Wilhelm Heiliger: Journey into synthesis
Dal 29 Settembre 2016 al 30 Ottobre 2016
San Gimignano | Siena
Luogo: iSculpture Gallery
Indirizzo: via S. Giovanni 59-61
Orari: 10 - 17
Telefono per informazioni: +39.0577.940207
E-Mail info: info@isculpture.it
Sito ufficiale: http://www.isculpture.it/
Il rapporto tra forma e colore è fondamento della storia dell’arte, nel corso della quale subisce variazioni e approfondimenti di ogni genere.
Dall’età classica e fino ad oggi assistiamo all’elaborazione di diverse prospettive artistiche ma che delineano sempre una relazione di stretta subalternità del colore nei confronti della forma. Fondamentale è far comprendere un certo tipo di messaggio e in questo senso, il colore, risultà quasi un mero riempitivo della forma che, ne definisce i confini.
Al colore viene assegnato essenzialmente il ruolo di dettare profondità, morbidezza o trasparenza e di sottolineare il senso estetico dell’artista e della sua opera.
Con artisti come Rothko e Pollock o ancora prima con gli Impressionisti, assistiamo al tentativo di fare del colore il vero protagonista del mezzo espressivo, consegnandogli un ruolo centrale nella composizione, cercando di distaccarlo dal senso comune di forma. La tavolozza cromatica viene scomposta e analizzata in ogni suo più piccolo particolare con il fine di generare grazia ed equilibrio. Ma questo equilibrio continuerebbe ad esistere senza forma? La risposta sta nella considerazione che comunque il colore venga utilizzato, ogni volta che si poserà su qualsiasi supporto, genererà una macchia o forma, seppure astratta. La sua dimensione e posizione in rapporto con gli altri colori determineranno necessariamene il risultato finale e ne decreteranno o meno l’equilibrio visivo ed estetico.
Nelle opere di Wilhelm Heiliger assistiamo ad una sintesi di questi concetti, laddove il dettaglio fotografico che è soggetto assolutamente riscontrabile nella realtà oggettiva, diventa forma e, l’elaborazione cromatica digitale, ne accentua o dissimula i contorni anche fino a negarli, conferendo ogni volta nuovi significati e suggestioni all’immagine.
Un tetto diviene linea di confine per il cielo azzurro, una conchiglia si trasforma in un fragore di luce, fondendosi in astrazioni che consentono interpretazioni poetiche soggettive.
Così anche in Heiliger cambia radicalmente il concetto di ‘forma’. Essa non è più involucro, contorno che fissa e rende percepibile e trasmissibile un contenuto, in qualche modo preesistente. E’ contrapposta all’informe e circoscrive il vuoto. Questa lotta non consiste però in una soppressione della potenza antagonista – ciò può accadere, in effetti, solo nell’arte mediocre e definitivamente pacificata. Nell’autentica opera d’arte, il linguaggio non abolisce ma include il non-linguaggio o l’informe.
iSculpture Gallery è lieta di concedere i propri spazi alle opere reali eppur fantastiche di Wilhelm. Ci si potrebbe domandare cosa porti una galleria di sola scultura a presentare opere così apparentemente distanti dalla sua consueta proposta. Sta proprio nell’importanza del rapporto tra forma e colore, concetti assolutamente propri della scultura, la risposta al quesito. C’è inoltre la volontà della galleria di aprirsi ad altre forme espressive, alle quali in futuro verranno dedicati periodicamente progetti alternativi che sottolineino ancora una volta l’assoluta inesistenza di confini per la bellezza e per l’arte.
Wilhelm Heiliger
L’artista è nato nel 1944 a Luttenberg. Ha studiato filosofia, lingue slave e grafica a Graz, in Austria e in Lubiana, Slovenia. Nel 1973 si trasferisce a Washington D.C. e poi in California. Ha lavorato come scrittore e ricercatore presso la Stanford University. Heiliger ha pubblicato diversi libri, tra gli altri: ” Soviet and Chinese personalities “, Washington D.C., 1980; “Bibliography of soviet social sciences”, N. Y., 1978; “Nostalgie bei Ivan Cankar”, London, 1972. Nel 1974 ha iniziato ad appassionarsi allafotografia: fotografia d’arte, fotografia astratta, la fotografia di cemento, la fotografia di architettura e fotografia digitale.
Fonte: Artribune
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