Alla Villa Reale dal 30 gennaio al 2 giugno
Monza omaggia il Giappone, terra di geishe e samurai
 
										
										 
										
										
																		
																									Yoshu Chinkanobu, Passatempi di beltà femminili in un giorno nevoso, trittico di xilografie policrome in formato oban, 70,5 x 35,5 cm, firmata Il pennello di Yoshu Chikanobu, 1838-1912
															
							Samantha De Martin
13/01/2020
							 Dal binomio Geisha-Samurai all’universo degli dei - racchiuso in un gruppo di dipinti nel formato del rotolo verticale raffiguranti il mitico Daruma - dalla natura alla fotografia d’autore, la cultura del Giappone si mostra al pubblico della Villa Reale attraverso un inedito viaggio nella tradizione e nel tempo. 
Un percorso espositivo a cura di Francesco Morena propone, dal 30 gennaio al 2 giugno, uno spaccato delle arti tradizionali dell’arcipelago estremo-orientale attraverso una selezione di opere databili tra il XIV e il XX secolo, provenienti dalla raccolta di Valter Guarnieri, collezionista trevigiano con una grande passione per l’Asia orientale. Accanto a questi lavori, anche i kimono prestati dalla collezionista trevigiana, conoscitrice di tessuti asiatici, Lydia Manavello.
La mostra, prodotta da ARTIKA con il Patrocinio del Comune di Monza, si sviluppa per sezioni tematiche. Si comincia con la bellezza femminile della geisha, che, con il suo volto ovale cosparso di cipria bianca, gli abiti elegantissimi e i gesti cadenzati, ha rappresentato per il Giappone un topos culturale altrettanto radicato, ben immortalato da Kitagawa Utamaro, il pittore che meglio di ogni altro ha restituito la vivacità dei quartieri dei piaceri della vecchia Edo.
Si procede con la sezione riservata al rapporto tra i giapponesi e la natura, che nello Shintoismo, la dottrina filosofica e religiosa autoctona dell’arcipelago, è espressione della divinità.
Questa relazione privilegiata con la Natura viene indagata attraverso una serie di dipinti su rotolo verticale, parte dei quali realizzati tra Otto e Novecento, agli albori del Giappone moderno. L’apertura del paese al mondo, a metà dell’Ottocento, dopo oltre due secoli di consapevole isolamento, inaugura un mutato scenario che induce molti artisti ad adottare tecniche e stili stranieri.
Nel percorso non manca la fotografia d’autore che, tra le forme d’arte inedite per il Giappone di quei tempi, occupava un posto privilegiato. Gli stranieri che visitavano l’arcipelago acquistavano molto spesso fotografie per conservare e condividere un ricordo di quel paese misterioso. È il caso dello sconosciuto che ha comperato il nucleo esposto in mostra, annotando in lingua spagnola, a margine delle fotografie, le descrizioni dei luoghi e delle attività raffigurate nei suoi scatti.
Chiude l’itinerario una sala riservata alla scrittura, forma d’arte tra le più complesse e affascinanti del Giappone, con grandi paraventi ornati di potenti calligrafie.
Leggi anche:
• Storie da un incontro: al Mudec il Giappone e l'Europa allo specchio
						
					Un percorso espositivo a cura di Francesco Morena propone, dal 30 gennaio al 2 giugno, uno spaccato delle arti tradizionali dell’arcipelago estremo-orientale attraverso una selezione di opere databili tra il XIV e il XX secolo, provenienti dalla raccolta di Valter Guarnieri, collezionista trevigiano con una grande passione per l’Asia orientale. Accanto a questi lavori, anche i kimono prestati dalla collezionista trevigiana, conoscitrice di tessuti asiatici, Lydia Manavello.
La mostra, prodotta da ARTIKA con il Patrocinio del Comune di Monza, si sviluppa per sezioni tematiche. Si comincia con la bellezza femminile della geisha, che, con il suo volto ovale cosparso di cipria bianca, gli abiti elegantissimi e i gesti cadenzati, ha rappresentato per il Giappone un topos culturale altrettanto radicato, ben immortalato da Kitagawa Utamaro, il pittore che meglio di ogni altro ha restituito la vivacità dei quartieri dei piaceri della vecchia Edo.
Si procede con la sezione riservata al rapporto tra i giapponesi e la natura, che nello Shintoismo, la dottrina filosofica e religiosa autoctona dell’arcipelago, è espressione della divinità.
Questa relazione privilegiata con la Natura viene indagata attraverso una serie di dipinti su rotolo verticale, parte dei quali realizzati tra Otto e Novecento, agli albori del Giappone moderno. L’apertura del paese al mondo, a metà dell’Ottocento, dopo oltre due secoli di consapevole isolamento, inaugura un mutato scenario che induce molti artisti ad adottare tecniche e stili stranieri.
Nel percorso non manca la fotografia d’autore che, tra le forme d’arte inedite per il Giappone di quei tempi, occupava un posto privilegiato. Gli stranieri che visitavano l’arcipelago acquistavano molto spesso fotografie per conservare e condividere un ricordo di quel paese misterioso. È il caso dello sconosciuto che ha comperato il nucleo esposto in mostra, annotando in lingua spagnola, a margine delle fotografie, le descrizioni dei luoghi e delle attività raffigurate nei suoi scatti.
Chiude l’itinerario una sala riservata alla scrittura, forma d’arte tra le più complesse e affascinanti del Giappone, con grandi paraventi ornati di potenti calligrafie.
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