dei genitali femminili esterni provocano alle bambine, poi ragazze, gravi rischi per la salute e conseguenze fisiche e psicologiche irreversibili. In alcuni Stati del Corno d’Africa ma anche in Egitto e Guinea l’incidenza del fenomeno arriva al 90% della popolazione femminile. In Europa, America e Australia, fra gli immigrati africani e asiatici sono praticate nell’illegalità e sono difficili da censire. Alla base delle MGF esistono pregiudizi di natura sessuale, sociologica, igienica, estetica, sanitaria, religiosa:

-  Soggiogare o ridurre la sessualità femminile; -  Iniziazione delle adolescenti all’età adulta, integrazione sociale delle giovani,
mantenimento della coesione nella comunità. -  In alcune culture, i genitali femminili sono considerati portatori di infezioni e osceni. -  Si pensa a volte che la mutilazione favorisca la fertilità della donna e la
sopravvivenza del bambino -  Molti credono che questa pratica sia prevista da testi religiosi (Corano) Ad eseguire le mutilazioni sono essenzialmente donne o levatrici e ostetriche ben pagate. Le ragazze che le subiscono sono private della capacità di decidere sulla propria salute riproduttiva. Le mutilazioni genitali sono umilianti e dolorose. Le bambine possono morire per shock emorragico o neurogenico (dolore e trauma) e per l’infezione (sepsi). L’evento è un trauma: molte bambine cadono in uno stato di shock per il dolore e il pianto è irrefrenabile. Conseguenze di lungo periodo sono: ascessi, calcoli e cisti, la crescita abnorme del tessuto cicatriziale, infezioni e ostruzioni croniche del tratto urinario e della pelvi, dolori nelle mestruazioni e nei rapporti sessuali, vulnerabilità all’infezione da HIV/AIDS, epatite e malattie veicolate dal sangue, infertilità, incontinenza, rischio di mortalità materna per travaglio chiuso o emorragia nel parto. Secondo l’OMS 130 milioni di donne nel mondo avrebbero subito MGF e ogni anno 3 milioni di bambine sono a rischio di subirne.
Nel 2023 4,3 milioni di ragazze sono a rischio di MGF perciò la mostra “La Rosa e il Rasoio: NO MGF” intende sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale contro questo fenomeno – al seguito delle attiviste ritratte in mostra da Katherine Krizek - e sollecitare la lotta contro questa pratica disumana e la promozione delle iniziative volte all’abbandono di queste violazioni dei diritti della donna e delle bambine.

Le artiste italiane e internazionali e giovani emergenti (Lorenzo Attolini, Suida Dushi, Annalisa Pitrelli) invitati dal curatore Antonio Giordano esprimono con stili e tecniche eterogenee e miste – pittura tradizionale e digitale, grafica, scultura e fotografia - la solidarietà a questa condanna.

Dalle decane femministe Tomaso Binga (pseudonimo di Bianca Pucciarelli Menna) e Suzanne Santoro alle docenti di Accademie di Belle Arti (Floriana Celani, Lea Contestabile, Sandra Di Coste, Patrizia Molinari, Marilena Sutera), alla scultrice e musicista Yvonne Ekman alle Fiber artist Giulia Ripandelli e Patrizia Trevisi alle statunitensi Barbara Schaefer e le già citate Krizek e Santoro, alle romane ma con esperienze espositive internazionali Stefania Fabrizi e Silvia Stucky.

In comune, con allusioni, simbolismi e metafore, stimolano la riflessione sul dolore e sulla necessità di proteggere i diritti delle bambine.

Marie-Eve Gardère (in catalogo):
Il pensiero è un mezzo di lotta sociale. Non che gli artisti presenti in questa mostra nelle loro opere facciano politica, sarebbe come dice Stendhal “volgare come un colpo di pistola durante un concerto”. La loro opera è invece tutta tesa verso questo resistere sempre, di cui parla Albert Camus. “Una tela può urlare” (Picasso)

Nicoletta Romanelli (in catalogo):
La modestia e la virtù, la maternità e la verginità si sagomano sul corpo delle donne come gabbia che costringe e che annichilisce l’essenza pura, passionale e selvaggia del Femminino, per citare Jung. Le mutilazioni genitali femminili rappresentano una gravissima forma di violenza di genere, che necessita di essere conosciuta e riconosciuta in quanto portatrice di urla silenziose di donne sofferenti, la cui identità di donna è soffocata e repressa da mani femminili che armeggiano su di loro con strumenti rudimentali (frammenti di vetro, forbici, lamette...) in nome di una presunta sorellanza.

Il rasoio recide la rosa nel suo fulgore perché si strappa alla bambina, che diventa donna attraverso lo stupro dell’anima, la sua essenza più intima e piena. Artisti:
Lorenzo Attolini Tomaso Binga Floriana Celani Lea Contestabile Sandra Di Coste Suida Dushi Yvonne Ekman Stefania Fabrizi Katherine Krizek Patrizia Molinari Annalisa Pitrelli Giulia Ripandelli Suzanne Santoro Barbara Schaefer Silvia Stucky Marilena Sutera Patrizia Trevisi 

Inaugurazione: mercoledì 6 dicembre ore 18 

SCARICA IL COMUNICATO IN PDF
COMMENTI