A place for art. studi d’artista al Ghetto - #3 Paolo Carta, Giulia Casula, SKAN

Giulia Casula, Landscape

 

Dal 17 Settembre 2020 al 18 Ottobre 2020

Cagliari

Luogo: Centro Comunale d’Arte e Cultura Il Ghetto

Indirizzo: via Santa Croce 18

Orari: dal martedì alla domenica dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 20 con la possibilità di incontrare gli artisti e vederli all’opera tutti i giorni di apertura al pubblico dalle 18 alle 20

Curatori: Simona Campus, Efisio Carbone

Costo del biglietto: intero 3 €, ridotto 2 €. L’ingresso alle mostre è consentito ad un massimo di 15 visitatori ogni ora e potrebbe essere necessario attendere all’esterno. È preferibile prenotare prima i biglietti

Telefono per informazioni: +39 070 6670190

E-Mail info: ilghetto@consorziocamu.it



Dal 17 settembre al 18 ottobre, il centro comunale d’arte Il Ghetto, a Cagliari, ospita il terzo step del progetto A place for art. studi d’artista al Ghetto. Le sale espositive di via Santa Croce, dal 27 giugno, sono trasformate in un luogo dove ospitare l’arte quando gli artisti attraversano periodi di grande difficoltà, come è accaduto e sta ancora accadendo per la pandemia dovuta al COVID 19. Ma non solo: il Ghetto diventa anche luogo di produzione creativa, in cui avviene l’incontro tra il pubblico e gli artisti.
 
Il progetto rientra nell’ambito della programmazione dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Cagliari ed è curato dagli storici dell’arte Simona Campus e Efisio Carbone per Consorzio Camù.
 
Dopo il primo terzetto in cui il dialogo è stato tra Simone Dulcis, Lea Gramsdorff e Francesca Randi che ha poi proseguito il confronto anche con Ilaria Gorgoni e Davide Volponi, gli artisti del secondo step, il Ghetto ospiterà il terzo tris di artisti:Paolo Carta, Giulia Casula e SKAN. Tre artisti che mettono al centro delle loro opere il paesaggio naturale ed urbano senza dimenticare la figura umana.

Paolo Carta è un artista, un docente e un operatore culturale, nato a Roma, ma dopo aver studiato all'Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari, ora vive e lavora a Cagliari. Dal 2011 fa parte di Progetto Contemporaneo, associazione di promozione sociale per la ricerca nelle arti visive, co-founder di PAS_Progetto Atelier Sardegna, programma di residenze diffuse. Dal 2011 al 2013 ha seguito lo spazio indipendente MEME arte contemporanea di Cagliari.
La sua ricerca si concentra sul paesaggio e sul soggetto arboreo in ambienti naturali e urbani, secondo le azioni dell’osservare, comprendere e catalogare. Un’indagine volta a ricordarci, «attimo dopo attimo, che siamo ospiti di un panorama ben più ampio rispetto alla nostra ristretta e censurata “urbanità”». E che la natura sopravvive, malgrado l’uomo: ad ogni angolo, in ogni fessura, in ogni intercapedine una verde vita sfoga il suo adattamento, ingrandendosi ed espandendosi.
 
Giulia Casula è un’artista cagliaritana che si è formata tra Bologna, Marsiglia e Milano. Ha collaborato con il dipartimento di didattica dell'arte del Museo MAN di Nuoro. Dal 2016 agli inizi del 2020 ha dato vita, a Cagliari, insieme all'artista Veronica Paretta, allo spazio/atelier Mezzopiano.
La sua ricerca si concentra sul paesaggio, sul territorio, sulla storia intesa come memoria intima soggettiva e patrimonio sociale collettivo. Attraverso un’analisi dell’immaginario sociale, esplora il rapporto tra il reale e le sue molteplici rappresentazioni e mappature, sottolineandone gli aspetti precari e intangibili. Le sue opere sono investigazioni territoriali e concettuali, riflessioni sul tempo ricostruite in una forma estetica e poetica di critica sociale. Lavora con fotografia, archivi, disegno, suono e materiali recuperati, privilegiando un approccio intuitivo e dialettico.
 
