Parla l’ideatore di Exhibition on screen (EOS)

Tutti in sala con Phil Grabsky, pioniere della grande arte al cinema, da Vermeer alla National Gallery

Johannes Vermeer, Woman Holding a Balance (Pesatrice di perle o Donna con una bilancia), c. 1664, National Gallery of Art, Washington
 

Samantha De Martin

29/09/2023

Quando lo raggiungiamo al telefono per una breve chiacchierata Phil Grabsky è in partenza per l’Italia per una gara agonistica di atletica. Così scopriamo che oltre a galoppare sul grande schermo sulle ali dell’arte con la sua società di produzione Seventh Art Productions e con il suo brand EXHIBITION ON SCREEN (EOS), il regista inglese corre veloce, oltre che per lavoro, anche per passione. Il pioniere e veterano che ha ‘re-inventato’ il format del documentario d’arte per il cinema scrivendo, producendo e portando al grande pubblico la storia dell’arte partendo da Londra per raggiungere ormai oltre 60 paesi, snocciola i suoi prossimi progetti condividendo il segreto del suo incredibile successo in sala.

Intanto, solo il 2, 3, 4 ottobre lo incontreremo nelle sale italiane con Vermeer. The greatest exhibition, lo straordinario film documentario diretto dal regista David Bickerstaff che ha già conquistato il pubblico inglese incassando quasi 2 milioni di dollari al botteghino. L’appuntamento invita tutti gli amanti dell’arte a una visione privata in compagnia del direttore del Rijksmuseum e dei curatori di questa spettacolare mostra, la più grande mai dedicata al “pittore della luce”.


Il regista, autore e produttore britannico Phil Grabsky | © 2017 Exhibition On Screen

Qual è il segreto del successo dei suoi documentari e perché andare al cinema a vedere Vermeer. The greatest exhibition?
“Da 15 anni con Exhibition on Screen porto la grande arte al cinema e l'unica mostra che la gente mi chiede sempre se ho filmato è stata una precedente su Vermeer svoltasi a Washington nel 1989. C'è qualcosa in Vermeer che rende le sue esposizioni estremamente interessanti per il pubblico. Ad affascinare è ovviamente la sua incredibile arte, ma anche la rarità dei suoi dipinti. Infatti sono solo 37 quelli noti attribuiti. Credo che la mostra di Washington ne abbia esposti 21. Quando ho sentito che il Rijksmuseum di Amsterdam stava tentando di organizzare la più grande mostra mai realizzata su Vermeer ho pensato al film documentario. E la cosa straordinaria è che sono riusciti a riunirne ben 28 in uno stesso edificio, ovvero il 75%. Un evento che non è mai accaduto, e che non accadrà mai più. C’è qualcosa in Vermeer che attira l’attenzione. La mostra risultava sold out appena due giorni dopo l’apertura delle vendite sul sito web. Quindi l'unico modo per permettere a tutti di ammirarla rimaneva il film. E anche adesso che l’esposizione si è conclusa l’unica occasione per guardarla è al cinema. Un altro motivo per andare in sala è per la qualità della resa cinematografica delle opere, grazie a tecniche e strumenti oggi sempre più all’avanguardia. Noi non vogliamo sostituirci all’esperienza della mostra, che rimane comunque unica. Ma abbiamo voluto dare a tutti la possibilità di non perdersi questa occasione e di guardare le opere senza distrazioni in un contesto coinvolgente. In UK quello su Vermeer è stato uno dei film documentari che ha riscosso maggior successo tra quelli dedicati a un artista".


