Adriana Filippi, pittrice partigiana
Dal 25 Aprile 2014 al 02 Giugno 2014
Trieste
Luogo: Civico Museo dell Risiera di San Sabba - Monumento Nazionale
Indirizzo: via Giovanni Palatucci 5
Orari: titti i giorni 9-19
Enti promotori:
- Comune di Trieste
- Comune di Boves
- Scuola di pace di Boves
Costo del biglietto: risierasansabba@comune.trieste.it
Telefono per informazioni: +39 040 826202
E-Mail info: risierasansabba@comune.trieste.it
Sito ufficiale: http://www.risierasansabba.it
144 opere (disegni, pastelli ed oli) eseguite tra il 1943 e il 1945 dal vero, nel tempo e sul luogo dell'azione della Resistenza sulla Bisalta in Piemonte, resi visibili in formato digitale.
Adriana Filippi, Cavaliere al Merito della Repubblica, sia come partigiana, sia come artista tra i partigiani, ha riportato su tela, con tocco estremamente sensibile, momenti tragici di quell’infausto periodo di dominazione nazifascista.La pittrice nasce a Torino il 25/09/1909 e muore a Roma il 03/03/1982.Appena diplomata, all’Accademia Fiorentina delle Belle Arti, lascia la residenza torinese perché già sotto i bombardamenti e si trasferisce con la madre Mariangela, compagna inseparabile, a S. Giacomo di Boves, in veste di insegnante presso la locale scuola elementare.Sopravvenuta la guerra di Liberazione, mamma e figlia rimangono in quella località isolata e così l’11 settembre del 1943 vedono giungere i primi sbandati, seguiti il 15 da contingenti d’ufficiali e di soldati con un cannone; il 19 settembre assistono all’eccidio di Boves, prima rappresaglia nazista contro la presenza nei dintorni montani di gran parte della IV Armata.La si può definire come un reporter di guerra con cavalletto e pennello: nei suoi quadri sono colte le scene più umane, cariche d’amore ma anche di pericolo.Adriana Filippi, insieme alla madre, cerca di aiutare e portare conforto ai partigiani: la loro modesta casa viene trasformata in un piccolo ospedale ed ambulatorio, improvvisandosi infermiere, avvalendosi di mezzi di fortuna e ricorrendo anche all’uncinetto per estrarre schegge dalle ferite. Il presidente della Repubblica Sandro Pertini ha parlato di Adriana Filippi nel Novembre 1978, visitando la città di Boves e definendo la sua opera “ un grande affresco di storia popolare che balza fuori dai ritratti, dalle scene di guerra, dai quadri di ambiente; è la testimonianza migliore, resa senza enfasi o retorica, delle realtà di un movimento che nacque dalla rivolta di uomini semplici mossi esclusivamente da un’esigenza di libertà e giustizia”
Adriana Filippi, Cavaliere al Merito della Repubblica, sia come partigiana, sia come artista tra i partigiani, ha riportato su tela, con tocco estremamente sensibile, momenti tragici di quell’infausto periodo di dominazione nazifascista.La pittrice nasce a Torino il 25/09/1909 e muore a Roma il 03/03/1982.Appena diplomata, all’Accademia Fiorentina delle Belle Arti, lascia la residenza torinese perché già sotto i bombardamenti e si trasferisce con la madre Mariangela, compagna inseparabile, a S. Giacomo di Boves, in veste di insegnante presso la locale scuola elementare.Sopravvenuta la guerra di Liberazione, mamma e figlia rimangono in quella località isolata e così l’11 settembre del 1943 vedono giungere i primi sbandati, seguiti il 15 da contingenti d’ufficiali e di soldati con un cannone; il 19 settembre assistono all’eccidio di Boves, prima rappresaglia nazista contro la presenza nei dintorni montani di gran parte della IV Armata.La si può definire come un reporter di guerra con cavalletto e pennello: nei suoi quadri sono colte le scene più umane, cariche d’amore ma anche di pericolo.Adriana Filippi, insieme alla madre, cerca di aiutare e portare conforto ai partigiani: la loro modesta casa viene trasformata in un piccolo ospedale ed ambulatorio, improvvisandosi infermiere, avvalendosi di mezzi di fortuna e ricorrendo anche all’uncinetto per estrarre schegge dalle ferite. Il presidente della Repubblica Sandro Pertini ha parlato di Adriana Filippi nel Novembre 1978, visitando la città di Boves e definendo la sua opera “ un grande affresco di storia popolare che balza fuori dai ritratti, dalle scene di guerra, dai quadri di ambiente; è la testimonianza migliore, resa senza enfasi o retorica, delle realtà di un movimento che nacque dalla rivolta di uomini semplici mossi esclusivamente da un’esigenza di libertà e giustizia”
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