La magia di Donghi

La Sposa di Antonio Donghi
 

22/02/2007

Saltimbanchi, giocolieri, cacciatori, pescatori, fanciulle, paesaggi e nature morte popolano il mondo pittorico di Antonio Donghi che, a distanza di quattordici anni dall’ultima rassegna, è protagonista del Salone Centrale del Complesso del Vittoriano.

La mostra "Antonio Donghi. 1897 - 1963", attraverso circa 80 opere tra olii, pastelli e disegni, ripercorre l’intero cammino dell’artista romano, dalle opere giovanili ai capolavori degli anni Venti, dalle indagini sul paesaggio e la pittura di genere svolte negli anni del dopoguerra, fino alla produzione degli ultimi anni. Tra le opere esposte, provenienti da collezioni pubbliche e private, il corpus principale è costituito dall’intera collezione Donghi di proprietà di Banca di Roma, composta da 22 olii, 4 disegni e 2 pastelli.

La rassegna permette un ampio sguardo di carattere generale sull’opera e la personalità di Donghi anche attraverso diversi piccoli quadri che parlano un linguaggio efficace, raccontando piccole realtà: Donghi, infatti, non mira al risultato plateale ma, il suo obiettivo è carpire la realtà e lo fa dipingendo donne che ci stupiscono per la loro precisione e per la capacità dell’artista di cogliere l’insieme. Nei quadri di Antonio Donghi, viene descritto un universo apparentemente quotidiano ma, in realtà, specchio di una realtà "altra" straniante, magica, quasi allucinata . Il suo realismo pittorico, infatti, si fa ovunque esasperatamente preciso, sia nella resa levigata dei particolari, che nella definizione geometricamente esatta delle coordinate spaziali.

Attraverso i suoi quadri, scopriamo che la banalità non è quello che sembra, perché Donghi ha la rara capacità di alterare la percezione della realtà e, in questo, risiede la sua contemporaneità. Le sue tele sono uno stimolo alla ricerca visiva ed ecco perché può accadere che, a distanza di tempo, magari quando si è su un autobus, improvvisamente ritornino alla mente le sue figure, perché si ha l’impressione di vederle tra la gente. “I suoi quadri - ha continuato Valerio Rivosecchi - sono spesso visti sulle copertine di libri degli ani Trenta, che trattano il tema dell’assurdo e questo dà l’idea di quello che è Donghi: pittore raffinato ma, anche popolare, perché può essere compreso da tutti. Egli descrive le cose e gli oggetti con cui si è a contatto tutti i giorni ma che, nelle sue tele, assumono lati misteriosi.

Ed è forse la follia personale dell’autore il filo conduttore di tutte le opere.Infatti, sappiamo molto della sua vita ma, durante la giovinezza, pare abbia vissuto momenti drammatici, esperienze personali dure e questo lo ha portato al distacco e alla pittura di gelo che c’è nei suoi quadri, forse dovuto a questa sensazione psicologica. Inoltre si è parlato di pulizia della realtà nelle sue opere, per l’essenzialità delle linee e, nei paesaggi, per l’assenza di persone e, visto che tutti noi vorremmo una realtà pulita dalle cose che non ci piacciono, forse per questo motivo Donghi risulta simpatico al pubblico. La sua realtà, così precisa, finisce con non essere più realtà ma, diventa finzione”.

Il Realismo Magico di Antonio Donghi
Fino al 15/03/2007
Roma Complesso del Vittoriano
biglietto:
6,00 euro
Orario: lunedì - giovedì 9.30 -19.30;
venerdì e sabato 9.30 - 23.30;
domenica 9.30 - 20.30
Telefono: 06/6781848



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