Dal 16 marzo al 30 giugno a Mamiano di Traversetolo (Parma)
Giorgio de Chirico e Alberto Savinio si incontrano alla Magnani Rocca
Alberto Savinio, Tombeau d’un roi maure, 1929, olio su tela
Samantha De Martin
31/12/2018
Parma - “Un lavoro indissociabile nello spirito”. Così André Breton aveva definito l’attività dei fratelli Giorgio de Chirico e Alberto Savinio. I “dioscuri” dell’arte del XX secolo, che hanno ripensato il mito e la tradizione classica attraverso la modernità dell’avanguardia e della citazione, reinterpretandoli nel tentativo di rispondere ai grandi enigmi dell’uomo contemporaneo, saranno protagonisti di una grande mostra in programma dal 16 marzo al 30 giugno.
Nell'elegante scenario della Villa dei Capolavori che accoglie la Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo, oltre centotrenta opere descrivono un percorso che spazia dalla nascita dell’avventura metafisica alla ricca produzione teatrale, documentata anche da preziosi costumi per l’opera lirica.
Dipinti celebri, lavori grafici sorprendenti e le visioni di Giorgio concepite in quegli anni trovano un corrispettivo letterario nella poetica del fratello.
L’obiettivo della mostra - a cura di Alice Ensabella e Stefano Roffi, direttore scientifico della Fondazione Magnani-Rocca - è di ricostruire criticamente le fonti comuni dei fratelli de Chirico, mettendo in evidenza affinità, contrasti e interpretazioni del fantastico universo che prende forma nelle loro traduzioni pittoriche, teatrali, letterarie.
A forgiare le menti dei due fratelli, le origini greche, una solida educazione internazionale influenzata dal romanticismo e dal nichilismo tedeschi, dall’avanguardia parigina e dalla cultura classica mediterranea. Si tratta di opere caratterizzate da temi di interesse comune come il viaggio, il mistero del distacco, la struggente commozione del ritorno, gli interrogativi sulla condizione umana, il richiamo al mito, all’antico. Eppure le interpretazioni che i due fratelli ne forniscono divergono, approdando talvolta a risultati stilisticamente distanti.
Le enigmatiche rappresentazioni di Giorgio, con i paesaggi che richiamano i miti dell’antichità, rovine e cavalli, gladiatori in procinto di vivere o morire e ridondanti nature morte, si mescolano all’ironia e al gioco, i cardini intorno ai quali ruota l’estetica di Alberto Savinio. Quest’ultimo, infatti, a differenza del fratello, dimostra un’innata capacità di immettere nei profondi silenzi metafisici la sapiente leggerezza dell’ironia, che si svela attraverso una visionarietà fantastica.
Ed è per questo che nelle sue opere oggetti inanimati ed esseri viventi si uniscono in un’unica rappresentazione colorata e vivace, nella quale forme umane e animali si confondono e si decontestualizzano, catapultate in prospettive impossibili e in un’atmosfera tanto improbabile quanto ludica.
Leggi anche:
• De Chirico e Savinio - Una mitologia moderna
• Roy Lichtenstein protagonista dell'autunno pop della Magnani Rocca
Nell'elegante scenario della Villa dei Capolavori che accoglie la Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo, oltre centotrenta opere descrivono un percorso che spazia dalla nascita dell’avventura metafisica alla ricca produzione teatrale, documentata anche da preziosi costumi per l’opera lirica.
Dipinti celebri, lavori grafici sorprendenti e le visioni di Giorgio concepite in quegli anni trovano un corrispettivo letterario nella poetica del fratello.
L’obiettivo della mostra - a cura di Alice Ensabella e Stefano Roffi, direttore scientifico della Fondazione Magnani-Rocca - è di ricostruire criticamente le fonti comuni dei fratelli de Chirico, mettendo in evidenza affinità, contrasti e interpretazioni del fantastico universo che prende forma nelle loro traduzioni pittoriche, teatrali, letterarie.
A forgiare le menti dei due fratelli, le origini greche, una solida educazione internazionale influenzata dal romanticismo e dal nichilismo tedeschi, dall’avanguardia parigina e dalla cultura classica mediterranea. Si tratta di opere caratterizzate da temi di interesse comune come il viaggio, il mistero del distacco, la struggente commozione del ritorno, gli interrogativi sulla condizione umana, il richiamo al mito, all’antico. Eppure le interpretazioni che i due fratelli ne forniscono divergono, approdando talvolta a risultati stilisticamente distanti.
Le enigmatiche rappresentazioni di Giorgio, con i paesaggi che richiamano i miti dell’antichità, rovine e cavalli, gladiatori in procinto di vivere o morire e ridondanti nature morte, si mescolano all’ironia e al gioco, i cardini intorno ai quali ruota l’estetica di Alberto Savinio. Quest’ultimo, infatti, a differenza del fratello, dimostra un’innata capacità di immettere nei profondi silenzi metafisici la sapiente leggerezza dell’ironia, che si svela attraverso una visionarietà fantastica.
Ed è per questo che nelle sue opere oggetti inanimati ed esseri viventi si uniscono in un’unica rappresentazione colorata e vivace, nella quale forme umane e animali si confondono e si decontestualizzano, catapultate in prospettive impossibili e in un’atmosfera tanto improbabile quanto ludica.
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