Mapplethorpe: la fotografia che fa scandalo
28/12/2011
WEB: http://arteinforma.blogspot.com/2011/12/mapplethorpe-la-fotografia-che-fa.html
In mostra al Forma la più ampia retrospettiva dedicata al discusso interprete della scena underground newyorchese
Non sarà famoso, per i più, come Andy Warhol, ma le sue fotografie sono entrate di diritto nell’immaginario collettivo, segnando un’epoca. Stiamo parlando di Robert Mapplethorpe, il grande fotografo newyorkese (Floral Park, Queens, 1946), morto di Aids nel 1989, protagonista, fino al 9 aprile, dell’ampia retrospettiva (178 immagini) al Forma, in collaborazione con la Robert Mapplethorpe Foundation di New York.Outsider di genio, Rober Mapplethorpe ha da subito attirato l’attenzione della critica. Per la capacità di documentare l’esistente, innanzitutto. Le sue immagini, che si tratti di corpi, pratiche sadomaso, ritratti, ma anche di fiori e nature morte, sono cariche di sensualità, sono calde, sono vive. Abbondano i riferimenti all’attualità, i protagonisti della scena artistica newyorchese degli anni ‘70 e '80 (Isabella Rossellini, Andy Warhol, Donald Sutherland, Cindy Sherman, Brice Marden, Louise Bourgeois, Rauschenberg, Grace Jones, ma soprattutto Patti Smith, protagonista dell’omonimo ciclo). Le schiene scolpite, i bicipiti, i pettorali, i dettagli anatomici, il pene, esibito come trofeo, le pratiche sadomaso, il bondage, gli stivali in pelle, i frustini, le borchie sono la quintessenza di un’epoca irripetibile, «molto veloce», votata allo scandalo e la libertà sessuale, come ben lasciano intendere esperienze limitrofe come Venus in Furs dei Velvet Underground, o certo cinema underground, a cominciare da Warhol e Scorpio Rising, il film “scandalo” di Kenneth Anger.Non sarebbe, tuttavia, diventato un autore di culto se non fosse riuscito ad andare al di là della cronaca. Le immagini di Mapplethorpe sono sì ispirate al presente, il parterre di amici, amanti e intellettuali di cui amava circondarsi, ma se ne astraggono, al contempo, inseguendo il rigore, la compostezza e l’equilibrio della statuaria classica. «Ricerco la perfezione della forma. Cerco di catturare qualcosa che potrebbe essere scultura». Basti confrontare la serie Thomas del 1986 e i ritratti dei modelli (Derrick Cross, Ajitto, Philip Prioleau, Dennis Speight) con le foto su commissione del 1989, le sculture Il lottatore e Il Neghittoso. La postura dei corpi, la tensione spasmodica dei muscoli, il vigore plastico delle braccia, ma anche la nobiltà dei volti, o la morbida delicatezza dei bambini, sono ispirate alla tradizione rinascimentale, michelangiolesca soprattutto. C’è una forza eterna, scabra e assoluta, che scorre dietro questi bianchi e neri, sottraendoli al tempo per riconsegnarli al regno della bellezza ideale, al riparo da ogni accidente.C’è, poi, per noi di Artitude, un ulteriore motivo di interesse in quest’opera discussa: la capacità di raccontare i mutamenti dell’identità. Con la curiosità dell’esploratore, più che con la disperazione del diverso. Basti guardare gli autoritratti, per rendersene conto, i mille travestimenti, l’uomo di mondo e il cultore del sesso e della notte, fino all’uomo malato di Aids, ormai prossimo alla morte. O la serie dedicata a Lisa Lyon: nella mirabile foto del 1982 - il corpo muscoloso della culturista americana, coi bicipiti tesi e il volto coperto da un velo da sposa - egli ha sintetizzato felicemente il sopraggiunto connubio tra il Maschile e il Femminile, aprendo la strada ad una nuova e più problematica riflessione sull’umano, speculare ai tempi.ROBERTO RIZZENTE for ARTITUDE
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