La collezione Ghez

Da Renoir a Picasso
 

24/04/2001

Oscar Ghez era un ebreo di madre italiana e di padre tunisino: già abbastanza per immaginare quanto la sua vita sia stata varia e in continuo movimento. Nacque nel 1905 in Tunisia, ben presto fu a Roma dove con la famiglia aprì una fabbrica per la lavorazione della gomma che ebbe tanto successo da poter negoziare con la Pirelli. In seguito all’entrata in vigore delle leggi razziali nel 1939 dovette lasciare l’Italia per la Francia e poi per gli Stati Uniti, a New York, dove visse con la moglie e il figlio Claude e lavorò per il Pentagono. Tornò in Europa alla fine della Seconda Guerra Mondiale, qui cominciò il suo amore per l’arte e diede inizio alla sua collezione con il primo acquisto della piccola tela “14 luglio” di Steinlen. Cominciò a frequentare gli antiquari e le gallerie, andava spesso a Parigi dove viveva il figlio e dove, passeggiando per le vie di Montmartre, ebbe la possibilità di conoscere direttamente molti degli artisti da cui comprava le opere. La scelta nasceva in lui dal desiderio di acquistare quelle meno famose e più accessibili per giustificare con uno scopo commerciale il suo interesse per l’arte. Raramente consigliato, dimostrava altresì la forza della curiosità e la fermezza di giudizio oltre a un fiuto eccezionale. Nel 1971 sposò in seconde nozze Nicole, che lo descrive come un uomo molto interessante e colto, dal fascino innato, amante vero dell’arte, tanto da dire che il Petit Palais “era tutta la sua vita”. Fin da bambino, dice Claude, suo padre aveva sempre collezionato, dagli insetti ai francobolli, ai vasi cinesi. Nel 1968 Oscar Ghez fondò il Petit Palais a Ginevra in una dimora, in stile Secondo Impero, costruita nel 1862 alle porte dell’antica città. La collezione è composta da circa 8000 lavori raccolti nella Modern Art Foundation, oltre 300 hanno sede permanente nel Petit Palais, istituzione privata dall’atmosfera familiare: il nucleo è costituito dall’Ecole de Paris, tra nomi più e meno conosciuti, documenta oltre 60 anni di vita artistica parigina tra il 1870 e il 1930, seguendo le strade più contorte della storia dell’arte e preferendo la corsia del figurativo. La Fondazione organizza varie retrospettive per meglio valorizzare gli artisti meno noti. Il suo scopo è tradotto dal motto: “L’art au service de la paix”. Lo stesso Ghez diceva che “ogni opera d’arte è un ambasciatore del paese da cui proviene e parla facilmente al cuore degli uomini” e per questo doveva sostenere non soltanto la cultura ma anche la pace. Non a caso proprio negli spazi del Museo fu organizzata un’esposizione speciale per la celebrazione del venticinquesimo anniversario delle Nazioni Unite. Una parte ridotta della collezione era stata ospitata, nel ’64, alla GAM di Torino. Oggi vi ritorna, più folta, nel Palazzo Bricherasio, sede già all’inizio del 1900 di un importante cenacolo artistico e per volontà dei suoi proprietari, Sofia ed Emanuele di Bricherasio, anche di opere di beneficenza, qualificando la mostra come uno strano caso di coincidenza.

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