Alla Gray Art Gallery dal 6 settembre all'8 dicembre

L'Italia del dopoguerra nella fotografia neorealista in mostra a New York

Piergiorgio Branzi, Piazza Grande in Burano, Venezia, 1957 © Piergiorgio Branzi
 

Samantha De Martin

10/08/2018

Mondo - Riviste, cataloghi, libri fotografici, ma soprattutto poster ed estratti di film dei maestri del cinema neorealista, da Vittorio De Sica a Luchino Visconti e Roberto Rossellini.
C’è uno scorcio di storia italiana fatto di coraggio e di bellezza, raccontato dalla potenza della fotografia alla Gray Art Gallery di New York dal 6 settembre all’8 dicembre. Il museo delle belle arti della New York University disegna l’Italia prima, durante e dopo il secondo conflitto mondiale, dagli anni bui del fascismo alla povertà del dopoguerra, senza tralasciare la speranza di un popolo che non vuole arrendersi alla miseria.

Per la prima volta, come spiega anche la curatrice Enrica Viganò, “la mostra NeoRealismo: The New Image in Italy, 1932-1960 riunirà in un unico contesto oggetti e materiali diversi, relativi agli anni che corrono dal 1932 al 1960, esplorando il modo in cui i fotografi italiani comunicavano quotidianamente la realtà politica di quell’epoca”.
Il viaggio fotografico nel contesto storico dell’Italia post bellica ha inizio con la sezione dedicata al realismo nell’era fascista, quando la fotografia si mostra quale strumento di propaganda e di comunicazione di massa. Alla distruzione di un paese stremato dal conflitto si accompagna l’euforia della rinascita, un sentimento di redenzione morale alla base del “miracolo italiano” immortalato - insieme alle scene di vita quotidiana, difficile, eppure vibrante di speranzosa vitalità - dall’obiettivo di fotografi come Tullio Farabola e Stefano Robino.

Quando, con la caduta del fascismo, il neorealismo si traduce nella forma dominante di espressione, la libertà artistica e il bisogno di ricostruire una nuova identità italiana a livello nazionale alimenta il fervore per la documentazione, per la testimonianza del quotidiano. La fotografia svolge così un ruolo essenziale nel tentativo di stabilire un'identità collettiva nell'Italia del dopoguerra. All'indomani del conflitto spetta a Mario Cattaneo, Franco Pinna e Arturo Zavattini fotografare i molteplici volti del paese.

L’età dell’oro del fotogiornalismo sociale viene raccontata in mostra dai reportage realizzati in diverse zone d'Italia, che documentano la vita e le abitudini del paese, con uno sguardo rivolto al cambiamento del ruolo del fotografo, divenuto una figura di spicco all’interno dei grandi gruppi editoriali. Nomi come Carlo Cisventi, Tino Petrelli, Marisa Rastellini passano alla storia per il loro rifiuto dell’artificiale e uno spiccato interesse per la realtà.

La sezione finale della mostra, dal titolo From Art to Document, presenta gli scatti di fotografi come Pietro Donzelli e Giuseppe Bruno, impegnati in accese discussioni circa l'eredità del neorealismo.

E ancora il percorso espositivo passa in rassegna i club fotografici - che, tra il 1943 e il 1960 hanno costituito luoghi di incontro nei quali gli artisti si sono confrontati sul valore creativo della fotografia e del suo futuro - ma anche piazze, come Piazza Grande a Burano immortalata da Piergiorgio Branzi, o situazioni, come la donna ritratta da Mario De Biasi mentre cavalca una bicicletta in una domenica d’agosto milanese.

Dalla Gray Art Gallery prenderanno avvio, nella “Grande Mela”, una serie di mostre che, dalla Casa Italiana della NYU al Metropolitan Museum of Art accenderanno i riflettori sulle molteplici forme del Neorealismo italiano.


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