A Firenze dal 19 febbraio

Agli Uffizi un nuovo allestimento dedicato a Caravaggio e ai maestri del Seicento

Galleria degli Uffizi, Sala della Medusa, lo scudo da parata dipinto da Caravaggio accanto alla statua romana di Minerva
 

Samantha De Martin

20/02/2018

Firenze - Hanno i toni intensi del cremisi come sfondo e i nomi carichi di suggestione e rimandi mitici le otto nuove sale appena inaugurate al primo piano dell’ala di Levante degli Uffizi, dedicate a Caravaggio e alla pittura seicentesca.
In questa sfilata di capolavori, sapientemente allestita, dove spiccano opere di Guido Reni e Artemisia Gentileschi, Velazquez e Gerard van Honthors, e ancora Rembrandt, Rubens e Van Dyck, la parte del leone la fa di certo Michelangelo Merisi, fulcro indiscusso della pittura di quel secolo dominato da passionalità forti, simbolismi e novità talvolta estreme.

Hanno voluto creare un percorso museale che offra un doppio binario di “lettura” delle opere esposte, Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi, Anna Bisceglia, Francesca de Luca e Maria Matilde Simari, tenendo conto delle differenti esigenze dei visitatori e del bisogno di approfondimento di una consistente parte di loro.
«Il visitatore - ha spiegato il direttore della Galleria degli Uffizi, Eike Schmidt - viene trasportato così nell’atmosfera del tempo e nella storia delle collezioni medicee. L’intenzione è di creare un’esperienza intellettuale sia per i non specialisti, che per gli esperti della materia. Grazie all’accostamento di pittura fiorentina e del resto d’Italia, con dipinti d’oltralpe, si recupera lo spirito internazionale del gusto dell’epoca, aperto a suggestioni provenienti da ogni paese».

Dalla prima sala, intitolata Tra realtà e magia - che ospita “esempi di pittura di ispirazione naturalistica del cinquecento maturo” come ha spiegato Francesca de Luca, curatrice della pittura del ‘500, il visitatore è indirizzato verso la stanza Caravaggio e Artemisia, dove a giugno, un bellissimo David e Golia di Guido Reni fronteggerà il Sacrificio di Isacco di Caravaggio, fino a quella data sostituito dalla copia antica dell’Incredulità di San Tommaso del Merisi, e ancora la Decapitazione di Oloferne di Artemisia Gentileschi.

Dalla Sala della Medusa - dove una nuova teca accoglierà il magnifico scudo da parata dipinto da Caravaggio, accanto alla statua romana di Minerva - il percorso scivola verso la sezione dedicata alla natura morta, dove spiccano, tra le altre opere, il Bacco di Caravaggio e una natura morta di Velazquez dagli evidenti richiami caravaggeschi.

La sala successiva, intitolata A lume di notte è invece dedicata alla rappresentazione di scene rischiarate dal chiarore delle candele. Intorno alla Natività di Gherardo Delle Notti (Gerard van Honthorst), come in una danza, ecco l’Annunciazione di Matthias Stamer e la Carità romana di Bartolomeo Manfredi.

Ai massimi maestri della pittura europea dell’epoca è invece dedicata la sala successiva. «I volti ritratti da Rembrandt, Rubens e Van Dyck - commenta Maria Matilde Simari, curatrice della pittura italiana ed europea del Seicento - costituiscono una successione di opere giustamente celebri che, riunite, costituiscono un insieme emozionante, denso di spunti per riflettere sulla grande pittura del Seicento che fu soprattutto europea per la vivace circolazione delle idee e per i molti e continui contatti tra artisti e committenti che non si curavano poi molto dei confini territoriali».
La ritrattistica europea dialoga con quella fiorentina. Nella sala successiva grandeggiano il Ritratto di Galileo Galilei e il monumentale triplice ritratto di Cosimo II, Maria Maddalena d’Austria e il figlio Ferdinando II, di Giusto Sustermans. Nell’osservare il triplice ritratto il pubblico è invitato a soffermarsi su una piccola curiosità. Il fermacapelli circolare indossato dalla granduchessa, sul quale splende un grosso diamante giallo, ricorda il celebre “Fiorentino”, un diamante di 138 carati che Ferdinando I aveva acquistato nel 1601. La gemma era stata portata a Vienna dai Lorena e non se ne ebbe più notizia dagli inizi dell’Ottocento.
 Epica fiorentina, dove spiccano un teatrale Rinaldo e Armida di Cesare Dandini, ispirato al poema del Tasso, e una piccola Santa Caterina d’Alessandria di Francesco Furini, chiude il percorso.
Come spiega Anna Bisceglia, curatrice della pittura toscana del Seicento, «I temi letterari tratti dall’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto e dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso erano in assoluto i soggetti di maggiore successo a Firenze nella prima metà del secolo, e piacevano sia per l’aspetto di moderna favola mitologica, sia per la simbologia morale che si leggeva nelle storie di eroi ed eroine di entrambi i poemi cavallereschi».


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