Crocifissione di San Pietro

Vaticano, Prati

Crocifissione di San Pietro
Una doppia ricorrenza quest’anno, per celebrare il genio artistico individuale e l’importanza di un’antica istituzione fiorentina che nei secoli ha mantenuto vivo l’archetipo del bello attraverso le eccellenze in campo artistico. 

Sono trascorsi 450 anni dalla morte di Michelangelo Buonarroti (venuto a mancare a Roma il 18 febbraio del 1564) e dalla fondazione dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, un istituto tutt’ora esistente la cui missione è quella di incoraggiare e promuovere studi e manifestazioni che valorizzino le arti.
 
La città toscana rende omaggio all’artista e all’Accademia promuovendo una serie di iniziative che si svolgono nel corso dell’anno. Fino al 18 maggio è in corso la mostra “Ri-conoscere Michelangelo. La scultura di Buonarroti nella fotografia e nella pittura dall’Ottocento a oggi” presso la Galleria dell’Accademia. A giugno inaugura l’esposizione “Michelangelo e il Novecento”, un evento che si svolgerà in due sedi: quella fiorentina alla Casa Buonarrroti e quella di Modena alla Galleria Civica. Indipendenti l’una dall’altra negli aspetti organizzativi, le iniziative hanno un progetto comune, sviluppando tematiche specifiche e cronologicamente scalate. 
 
I destini di Buonarroti e dell’Accademia si incrociarono, per un breve periodo, nella seconda metà del XVI secolo.
L’Accademia era nata nel gennaio del 1563 come evoluzione dell’antica Compagnia di San Luca, sorta di confraternita che univa chi lavorava nel settore delle arti. 
Durante la prima riunione dell’Accademia Michelangelo, all’epoca ultraottantenne, fu proclamato “Padre e Maestro di queste tre Arti” e Cosimo I, allora Granduca di Toscana, venne insignito del titolo di “principe e Signor Nostro e Capo di tutti”. 

GUARDA I GRANDI CAPOLAVORI DI MICHELANGELO (galleria immagini)
 
L’idea di istituire un’Accademia che valorizzasse l’apporto intellettuale dell’attività artistica emancipandolo dallo spirito artigianale fu di Giorgio Vasari. Fu proprio il Vasari a voler ottenere il riconoscimento sociale della figura dell’artista e assicurare la trasmissione di questa eccellenza con un adeguato insegnamento. 
Al rapporto tra Michelangelo e Vasari nelle lettere e nei disegni è dedicata la mostra in corso ad Arezzo presso il Museo Statale di Casa Vasari. 
L’Accademia nei secoli successivi si è fatta interprete e promotrice del messaggio di Michelangelo: “onorare l’arte con l’arte, con invenzioni ed opere piene di spirito e di vaghezza, che escano dal sapere, dalla prontezza delle nostre mani e de’ nostri artefici”.

Un anno dopo la fondazione, venne a mancare Michelangelo: si tennero le solenni esequie in San Lorenzo e si cominciò la costruzione del monumento funebre in Santa Croce.

Nel 1566 si iscrissero all’Accademia anche Andrea PalladioTiziano e Tintoretto a dimostrazione di quanto fosse autorevole l’istituto che meno di dieci anni dopo ottenne il riconoscimento di Università.  All’inizio del Seicento l’Accademia ebbe l’incarico di tutelare i dipinti di Michelangelo e dei grandi autori impedendone l’esportazione fuori Firenze e intervenne per salvare a Cappella Brancacci e gli affreschi di Masaccio nella basilica del Carmine.

Per celebrare il ruolo dell’istituzione fiorentina nelle arti si inaugura il 21 marzo presso l’Archivio di Stato di Firenze la mostra “Storia di un primato mondiale. 450 anni dell’Accademia delle Arti del Disegno e l’insegnamento accademico delle belle arti a Firenze. Da Michelangelo alla contemporeaneità ?Firenze”. 

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La Crocifissione di San Pietro è un affresco di 6,25 x 6,62 m. realizzato tra il 1546 ed il 1550 dal pittore italiano Michelangelo Buonarroti. L'opera raffigura il momento immediatamente precedente il martirio diSan Pietro, collocato a testa in giù sulla croce che viene issata. È l'ultimo affresco dipinto da Michelangelo. In ordine alla composizione di questo affresco un’acuta osservazione è stata fatta da Antonio Forcellino: Michelangelo avrebbe qui magistralmente risolto un annoso problema nella raffigurazione del martirio di Pietro. Il fatto che l’apostolo sia stato crocifisso a testa in giù ne ha infatti sempre reso difficoltosa e poco efficace la rappresentazione. Questa posizione finiva giocoforza per mettere in primo piano gli astanti, piuttosto che il protagonista dell’evento e l’espediente, talora escogitato (Giotto, polittico Stefaneschi) di allungare molto il braccio verticale della croce, in modo che la testa dell’apostolo fosse alla stessa altezza di quella degli astanti, non si è rivelato privo di inconvenienti sulla complessiva armonia della scena. Michelangelo invece, bloccando l’evento all’attimo prima che la croce venga issata e aiutandosi con la forte pendenza data al suolo, mette finalmente il Principe degli apostoli al centro della scena. In questa posizione inoltre Pietro può ancora alzare la testa e guardare negli occhi l’osservatore. Particolare michelangiolesco è lo sfondo suddiviso quasi in tre ordini con i diversi colori e un enorme nube grigia che rende ancora più intensa la scena. Il santo si rivolge allo spettatore con uno sguardo quasi minaccioso.