Le Pasquinate

Statue parlanti
 

30/07/2001

I primi componimenti antipapali iniziano con la nascita di Pasquino: nel 1501 viene trovata la statua e il primo oggetto delle critiche è Alessandro VI Borgia (1492-1503). Pasquino si abbatte con furia contro il papa, contro l’intera famiglia Borgia ed in particolar modo contro i suoi figli: Cesare (meglio noto come il Valentino) e Lucrezia. A tal proposito appaiono versi quali “Son questi Borgia inver sul buon cammino, / oprando gesta gloriose e degne / del serpente, di Giuda e di Caino”, oppure “Qui giace Alessandro sesto. E’ sepolto con lui / quanto venerò: il lusso, la discordia, l’inganno, / la violenza, il delitto". In realtà non sarà così, e le pasquinate troveranno volta per volta il modo per colpire i pontefici. Celebri le critiche fatte al governo di Leone X Medici (1513-21), secondogenito di Lorenzo il Magnifico grande mecenate, ma che per finanziare le opere più famose del Rinascimento riuscì a “dilapidare tre pontificati”. Anche nei confronti di Clemente VII Medici (1523-34) le pasquinate non sono certo favorevoli. Giulio, figlio naturale, poi legittimato da Giuliano de’ Medici, è personaggio già ampiamente favorito dai due precedenti pontificatii, e Pasquino alla sola possibilità di tale elezione fa sentire la propria voce. Rivolgendosi ai cardinali che vorrebbero eleggerlo sa essere feroce. Alla morte di Paolo III il torso parlante non modera i suoi toni: “Qui fu sepolto un certo Paulo / fraudolente, vulpon, ladr’assassino, / di qua famoso in bocca di Pasquino, / di là dolent’in bocca del diaulo”. Nel Seicento Urbano VIII Barberini (1623-44) è tra i più criticati, spesso con arguti giochi di parole che identificano la famiglia papale con lo stemma (le api): “Urbano ottavo celebre / sarà fra gli altri papi: che pascé male il gregge, / ma nutrì ben le api”. Maffeo Barberini viene colpito anche per le distruzioni del patrimonio antico finalizzato a ricavare i materiali necessari per realizzare le grandi opere del barocco romano: “Quod non fecerunt barbari, / fecerunt Barberini”. Il nepotismo papale, protagonista di gran parte delle pasquinate del XVII e XVIII, viene accantonato quando Pasquino si trova a scontrarsi con un nuovo potere, quello napoleonico. Celebri i botta e risposta tra Pasquino e Marforio: M.: “E’ vero che i francesi sono tutti ladri? / P.: “Tutti no, ma BonaParte!”; ma altrettanto lo sono i versi contro le spoliazioni artistiche: “Per fortuna ce chiamano fratelli, / ce cavavan, si no, pur i budelli!”. Il mito di Pasquino si spegne inevitabilmente nel 1870: la breccia di Porta Pia e l’annessione di Roma al Regno d’Italia ne segna la fine. L’ultimo papa ad esserne bersagliato è quindi Pio IX Mastai Ferretti (1846-78) cui Pasquino offre persino un ombrello per ripararsi dall’incipiente “temporale”.

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