LUCI E OMBRE A SUTRI. Da Mattia Preti a Fortunato Depero

Mattia Preti, Erminia trova Tancredi ferito

 

Dal 09 Maggio 2021 al 10 Gennaio 2022

Sutri | Viterbo

Luogo: Museo di Palazzo Doebbing

Indirizzo: Piazza Del Duomo

Orari: dal Martedì alla Domenica dalle 10:00 alle 18:00, la biglietteria chiude mezz’ora prima

Enti promotori:

  • Città di Sutri

Costo del biglietto: intero 10 €, ridotto 8 € (Gruppi superiori alle 20 persone, soci Ali, docenti, ragazzi da 13 a 18 anni, forze dell’ordine), residenti nel Comune di Sutri 5 €, gratuito (ragazzi fino a 12 anni, disabili e accompagnatore, giornalisti accreditati)

Telefono per informazioni: +39 07611840180

E-Mail info: museopalazzodoebbing@gmail.com


Ritorna a Sutri, presso il Museo di Palazzo Doebbing, l’ormai consueto appuntamento con i capolavori dell’arte in occasione della nuova stagione espositiva con la mostra dal titolo Luci e ombre a Sutri. Da Mattia Preti a Depero.

La mostra, ideata da Vittorio Sgarbi e prodotta da Contemplazioni, è stata possibile grazie a Intesa Sanpaolo.

«Intesa Sanpaolo crede fortemente nel valore strategico che la cultura ha per il rilancio del Paese e nel ruolo chiave che riveste per la rinascita dei territori, anche per i valori immateriali che sa generare in termini di coesione sociale e valorizzazione delle tradizioni - dichiara Pierluigi Monceri, direttore regionale Lazio e Abruzzo -. Anche in questa fase di ripartenza, il Gruppo continua a essere al fianco di imprese e famiglie impegnando quotidianamente le proprie risorse finanziarie, senza far mai mancare il proprio apporto alla valorizzazione culturale e artistica, fondamento del progresso civile, e il sostegno a questa mostra ne è un’ulteriore conferma.»

Un viaggio nell’arte carico di suggestioni e mistero, meraviglia e stupore, tradizione e innovazione.

