Dal 13 gennaio al 4 marzo
De Chirico scultore in mostra ad Arezzo

Giorgio de Chirico, Cavallo e cavaliere, 1939-40, scultura in terracotta, 33.5 cm
Samantha De Martin
11/01/2018
Arezzo - Non ci saranno piazze d’Italia, atmosfere metafisiche accese dal vermiglio e dal cobalto, e nemmeno paesaggi o nature morte. Sarà la scultura - l’attività forse meno nota di Giorgio de Chirico - al centro della mostra dedicata da Arezzo al grande artista di Volo, a 130 anni dalla nascita e a 40 dalla morte.
L’esposizione, che racchiude una decina di opere, sarà allestita, dal 13 gennaio al 4 marzo, nell’atrio d’onore del Palazzo della Provincia, promossa dall'Associazione Culturale Arezzo Ars Nova in collaborazione con Casa d’aste Farsetti, Poleschi Arte, Galleria Tega, e alcuni collezionisti privati.
Cavalli in terracotta e cavalieri, bronzi patinati, archeologi, coloniali, manichini, una statua di Ettore e Andromaca, un’altra alta circa tre metri e mezzo, accolgono il visitatore in un universo che interagisce perfettamente con lo spazio, l’atrio affrescato del Palazzo della Provincia, in una sorta di sintesi sublime del pensiero del grande interprete della pittura metafisica.
«Quando la sera spengo la luce del salone che ospita le statue, questi personaggi, alcuni dei quali superano in altezza lo spettatore, sembrano continuare a guardarti - commenta Fabio Migliorati, curatore della mostra - e per chi li osserva è un’esperienza davvero emozionante. Ad Arezzo abbiamo accolto numerose mostre di pittura di artisti del Novecento, ma poche hanno riguardato la scultura. Per questa esposizione dedicata a de Chirico, a una delle tante chiese della città ho preferito uno spazio nuovo, decisamente interessante, capace di valorizzare quel senso di enigma e di mistero che l’artista ha voluto esprimere attraverso il suo lavoro. Nonostante de Chirico sia arrivato al gusto contemporaneo attraverso la pittura, questa mostra ci consente di apprezzarlo, probabilmente molto di più, attraverso la scultura. Questa riassume varie espressioni della prima carica vitale contemporanea. Il suo "immobilismo significante", che diventa mossa comune per tante forme di futura visione, prorompe da stratificati versanti culturali, districandosi nella massa segnica per un’attività che si evolve sulla scorta di una scontata interpretazione dell'ornamento e di una passiva attribuzione decorativa».
Leggi anche:
• De Chirico e Boccioni si incontrano alle Gallerie d'Italia
• L'arte di Giorgio de Chirico tra enigmi e leggende
L’esposizione, che racchiude una decina di opere, sarà allestita, dal 13 gennaio al 4 marzo, nell’atrio d’onore del Palazzo della Provincia, promossa dall'Associazione Culturale Arezzo Ars Nova in collaborazione con Casa d’aste Farsetti, Poleschi Arte, Galleria Tega, e alcuni collezionisti privati.
Cavalli in terracotta e cavalieri, bronzi patinati, archeologi, coloniali, manichini, una statua di Ettore e Andromaca, un’altra alta circa tre metri e mezzo, accolgono il visitatore in un universo che interagisce perfettamente con lo spazio, l’atrio affrescato del Palazzo della Provincia, in una sorta di sintesi sublime del pensiero del grande interprete della pittura metafisica.
«Quando la sera spengo la luce del salone che ospita le statue, questi personaggi, alcuni dei quali superano in altezza lo spettatore, sembrano continuare a guardarti - commenta Fabio Migliorati, curatore della mostra - e per chi li osserva è un’esperienza davvero emozionante. Ad Arezzo abbiamo accolto numerose mostre di pittura di artisti del Novecento, ma poche hanno riguardato la scultura. Per questa esposizione dedicata a de Chirico, a una delle tante chiese della città ho preferito uno spazio nuovo, decisamente interessante, capace di valorizzare quel senso di enigma e di mistero che l’artista ha voluto esprimere attraverso il suo lavoro. Nonostante de Chirico sia arrivato al gusto contemporaneo attraverso la pittura, questa mostra ci consente di apprezzarlo, probabilmente molto di più, attraverso la scultura. Questa riassume varie espressioni della prima carica vitale contemporanea. Il suo "immobilismo significante", che diventa mossa comune per tante forme di futura visione, prorompe da stratificati versanti culturali, districandosi nella massa segnica per un’attività che si evolve sulla scorta di una scontata interpretazione dell'ornamento e di una passiva attribuzione decorativa».
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