Apertura della galleria Paolo Antonacci a Roma

© Baldo Diodato (part.)

 

Dal 09 Febbraio 2017 al 28 Marzo 2017

Roma

Luogo: Galleria Paolo Antonacci

Indirizzo: via Alibert 16a

Orari: lun-ven 10-14 / 15-19; sab 10-13

Telefono per informazioni: +39 06 32651679

E-Mail info: info@paoloantonacci.com

Sito ufficiale: http://www.paoloantonacci.com



Una grande festa, un’opera d’arte commissionata per l’occasione a Baldo Diodato e una collezione di importanti acquerelli della Scuola di Posillipo saluteranno, giovedì 9 febbraio, l’apertura della  galleria Paolo Antonacci al 16a di via Alibert, tratto di strada carico di storia che congiunge via del Babuino a via Margutta.
 
L’evento, al di là della cornice piacevolmente mondana, è un importante indicatore del nuovo assetto verso cui si sta indirizzando la geografia commerciale del centro storico di Roma. “Via del Babuino è stata lo scenario di quarant’anni di lavoro svolto con vera passione: prima al civico 146, nella galleria fondata nel 1916 da mio nonno Emanuele, poi al 141a, e la decisione di lasciarla non è stata presa a cuor leggero.” - spiega Paolo Antonacci, uno dei venti mercanti d’arte italiani ammessi al TEFAF di Maastricht, la più importante rassegna antiquariale del mondo – “Oggi però quella che un tempo fu la sede delle migliori gallerie d’arte della capitale è diventata la strada della moda, ne ho preso atto e ho voltato pagina.”

Significativa e colma di promesse la scelta del bellissimo spazio che accoglierà la nuova galleria. Situato di fronte al sito un tempo occupato dal celebre Teatro Alibert, il locale ha sempre ospitato attività centrali nello svolgimento della vita artistica romana. In particolare, alla fine dell’800 Nanna Aliberti - probabilmente da identificarsi con Anna Ascari, la modella di Feuerbach – vi aveva aperto una trattoria subito diventata uno dei luoghi d’incontro prediletti dalla cosmopolita comunità degli artisti residenti a Roma.
 
“Via Margutta entra in galleria: camminamento su rame”: l’installazione commissionata a Baldo Diodato.

Roma è la città in cui l’incessante stratificazione della storia crea sovrapposizioni e incontri altrove improbabili. Il passato è una presenza tangibile e familiare per i suoi abitanti e può accadere con facilità quello che è successo a Paolo Antonacci: “È stato commovente scoprire che molti degli artisti regolarmente trattati dalla nostra galleria avevano frequentato il locale scelto per la nuova sede e abbiamo deciso di affidare a un artista contemporaneo, Baldo Diodato, il compito di raccontare quest’emozione”.

Un rapporto in apparenza ben strano quello tra il committente antiquario, imprescindibile punto di riferimento per i collezionisti di vedute e pittura del Grand Tour, e l’artista formatosi negli ambienti dell’avanguardia napoletana primi anni ’60 accanto ad Achille Bonito Oliva, il critico che ha seguito la parabola della sua lunga carriera e ha curato, la scorsa primavera, la retrospettiva dedicatagli dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Eppure la strana coppia è il simbolo perfetto del filo mai interrotto tra storia e contemporaneità che è la cifra dell’ambiente urbano romano.
 
Il punto di convergenza tra Antonacci e Diodato non sfugge a chi conosce la ricerca dell’artista, uno che da posizioni d’avanguardia è capace di riportare il passato nel presente e ribaltarlo verso il futuro (Achille Bonito Oliva). Da quando è rientrato in Italia, i suoi tipici frottage su telafatti produrre da inconsapevoli pedoni di New York, la città in cui l’artista è vissuto dal 1966 al 1991, si sono trasformati in calchi della storia. Un’evoluzione inevitabilmente indotta dal cambio di ambiente. A New York, l’obiettivo di registrare l’incessante flusso di umanità che è il segno distintivo di una metropoli era stato raggiunto stendendo nei luoghi del passaggio pedonale grandi teli coperti di pigmenti colorati, in modo che la gente, calpestandoli, lasciasse traccia dei propri passi. A Roma, il supporto tessile è stato sostituito da lastre di metallo duttile e resistente, alluminio o rame, fatte aderire alle pavimentazioni del centro e poi maltrattate, percosse, esposte al transito dell’uomo e dei veicoli di cui si serve in modo da produrre sensibili pellicole scultoree capaci di captare il secolare calpestio delle antiche strade. Anche l’opera realizzata per Paolo Antonacci è un calco di strada, di via Margutta, per la precisione.  Essa si compone di otto lastre di rame di un metro per un metro che saranno disposte sul pavimento partendo dall’ingresso, in modo da simulare una sorta di irruzione all’interno della galleria della celebre strada degli artisti con tutto il suo carico di storia. Attorno all’installazione d’avanguardia che cerca di raccogliere nel presente il flusso di un potente passato sarà disposta una collezione di acquarelli firmati dai più importanti esponenti della Scuola di Posillipo.

Una collezione di acquerelli della Scuola di Posillipo
 
La raccolta, costituita da un collezionista romano, è focalizzata sul gruppo di paesaggisti che, nella Napoli della prima metà dell’Ottocento, si riuniva attorno alla figura dell’olandese Anton Smink van Pitloo accogliendo gli umori romantici e lirici della sua pittura catturata, per la prima volta, en plein air. Una pittura assai ricercata dai forestieri in visita a Posillipo, il quartiere più turistico della città, che valse al movimento quella denominazione di Scuola di Posillipo data inizialmente per scherno dai pittori accademici.   
Tra le opere in mostra spiccano i nomi dei principali seguaci di Pitloo:  Achille Vianelli, Salvatore Fergola, Vincenzo Migliaro e, soprattutto, Giacinto Gigante, uno dei vertici della pittura napoletana del XIX secolo.
 
Inaugurazione: giovedì 9 febbraio 2017 dalle ore 18,30


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