Johannes Vermeer, Het melkmeisje (La lattaia), 1658-59, oil on canvas. Rijksmuseum, Amsterdam. Purchased with the support of the Vereniging Rembrandt

Che cos’è che ancora oggi affascina di Vermeer?
“Sicuramente le sue opere cariche di mistero. Ci sono artisti come van Gogh che hanno dipinto moltissimo in poco tempo e altri come Vermeer che ci hanno lasciato poche testimonianze della loro arte. Forse ad affascinare di più è la rappresentazione della vita quotidiana con al centro individui come noi. Nella narrazione di Vermeer distinguiamo tre elementi: il pittore, il dipinto, lo spettatore. Ci sono molte scene individuali, molte delle quali hanno come protagoniste donne intente a svolgere, ciascuna, la propria attività. Quando guardiamo la Lattaia pensiamo a una mamma o a una sorella qualunque. Vermeer è un o straordinario storyteller. Ci fa intuire senza dirci tutto, è avido di dettagli, è un artista estremamente umano. E comunque, nonostante questo amore particolare del pubblico per Vermeer, il film deve ancora di più incusiosire”.

L'arte di Vermeer è un'arte intima come dimostrano anche i suoi soggetti. Com’è stato possibile portare questo pittore sul grande schermo, di fronte al grande pubblico senza far sì che la sua pittura perdesse questo aspetto?
“Il nostro obiettivo è fare cinema. E non importa se si tratta di documentari o di eventi di animazione, è tutta una questione di narrazione. Quindi abbiamo pensato intensamente a quale sarebbe stato il modo migliore per raccontare questa storia. A volte una mostra è solo la porta d'ingresso ad una nuova biografia. Sullo schermo il pubblico ha tutto il tempo di guardare i dipinti e questo è già di per sé molto intimo. Dopo che il pubblico avrà scorto ogni dettaglio inizierà a farsi delle domande e a rispondere. Lo stesso Vermeer si fa regista attraverso i suoi lavori che racchiudono molte storie. Questo è importante avendo pochissimo materiale biografico su di lui. Quando abbiamo realizzato il film su Monet avevamo invece a disposizione ben 3300 lettere. Alla biografia di Vermeer si risale invece a grandi linee attraverso le sue stesse tele. La cosa eccitante per me è che i suoi dipinti hanno uno sviluppo e grazie a questi riusciamo a risalire a molte informazioni biografiche. Per me che sono un regista e un produttore il fatto che i dipinti rappresentino una serie di evoluzioni è straordinario”.


Johannes Vermeer, The Lacemaker (La merlettaia), 1666–68, oil on canvas mounted on panel. Musée du Louvre, Paris

A cosa sta lavorando?
“Abbiamo in cantiere progetti molto importanti. Ciò che ci rende unici in tutto il mondo è che rilasciamo quattro o cinque film all'anno, ma siamo sempre noi stessi. Siamo molto impegnati in giro per il mondo. Il prossimo anno si celebrano i 200 anni della National Gallery di Londra e per l’occasione stiamo preparando due uscite. Una riguarderà il museo raccontato da una serie di persone in qualche modo legate alla Galleria, dagli addetti alle pulizie alle guardie di sicurezza, dai commessi alle celebrità e ovviamente il direttore. Ognuno svelerà qual è il suo dipinto preferito e perché. Quello che vogliamo trasmettere al pubblico è che non occorre essere un critico, un docente universitario per raccontare qualcosa. E poi un film sul Museum of Fine Arts di Boston e sulla Tate Britain, sull’impressionista John Singer Sargent e altri ne abbiamo in produzione”.

Perché i suoi film per molto tempo non sono stati distribuiti in Italia?
“Tutto si è fermato a causa del covid. L’Italia è stato uno dei paesi più colpiti. Si è preferito aspettare che il pubblico tornasse in sala. Film come Pisarro, padre dell’Impressionismo, Mary Cassatt: Painting the Modern Woman, Tokyo stories, basato su un'importante mostra all'Ashmolean di Oxford, e che abbraccia 400 anni di arte incredibilmente dinamica, Hopper - An American Love Story saranno distribuiti l’anno prossimo in Italia".


La facciata della National Gallery | Foto: © Mike Peel, Own work, tramite Wikimedia Commons

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