Dal 28 settembre al 18 novembre, in mostra le installazioni ambientali di Caline Aoun
Seeing is believing. Al MAXXI la Deutsche Bank’s Artist of the Year
Caline Aoun seeing is believing Dettaglio della mostra al MAXXI, 2018 Foto Cecilia Fiorenza courtesy Fondazione MAXXI
Francesca Grego
28/09/2018
Roma - Trasformare in immagine l’invisibile e riflettere sul flusso di informazioni ininterrotto che, nell’era del digitale, pervade la nostra quotidianità in bilico tra sovrabbondanza e dispersione. È l’obiettivo di Caline Aoun, giovane artista libanese di stanza tra Londra e Beirut, vincitrice del premio Deutsche Bank’s Artist of the Year 2018/19.
Con due grandi installazioni ambientali, più opere su rame e carta di riso, Auoun approda al MAXXI di Roma per la sua prima personale italiana. Frutto della sinergia del museo romano con Deutsche Bank, la mostra si inserisce nel programma Expanding the Horizon, che la Fondazione MAXXI dedica alle collaborazioni internazionali con istituzioni culturali e collezioni private.
“I porti (e i muri) sono diventati simboli di paura, di chiusura”, spiega Giovanna Melandri, presidente della Fondazione MAXXI : “Ma la creatività, a volte, penetra i movimenti storici più dei dossier diplomatici. Ecco la forza di Caline Aoun: la sua visione mescola Est e Ovest, Nord e Sud, l’Europa delle cancellerie e il Mediterraneo dei barconi. Non a caso i suoi lavori ci guardano dai moli della nativa Beirut, terra dai molti confini, geografici e spirituali. La frontiera su cui ci attira la ‘Artist of the Year’ 2018 / 2019 scelta da Deutsche Bank è l’universo della comunicazione digitale, sublimazione continua di oggetti, immagini e identità. Già presente nella mostra Home Beirut, Sounding the Neighbors (terza tappa del periplo che ha condotto al MAXXI i fermenti di Teheran, Istanbul e Beirut), a lei si deve un tassello speciale nella ricerca avviata dal museo fra i mondi più fertili della scena internazionale. Porti aperti e muri frantumati: il nostro contributo per diffondere arti e saperi, per dare un’anima alle tecnologie, ad una globalizzazione che impaurisce e impietrisce”.
Nel percorso studiato appositamente per gli spazi del MAXXI, muri coperti di carta di riso dialogano con riprese live del mare del Libano proiettate su pagine che fluttuano al nostro passaggio. La telecamera punta sul fondale dove passano i cavi della rete di telecomunicazioni, strade sommerse su cui in ogni attimo una mole sconfinata di dati viaggia in tempo reale. Intorno, fogli di carta di riso impregnati di pigmenti: dal nero più intenso alla totale assenza di colore, l’immagine si scompone gradualmente, fino a scomparire del tutto (Contemplating dispersions, 536 ml, 2018).
Grazie all’opera di Aoun, lo sfinimento dell’immagine e l’esperienza del transitorio si fanno tangibili e materiali, come il peso della circolazione delle informazioni nel sistema globale.
L’invisibile si fa concreto anche in Fountain, The ripples on the surface on duration (2018), dove residui di inchiostro dei processi di stampa suggeriscono l’idea del gocciolio di dati come un rumore perpetuo e ciclico che fa da sfondo alle nostre vite, e nell’altra installazione immersiva Heavy duration, brief glance (2018), dove uno spazio illusorio di cartapesta si trasforma e si dissipa nell’interazione con i visitatori.
“La natura astratta del mio lavoro – ha spiegato l’artista – mi porta a riflettere su quanto siamo esposti a un sovraccarico di informazioni e immagini del mondo. In questo modo non vediamo di più, ma vediamo di meno”.
Curata da Britta Färber del dipartimento Art, Culture and Sports di Deutsche Bank e Anne Palopoli del MAXXI; dopo il debutto romano (28 settembre-18 novembre) la mostra seeing is believing si trasferirà al PalaisPopulaire, il nuovo Forum di Deutsche Bank dedicato all’arte, alla cultura e allo sport appena inaugurato nel cuore di Berlino.
Leggi anche:
• Da Pistoletto a Enzo Cucchi, in mostra al MAXXI la collezione di San Patrignano
Con due grandi installazioni ambientali, più opere su rame e carta di riso, Auoun approda al MAXXI di Roma per la sua prima personale italiana. Frutto della sinergia del museo romano con Deutsche Bank, la mostra si inserisce nel programma Expanding the Horizon, che la Fondazione MAXXI dedica alle collaborazioni internazionali con istituzioni culturali e collezioni private.
“I porti (e i muri) sono diventati simboli di paura, di chiusura”, spiega Giovanna Melandri, presidente della Fondazione MAXXI : “Ma la creatività, a volte, penetra i movimenti storici più dei dossier diplomatici. Ecco la forza di Caline Aoun: la sua visione mescola Est e Ovest, Nord e Sud, l’Europa delle cancellerie e il Mediterraneo dei barconi. Non a caso i suoi lavori ci guardano dai moli della nativa Beirut, terra dai molti confini, geografici e spirituali. La frontiera su cui ci attira la ‘Artist of the Year’ 2018 / 2019 scelta da Deutsche Bank è l’universo della comunicazione digitale, sublimazione continua di oggetti, immagini e identità. Già presente nella mostra Home Beirut, Sounding the Neighbors (terza tappa del periplo che ha condotto al MAXXI i fermenti di Teheran, Istanbul e Beirut), a lei si deve un tassello speciale nella ricerca avviata dal museo fra i mondi più fertili della scena internazionale. Porti aperti e muri frantumati: il nostro contributo per diffondere arti e saperi, per dare un’anima alle tecnologie, ad una globalizzazione che impaurisce e impietrisce”.
Nel percorso studiato appositamente per gli spazi del MAXXI, muri coperti di carta di riso dialogano con riprese live del mare del Libano proiettate su pagine che fluttuano al nostro passaggio. La telecamera punta sul fondale dove passano i cavi della rete di telecomunicazioni, strade sommerse su cui in ogni attimo una mole sconfinata di dati viaggia in tempo reale. Intorno, fogli di carta di riso impregnati di pigmenti: dal nero più intenso alla totale assenza di colore, l’immagine si scompone gradualmente, fino a scomparire del tutto (Contemplating dispersions, 536 ml, 2018).
Grazie all’opera di Aoun, lo sfinimento dell’immagine e l’esperienza del transitorio si fanno tangibili e materiali, come il peso della circolazione delle informazioni nel sistema globale.
L’invisibile si fa concreto anche in Fountain, The ripples on the surface on duration (2018), dove residui di inchiostro dei processi di stampa suggeriscono l’idea del gocciolio di dati come un rumore perpetuo e ciclico che fa da sfondo alle nostre vite, e nell’altra installazione immersiva Heavy duration, brief glance (2018), dove uno spazio illusorio di cartapesta si trasforma e si dissipa nell’interazione con i visitatori.
“La natura astratta del mio lavoro – ha spiegato l’artista – mi porta a riflettere su quanto siamo esposti a un sovraccarico di informazioni e immagini del mondo. In questo modo non vediamo di più, ma vediamo di meno”.
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