Con Luigi Gallo alla scoperta la mostra in corso fino al 10 aprile a Roma
Quei capolavori salvati dalla guerra che raccontano la nostra identità. Alle Scuderie del Quirinale in mostra l'arte liberata
Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra, Allestimento | Foto: © Alberto Novelli
Samantha De Martin
21/12/2022
Roma - C’è la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca dalla Galleria Nazionale delle Marche, rimasta a lungo nascosta, assieme alla Tempesta di Giorgione, sotto il letto della camera che un giovane Pasquale Rotondi condivideva con la moglie.
Il soprintendente delle Marche incaricato di mettere in salvo nei depositi di Sassocorvaro e Carpegna capolavori provenienti da Venezia, Milano, Urbino e Roma, per un totale di circa diecimila opere sotto la sua custodia, trascorse notti insonni pur di sorvegliare queste opere sottratte alla guerra.
Questo straordinario salvatore del patrimonio, uomo d’azione e caso esemplare nella formazione di un’identità professionale degli storici dell’arte italiani, è uno dei tanti angeli silenziosi che si sono resi interpreti di una grande impresa di salvaguardia del patrimonio artistico-culturale durante la Seconda Guerra Mondiale, precisamente tra il 1937 e il 1947.
La mostra in corso alle Scuderie del Quirinale fino al 10 aprile dal titolo Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra, curata da Luigi Gallo e Raffaella Morselli e organizzata dalle stesse Scuderie in collaborazione con la Galleria Nazionale delle Marche, l’ICCD – Istituto Centrale per il catalogo e la Documentazione e l’Archivio Luce – Cinecittà, dà conto di questa straordinaria impresa di salvaguardia lunga un decennio.
Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra, Allestimento | Foto: © Alberto Novelli
Una selezione di oltre cento capolavori salvati durante il conflitto - riuniti grazie alla collaborazione di quaranta tra musei e Istituti - tesse un racconto avvincente di un momento drammatico per il nostro Paese. Capolavori straordinari come il Discobolo Lancellotti, la Danae di Tiziano Vecellio - trafugata nel 1943 e appesa nella camera da letto di Göring prima di essere recuperata, e ancora lavori come Santa Palazia del Guercino, la Madonna in trono del Riccio dalla Cà d’Oro, si intrecciano alle circa centoquaranta riproduzioni fotografiche e ai documenti storici, filmati d’epoca, testimonianze significative di una delle pagine più drammatiche della storia del nostro Paese.
Fulcro del progetto espositivo è l’azione lungimirante di quei Soprintendenti e funzionari dell'amministrazione delle Belle Arti - spesso messi forzatamente a riposo dopo aver rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò - che, supportati da storici dell’arte e rappresentanti delle gerarchie vaticane, si resero interpreti, come Pasquale Rotondi, di una grande impresa di salvaguardia del patrimonio artistico-culturale.
Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Emilio Lavagnino, Vincenzo Moschini, Fernanda Wittgens, Noemi Gabrielli, Aldo de Rinaldis, Bruno Molajoli, Francesco Arcangeli, Jole Bovio e Rodolfo Siviero furono alcuni dei protagonisti che, con mezzi limitati, presero coscienza della minaccia che incombeva sulle opere d’arte, schierandosi in prima linea per scongiurarla, consapevoli del valore educativo, identitario e comunitario dell’arte.
Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra, Allestimento | Foto: © Alberto Novelli
“Si tratta di una mostra che parla della nostra identità - spiega Luigi Gallo, direttore della Galleria Nazionale delle Marche e curatore dell'esposizione assieme a Raffaella Morselli -. La selezione delle opere, affatto casuale, è stata fatta su una rigorosa indagine d’archivio che parte dagli inventari, dalle liste stilate dai direttori e dai soprintendenti dell’epoca, dai loro diari e dalle fotografie storiche che rappresentavano questi lavori. Il 1937 è la data dell’acquisto del Discobolo, il 1947 quella delle restituzione della Danae di Tiziano, che alle Scuderie chiude il percorso espositivo. In mezzo c’è la guerra. Abbiamo utilizzato tre approcci diversi secondo un criterio rigorosissimo. Abbiamo elaborato una lista di decine di lavori appartenenti al patrimonio salvato, che abbiamo condiviso con i musei prestatori cercando di trovare le soluzioni migliori anche rispetto alla tutela delle opere esposte. Mediamente i musei hanno prestato dalle due alle cinque opere. La Galleria Nazionale delle Marche è partner nell’organizzazione di questa mostra e lo è proprio perché uno degli interpreti principali che ha organizzato il più grande dei depositi nazionali è stato Pasquale Rotondi, lo storico direttore di Palazzo Ducale di Urbino, Soprintendente delle Marche dal 1939 al 1949 circa. Io ho lavorato a questa mostra partendo dalla figura di Rotondi del quale peraltro occupo anche in questo istante la scrivania, quindi mi sembrava giusto che Palazzo Ducale partecipasse all'iniziativa con un prestito importante”.