SKAN ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, per poi decidere di tornare a Cagliari, dove è nato nel 1988, continuando però a viaggiare e dipingere in giro per l’Europa. È street artist, illustratore e pittore con un background fondato sui graffiti, ai quali si è avvicinato quando aveva appena dodici anni. «Dipingo su qualsiasi supporto» - ha affermato - «carta, legno, tela, ma quello che preferisco sono i muri. Mi piace scoprire i luoghi e le vecchie fabbriche abbandonate. Le superfici dipinte sembrano così ottenere una seconda vita».
Le tematiche che caratterizzano la sua ricerca scavano nella psiche, a partire dal fenomeno del falso ricordo. La figura umana, nelle sue opere, risulta scomposta su differenti piani prospettici, quasi cubisti, mentre i confini sfumati dei tratti somatici danno la misura di una memoria lontana, intima e inaccessibile.
 
IL PROGETTO

A place for art. Studi d’artista al Ghetto – dicono i due curatori - muove dalla necessità di affrontare in maniera positiva e concreta le difficili circostanze determinatesi - anche nel sistema dell’arte - in seguito all’emergenza pandemica covid-19, creando un’occasione inedita per supportare gli artisti operanti nel territorio e contribuendo, allo stesso tempo, al processo di ricostruzione di una nuova socialità. Oggi più che mai, infatti, l’arte e la cultura non possono e non devono diventare marginali, ma al contrario assumere un ruolo centrale per la definizione di nuovi paradigmi e per l’attivazione di nuove relazioni, a partire dal tessuto sociale cittadino: per ricucire, insomma, le connessioni e rigenerare il senso di appartenenza alla comunità”.
 
Ogni mese Il Ghetto ospiterà in residenza, contemporaneamente, tre diversi artisti, che ricreeranno il proprio atelier e lo renderanno accessibile: presenteranno una selezione di opere precedentemente realizzate, appartenenti a differenti momenti di ricerca, e contestualmente lavoreranno, in maniera continuativa, a nuove creazioni, interagendo tra loro e con i visitatori. In totale sicurezza, i visitatori potranno a loro volta vivere un’esperienza unica ed esclusiva: entrare dentro il processo creativo di un’opera, seguendone le varie fasi di elaborazione, e interloquire a tu per tu direttamente con gli artisti, in un’atmosfera riservata, informale, senza inibizioni. Accanto agli spazi propriamente destinati ad atelier, alcune parti del Ghetto vengono riallestite come spazi sociali dell’epoca post-covid, pensati per incentivare la condivisione e lo scambio di idee, aprendo alla possibilità che si generino collaborazioni inter-artistiche, incroci e ibridazioni tra i differenti linguaggi del contemporaneo. Per tutta la durata del progetto, le riflessioni proposte, la conoscenza degli artisti e del loro lavoro vengono affrontati e approfonditi attraverso incontri, talk e altre iniziative, affidate a dirette streaming e altri strumenti di comunicazione online.
Sullo studio d’artista che il progetto intende riflettere, richiamandone l’importanza in quanto dispositivo fitto di significati, per le implicazioni che dall’ambiente fisico si estendono ad un ambito profondamente simbolico, di grande interesse per il nostro presente: «spazio di vita e di creazione, archivio denso di materie e di pensiero», come scrive Stefania Zuliani, che sia ordinato o disordinatissimo, «che sia bottega o factory, alcova o letterario salotto, immacolato ufficio o caotica officina di immagini e fallimenti, mansarda, piazza o scrivania», lo studio riflette in maniera ineludibile le condizioni della produzione artistica e la rete di rapporti che la sottendono, rivelandosi come spazio liminale tra il singolo e la collettività, tra privato e pubblico. Per questo, nei processi di riqualificazione e rigenerazione urbana gli studi d’artista hanno dimostrato di rivestire un ruolo strategico determinante, favorendo la partecipazione comunitaria. Sempre più i vuoti delle città in espansione (stabili abbandonati, ex fabbriche) sono colmati dalla presenza degli artisti, capaci di interpretare, rileggere, comunicare i cambiamenti in atto. Gli studi d’artista, insomma, favoriscono lo sviluppo di città dinamiche e policentriche.
 

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