Vittorio Sgarbi racconta così l’ambizioso progetto espositivo «Che si tratti di luci e ombre lo fa intendere la scelta del primo artista: Mattia Preti. La lezione di Caravaggio è in queste opere ancora molto viva. Il processo di Mattia Preti è evidente: mettere in scena Caravaggio, renderlo teatrale, in una premonizione del melodramma. Dall’altro capo del percorso troviamo Fortunato Depero. Il pittore futurista che più di tutti orientò le sue invenzioni nella direzione della promozione pubblicitaria. Certamente utile è, in questa occasione, misurare la concentrazione espressiva di Depero con alcuni incunaboli delle avanguardie futuriste quali sono le opere rare di Julius Evola. Oggi appare incontestabile la forza creativa e originale di Evola, il più importante esponente italiano del dadaismo. Nella mostra di Sutri si conferma la sua grande tensione interiore che prende le distanze dal movimento futurista, la sua ricerca può essere intesa come “astrattismo mistico”. Usciti da questa dimensione sperimentale, si passa alla visione descrittiva, oltre le avanguardie, di un artista come Alberto Magri, con un ritorno alla tradizione, ai pittori primitivi, a Giotto e a Sassetta, pur attraverso sintesi formali, abbreviazioni, di originale verginità, ma che si avvantaggiano delle ricerche di Depero o di Eugenio Tavolara, per elaborare un linguaggio in codice oltre il rischio dell’illustrazione. Parallelamente a Magri procede, con un più profondo umanesimo, anche nel ricercato linguaggio primitivo, e anch’esso a suo modo neogiottesco, Tullio Garbari, la cui autenticità è disarmante, nobile, solitaria, senza alcuna tangenza con l’esperienza naïve.. Superata questa esperienza della prima metà del secolo, il dialogo continua con Ottavio Mazzonis. Negli anni Sessanta e Settanta l’attenzione per i soggetti sacri e religiosi si manifesta. L’impegno dovette esser così appassionante e coinvolgente da condizionare tutta la sua ispirazione e condurlo in una dimensione senza tempo, di assoluto idealismo. Ne esce una pittura rarefatta, impalpabile, di pura edonistica felicità. In mostra, il suo Polittico Via Crucis, conferma la scelta anacronistica della pittura religiosa, a fianco di una visione panica, sensuale e insieme idealizzata del corpo femminile, con allusione alla pittura simbolista. Di segno opposto è l’esperienza esoterica di Casimiro Piccolo che riabilita il mondo delle favole, trasformandole in metafore delle sue ossessioni. Ciò che appare nel mondo della infanzia è una chiara testimonianza di una fuga dal mondo, nell’hortus conclusus di una casa della memoria. Fotografie e acquerelli intercettano spiriti, apparizioni, fantasmi di cui doveva essere popolata la Villa dei Piccolo, a Capo d’Orlando. Ancora di altro spirito è il simbolismo di Jean Pierre Velly, tra i pittori e incisori di impegno più radicale ed esistenziale dell’intero Novecento. In Velly rivive lo spirito dei pittori romantici tedeschi, alla Friedrich. La natura parla, ammonisce, spaventa; la sua realtà si fa subito allucinazione. Velly vive (e soffre) di turbamenti, ciò che vede si trasfigura. Tenta di riportarlo fuori dalla disperazione, pur seguendone gli insegnamenti, Rosa Maria Estadella che disegna e incide con paziente rimeditazione dell’opera di Velly. A rinnovare con vigore l’esperienza di Velly si candida, Agostino Arrivabene, visionario fuori del tempo, prodigiosamente indifferente a ogni stimolo del reale, perlustratore di sogni con compiacimento. La sua pittura è sensuale e soddisfatta, i suoi incubi iperboli di una immaginazione sconfinata. In un sogno di perfezione, di anime purificate, di essenze sublimi. La realtà è l’ombra, il sogno la luce. Le mummie di Cesare Inzerillo si trasferiscono negli ambulatori igienicamente perfetti dove sua moglie, Marilena Manzella, sottopone a indagini diagnostiche, con elettrici effetti speciali, dipinti antichi di Mantegna, di Alvise Vivarini, di El Greco. Ne escono immagini sconvolgenti, imprevedibili automi, che nascondono corpo (e anima) sotto le vesti di immutabili dipinti. Presente nel percorso un giovanissimo artista rumeno, Christian Avram. È un artista disarmato e disarmante. Non c’è nessun mistero delle cose, nulla di più di quello che si vede; è la solitudine e l’abitudine dell’uomo nelle cose: un lampadario sulla testa, una porta chiusa, una finestra davanti alla città, una poltrona coperta, una cucina con il televisore acceso. Avram non fa parlare gli oggetti. Li fa tacere. Nora Kersh, che tenta di far tornare alla natura l’astrazione. La Kersh sperimenta, compone, con una metrica che richiama quella del sonetto, per contenere i sentimenti entro la misura data in un canzoniere amoroso. Chiude, con la forza e la semplicità di tornare all’uomo senza turbamenti e reticenze, Tiziana Rivoni. Dignità, regalità, potenza ci trasmettono le sue teste di mori liberati da ogni pregiudizio e da ogni dipendenza. La Rivoni li fa sentire, con estrema semplicità, fratelli. Nostri dissimili simili. In quella umanità di soli neri ci siamo anche noi. Bianchi e neri, luci e ombre a Sutri.»

Artisti in mostra: Mattia Preti, Casimiro Piccolo, Julius Evola, Alberto Magri, Ottavio Mazzonis, Jean-Pierre Velly, Rosa Maria Estadella, Tullio Garbari, Fortunato Depero, Nora Kersh, Agostino Arrivabene, Cesare Inzerillo, Marilena Manzella, Cristian Avram e Tiziana Rivoni.

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