Dal 5 maggio al 27 agosto i capolavori dell'artista colombiano al Complesso del Vittoriano

Botero inaugura a Roma una mostra che ripercorre i suoi 50 anni di carriera

Fernando Botero, Picnic, 2001, Olio su tela, 165 x 113 cm | Courtesy of Arthemisia
 

Samantha De Martin

04/05/2017

Roma - Vedere Fernando Botero regalare selfie e sorrisi davanti ai suoi pingui, inconfondibili capolavori, suscita la stessa, intensa, emozione trasmessa dai personaggi dei suoi quadri, monsignori, pagliacci e giocolieri, che ammiccano con bonaria tenerezza a un visitatore decisamente sedotto da tanta colorata, disinvolta sensualità.
L'artista colombiano ha scelto Roma per festeggiare i suoi 85 anni, omaggiando il Complesso del Vittoriano con 50 capolavori, molti dei quali in prestito da tutto il mondo, che ripercorrono in una mostra - in programma dal 5 maggio al 27 agosto - i suoi oltre 50 anni di carriera, dalla prima opera esposta nel 1959, all'ultimo lavoro, realizzato nel 2016.

Attraversando le sale che ospitano le grandi tele, la sensazione è quella di essere avvolti da un sensuale, caloroso abbraccio a colori. Un corteo di figure ammalianti, strette in una composta posa fotografica, sospese in una dimensione onirica, in un perfetto equilibrio tra forme, concetti e nostalgie, proietta il visitatore in un eden primordiale, privo di malizia e di peccato. In realtà il viaggio attraverso l'onirico universo boteriano inizia già nello spazio esterno del museo, dove la gigantesca scultura in bronzo, Cavallo con briglie, saluta visitatori e passanti con la perfetta plasticità volumetrica delle sue generose forme.

In presenza dell'artista, che ha inaugurato l'esposizione a Roma, aggirandosi tra i suoi capolavori come fosse uno dei protagonisti dei suoi quadri, la domanda al maestro non poteva essere che una: perché rappresentare la femminilità attraverso corpi così robusti? «Il problema - ha spiegato Botero - è determinare la fonte del piacere quando si guarda un dipinto. Per me il piacere viene dall'esaltazione della vita che esprime la sensualità delle forme. Per questa ragione il mio problema formale, quando dipingo un uomo, una donna, un bambino, un animale, consiste nel creare sensualità attraverso le forme, generando una comunicazione diretta, immedita con lo spettattore che osserva l'opera».

È uno sguardo distaccato quello dell'artista, che realizza i suoi personaggi senza abbandonarsi ad un reale giudizio. L'atteggiamento che lo induce a descrivere i giocatori di carte e la gente del circo, vescovi e matador, assomiglia a un'aurea mediocritas epicurea, più che a un tentativo di indagine della dimensione morale e psicologica dei soggetti. Le sue figure, estranee ai sentimenti di gioia o dolore, vivono la loro quotidianità, assurgendo a protagonisti di situazioni atipiche, nella loro apparente ovvietà.

La prima delle sette sezioni che descrivono il percorso espositivo - escludendo la sezione dedicata alle sculture - è dedicata all'omaggio fatto da Botero agli antichi maestri, che si traduce nelle tele dedicate a Velázquez, Piero della Francesca, Rubens, Raffaello, dove La Fornarina diventa una delicata donna dalle sensuali forme.
Eppure Botero non imita mai, ricrea a modo suo, dando vita e forme a immagini che ambiscono a una loro autonomia, reinterpreta rendendo omaggio a dipinti celeberrimi dei quali fa rivivere lo spirito, a secoli di distanza.

Le nature morte, oggetti inanimati ai quali l'artista cerca comunque di conferire un'immagine autentica, caratterizzano la seconda sezione della mostra. È soprattutto il colore ad offrire a mele, arance, bottiglie, tavoli e caraffe un raffinato equilibrio che ricorda le composizioni di Francisco de Zurbarán o di Paul Cézanne.

La sezione dedicata alla religione è forse un esempio di come la pratica del soprannaturale che permea la quotidianità si traduca in sorpresa, in contemplazione estatica. Di fronte a uno straordinario Cardinale addormentato o alla Passeggiata in collina - dove un monsignore che recita il rosario si muove nel verde «con la gonfia leggerezza di una nuvola e con la maestosa compostezza ce l'abito impone», il visitatore non può che sorridere con lo sguardo incatenato a questo delicato universo di figure la cui dolcezza cattura il cuore.

Anche nei dipinti legati al potere - che caratterizzano la sezione politica - Botero, nel descrivere militari, ministri, presidenti e ambasciatori non intende lasciar trapelare il proprio punto di vista. Ad attrarlo è piuttosto l'eleganza degli abiti sgargianti delle first lady, lo sfarzo barocco degli ambienti, come si evince dal ritratto de Il Presidente e i suoi ministri.

«Si ritrova nella mia pittura - dice Botero - un mondo che ho conosciuto quando ero molto giovane, nella mia terra. Si tratta di una specie di nostalgia e io ne ho fatto l'aspetto centrale del mio lavoro». Questa nostalgia è un elemento centrale nella sezione dedicata alla vita latino-americana, dove scene di vita quotidiana consegnano allo spettatore paesaggi incantati, personaggi e azioni caratterizzati da una lenta armonia che stabiliscono con lo spettatore un empatico dialogo.
Gli innamorati del Picnic, abbandonati sul prato con il loro aspetto placido e trasognato ne sono uno straordinario esempio.

Le sale dedicate ai nudi e al circo chiudono il percorso. I colori, i movimenti, i gesti che ritraggono i circensi nella loro routine quotidiana fatta di fatiche e momenti conviviali, trovano in Pierrot, nel Contorsionista, ne I Musici e in un dolcissimo Pagliaccio la loro espressione più alta. D'altra parte il luogo dello stupore per eccellenza non poteva non trovar posto tra le tele dell'artista colombiano che, come sottolinea Rudy Chiappini, che ha curato la mostra in stretta collaborazione con Botero, «ha avuto come stella polare la riconoscibilità e la coerenza, restando fedele a uno stile e a una pittura divenute inconfondibili». «Se a prima vista - continua Chiappini - a colpirci è l'inconfondibilità del suo stile, occorre immaginare che al di là della perfezione e dell'eleganza di un linguaggio sempre misurato sta l'inquietudine di una vita trascorsa, la pienezza di una partecipazione sentimentale mai gridata, ma non per questo meno intensa».

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