Delle cinquanta opere arrivate alle Scuderie del Quirinale per raccontare il lavoro di Rotondi e la sua straordinaria raccolta di materiali, tredici sono state infatti prestate dalla Galleria Nazionale delle Marche. Tra le storie avvincenti che si dipanano in mostra attraverso tre principali filoni narrativi, c’è, al centro del primo nucleo, quella che riguarda le esportazioni forzate e il mercato dell’arte. Il percorso guarda infatti all’alterazione subita dal mercato all’indomani della stipulazione dell’asse Roma-Berlino. Per assecondare le brame collezionistiche di Adolf Hitler e di Hermann Göring, i gerarchi fascisti favorirono il permesso di cessione di importanti opere d’arte, anche sotto vincolo.
Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra, Allestimento | Foto: © Alberto Novelli
“É questo il caso del Discobolo Lancellotti - spiega Gallo - parte delle opere acquistate forzatamente da Hitler nonostante fosse sotto vincolo dal 1909. Hitler vide nel Discobolo l’ideale perfetto della bellezza ariana. E nonostante il ministro si fosse opposto, l’opera partì per la Germania e nel 1938 venne donata al popolo tedesco ed esposta a Monaco di Baviera per ritornare solo nel 1948 grazie all’intercessione di Rodolfo Siviero, un autentico 007 dell’arte”.
Il secondo nucleo della mostra - Spostamenti e ricoveri - trova principio nel 1939, quando, con l’invasione della Polonia da parte di Hitler, il ministro dell’educazione Giuseppe Bottai mise in atto le operazioni di messa in sicurezza del patrimonio culturale, elaborando un piano per lo spostamento dei capolavori. Da qui il percorso intreccia molte storie, dai rapporti tra i sovrintendenti italiani e il Vaticano all’ impegno fondamentale di curatrici donne come Fernanda Wittgens, Palma Bucarelli, Noemi Gabrielli, Jole Bovio. Pasquale Rotondi, il giovane soprintendente delle Marche che, incaricato di approntare un deposito nazionale, mise in salvo diverse opere, ricopre in questa sezione un ruolo chiave.
“Nel giro di un mese - continua il direttore della Galleria Nazionale delle Marche - Raimondi è riuscito a mettere in salvo seimila opere infilando tutto dentro casse che mise in deposito tra Sassocorvaro, Carpegna e Urbino. Non fu affatto un diplomatico. Arrivò a Urbino nell’ottobre del 1939 e fu incaricato di realizzare depositi con rudimentali sistemi antincendio, antifurto, il tutto comprato con soldi in prestito, facendo anche dei buffi perché il ministero non inviava denaro. Si trovava spesso a spostare le opere con camion presi in prestito. Fu così anche per Emilio Lavagnino che si spostava per tutto il Lazio a bordo di una Topolino, chiedendo in prestito le ruote a Palma Bucarelli. Sono persone che hanno anteposto il patrimonio alla loro stessa vita”.
Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra, Allestimento | Foto: © Alberto Novelli
Il fil rouge della mostra alle Scuderie è l’amore per l’arte che contraddistingue tutti questi eroi della salvaguardia del patrimonio mondiale, giovani sovrintendenti italiani che hanno considerato il patrimonio come la spina dorsale dell’identità nazionale.
“La fine del conflitto e le restituzioni”, titolo del terzo e ultimo filone del percorso, snocciola le missioni per il recupero e la salvaguardia delle opere trafugate al termine della guerra. Ai funzionari italiani si affiancarono gli uomini della “Monuments, Fine Arts, and Archives Program” (MFAA), una task force composta da professionisti dell’arte provenienti da tredici paesi differenti e messa in piedi dagli Alleati durante il secondo conflitto mondiale per proteggere i beni culturali e le opere d’arte nelle zone di guerra. È dall’esperienza di quegli appassionati storici dell’arte che si origina un nuovo modo di intendere la tutela e la valorizzazione dei Beni Culturali, a partire dalla fondazione dell’attuale Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.
Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra, Allestimento | Foto: © Alberto Novelli
Oltre a essere protagonista a Roma fino al 10 aprile nell’ambito della mostra dedicata all’arte liberata, la Galleria Nazionale delle Marche guarda con entusiamo, con il suo direttore, agli appuntamenti del nuovo anno.
“Per il 2023 - annuncia Luigi Gallo - stiamo preparando due iniziative espositive. La prima mostra, curata da Luca Molinari, e che aprirà nel mese di maggio, è dedicata a Palazzo Ducale come oggetto di riflessione per gli architetti. A settembre avremo invece un percorso dedicato ai tesori dei nostri depositi, pezzi di grandi dimensioni, mai esposti al pubblico, che stiamo facendo restaurare e che provengono dal territorio, ricoverati in deposito. Contestualmente sto preparando una mostra a mia cura che aprirà nel 2024 dedicata a Federico Barocci, il grande interprete della pittura urbinate. E ancora, dopo l’apertura del secondo piano nello scorso mese di luglio, Palazzo Ducale, vedrà, nei prossimi due anni, integralmente riallestito il piano nobile”.
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Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Emilio Lavagnino, Vincenzo Moschini, Fernanda Wittgens, Noemi Gabrielli, Aldo de Rinaldis, Bruno Molajoli, Francesco Arcangeli, Jole Bovio e Rodolfo Siviero furono alcuni dei protagonisti che, con mezzi limitati, presero coscienza della minaccia che incombeva sulle opere d’arte, schierandosi in prima linea per scongiurarla, consapevoli del valore educativo, identitario e comunitario dell’arte.
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“Si tratta di una mostra che parla della nostra identità - spiega Luigi Gallo, direttore della Galleria Nazionale delle Marche e curatore dell'esposizione assieme a Raffaella Morselli -. La selezione delle opere, affatto casuale, è stata fatta su una rigorosa indagine d’archivio che parte dagli inventari, dalle liste stilate dai direttori e dai soprintendenti dell’epoca, dai loro diari e dalle fotografie storiche che rappresentavano questi lavori. Il 1937 è la data dell’acquisto del Discobolo, il 1947 quella delle restituzione della Danae di Tiziano, che alle Scuderie chiude il percorso espositivo. In mezzo c’è la guerra. Abbiamo utilizzato tre approcci diversi secondo un criterio rigorosissimo. Abbiamo elaborato una lista di decine di lavori appartenenti al patrimonio salvato, che abbiamo condiviso con i musei prestatori cercando di trovare le soluzioni migliori anche rispetto alla tutela delle opere esposte. Mediamente i musei hanno prestato dalle due alle cinque opere. La Galleria Nazionale delle Marche è partner nell’organizzazione di questa mostra e lo è proprio perché uno degli interpreti principali che ha organizzato il più grande dei depositi nazionali è stato Pasquale Rotondi, lo storico direttore di Palazzo Ducale di Urbino, Soprintendente delle Marche dal 1939 al 1949 circa. Io ho lavorato a questa mostra partendo dalla figura di Rotondi del quale peraltro occupo anche in questo istante la scrivania, quindi mi sembrava giusto che Palazzo Ducale partecipasse all'iniziativa con un prestito importante”.
Delle cinquanta opere arrivate alle Scuderie del Quirinale per raccontare il lavoro di Rotondi e la sua straordinaria raccolta di materiali, tredici sono state infatti prestate dalla Galleria Nazionale delle Marche. Tra le storie avvincenti che si dipanano in mostra attraverso tre principali filoni narrativi, c’è, al centro del primo nucleo, quella che riguarda le esportazioni forzate e il mercato dell’arte. Il percorso guarda infatti all’alterazione subita dal mercato all’indomani della stipulazione dell’asse Roma-Berlino. Per assecondare le brame collezionistiche di Adolf Hitler e di Hermann Göring, i gerarchi fascisti favorirono il permesso di cessione di importanti opere d’arte, anche sotto vincolo.
Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra, Allestimento | Foto: © Alberto Novelli
“É questo il caso del Discobolo Lancellotti - spiega Gallo - parte delle opere acquistate forzatamente da Hitler nonostante fosse sotto vincolo dal 1909. Hitler vide nel Discobolo l’ideale perfetto della bellezza ariana. E nonostante il ministro si fosse opposto, l’opera partì per la Germania e nel 1938 venne donata al popolo tedesco ed esposta a Monaco di Baviera per ritornare solo nel 1948 grazie all’intercessione di Rodolfo Siviero, un autentico 007 dell’arte”.
Il secondo nucleo della mostra - Spostamenti e ricoveri - trova principio nel 1939, quando, con l’invasione della Polonia da parte di Hitler, il ministro dell’educazione Giuseppe Bottai mise in atto le operazioni di messa in sicurezza del patrimonio culturale, elaborando un piano per lo spostamento dei capolavori. Da qui il percorso intreccia molte storie, dai rapporti tra i sovrintendenti italiani e il Vaticano all’ impegno fondamentale di curatrici donne come Fernanda Wittgens, Palma Bucarelli, Noemi Gabrielli, Jole Bovio. Pasquale Rotondi, il giovane soprintendente delle Marche che, incaricato di approntare un deposito nazionale, mise in salvo diverse opere, ricopre in questa sezione un ruolo chiave.
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Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra, Allestimento | Foto: © Alberto Novelli
Oltre a essere protagonista a Roma fino al 10 aprile nell’ambito della mostra dedicata all’arte liberata, la Galleria Nazionale delle Marche guarda con entusiamo, con il suo direttore, agli appuntamenti del nuovo anno.
“Per il 2023 - annuncia Luigi Gallo - stiamo preparando due iniziative espositive. La prima mostra, curata da Luca Molinari, e che aprirà nel mese di maggio, è dedicata a Palazzo Ducale come oggetto di riflessione per gli architetti. A settembre avremo invece un percorso dedicato ai tesori dei nostri depositi, pezzi di grandi dimensioni, mai esposti al pubblico, che stiamo facendo restaurare e che provengono dal territorio, ricoverati in deposito. Contestualmente sto preparando una mostra a mia cura che aprirà nel 2024 dedicata a Federico Barocci, il grande interprete della pittura urbinate. E ancora, dopo l’apertura del secondo piano nello scorso mese di luglio, Palazzo Ducale, vedrà, nei prossimi due anni, integralmente riallestito il piano nobile”.
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