Solo che amore ti colpisca. Appunti dall’isola plurale, tra poesia e fotografia

Dal 4 July 2024 al 12 October 2024
Palermo
Luogo: Real Albergo delle Povere
Indirizzo: Corso Calatafimi 217
Orari: da lunedì a venerdì dalle 9 alle 17:30 (ultimo ingresso alle 17:00); prime domeniche del mese (7 luglio, 4 agosto, 1 settembre) dalle 9 alle 13 (ultimo ingresso alle 12:30)
Curatori: Helga Marsala
Costo del biglietto: Ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 091 320532
E-Mail info: urp.museo.riso.bci@regione.sicilia.it
Sito ufficiale: http://www.museoartecontemporanea.it
«A “combattere l’astrattezza del linguaggio” ci esortava Italo Calvino, allo schiudersi di questo secolo. E così, fra gli altri obiettivi e significati che ciascuno potrà attribuire alla mostra ideata e curata da Helga Marsala per il Museo – dice la direttrice del Museo Riso, Evelina De Castro – si apprezza anche questo, nelle due direzioni: le opere visive e le opere letterarie, nate secondo un proprio autonomo linguaggio, in mostra acquisiscono senso dal ritrovarsi abbinate, così da “significare” reciprocamente anche laddove per forma e stile fossero definibili astratte. Dall’interpretazione dei geroglifici egizi agli emblemi gesuitici, il tema “testo e immagine” è costante nella storia della cultura. In un tempo e una latitudine a noi più prossimi, dalla rivista Paragone (1950) al Gruppo 63, costituitosi a Palermo nel 1963, dall’arte concettuale alle ricerche più attuali, il tema continua a stimolare critici, storici, curatori, artisti, con incursioni e ibridazioni. In tale continuum la mostra propone un percorso che vede il curatore/critico d’arte mescolare immagini e testi, la cui nuova identità consiste nell’essere due parti di una sola».
Artisti che praticano prevalentemente la fotografia convivono qui con chi, pur utilizzando altri linguaggi, ne ha esplorato la natura in quanto processo, documento, frammento di memoria, oggetto di contemplazione. Frutto di un lavoro curatoriale improntato all’ascolto e all’intuizione, più che a una traduzione didascalica, il percorso antologico include un piccolo corpus di opere inedite, realizzate ad hoc: a firmarli Salvatore Arancio, Adalberto Abbate, Daniele Franzella, Stefania Galegati, Ignazio Mortellaro, Studio Descrittivo di Base (Antonio Nuvoli, Antonio Orlando, Alessandro Di Giugno), Sergio Zavattieri e in chiusura Francesco De Grandi, in collaborazione con Fabio Sgroi, per una rilettura visiva della poesia di Quasimodo che dà il titolo alla mostra.
Ad arricchire la mostra, infine, alcuni contributi speciali, grazie alla partecipazione di diversi archivi e raccolte museali: Archivio Letizia Battaglia, Archivio Salvatore Tomarchio; Biblioteca Centrale della Regione Siciliana/Archivio L’Ora; Biblioteca interdipartimentale di discipline umanistiche, Sezione I, Centrale di Lettere – Università degli Studi di Palermo; Centro Apice – Università degli Studi di Milano; Fondazione Gesualdo Bufalino, Comiso (RG), Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano; Museo archeologico regionale “A. Salinas”, Palermo; Museo Civico di Castelbuono; Mufoco – Museo Fotografia Contemporanea, Cinisello Balsamo (MI); Museo Geologico Gemmellaro – Università degli Studi di Palermo; Museo Naturalistico Minà Palumbo, Castelbuono.
Voci di assoluto pregio quelle dei poeti siciliani, sceltifra diversi milieu letterari del Novecento, a partire da quella del Premio Nobel Salvatore Quasimodo: da Bartolo Cattafi a Jolanda Insana; dall’artista e poeta Emilio Isgrò, padre delle “cancellature”, a Sebastiano Addamo; dalle voci militanti dell’Antigruppo al poeta-critico d’arte Guido Ballo; da Maria Attanasio a Ignazio Buttitta; da Helle Busacca ad Angelo Scandurra; da Adele Gioia (unica donna futurista dell’Isola) a Giacomo Giardina, il “poeta pecoraio” scoperto da Marinetti;dal “barone magico” Lucio Piccolo fino a Vincenzo Consolo, che praticò la poesia in rari casi, ma che coltivò una letteratura sempre intrisa di sperimentalismo poetico. Si aggiungono alcuni nomi contemporanei, come quelli dei due poeti e artisti visivi Francesco Balsamo e Elias Vitrano, o dell’outsider Pietro Palazzo, leader della storica band sperimentale Airfish, scomparso prematuramente nel 2020.
I loro versi vivono risuonano nello spazio grazie a un progetto grafico d’artista, firmato da Federico Lupo, con type design di Francesco De Grandi.
Immagini e parole generano dunque nuclei evocativi, tematici, simbolici, disponendosi sulle pareti e al centro dei tre saloni: l’archeologia e il concetto di origine, il paesaggio, divagazioni cosmologiche e scientifiche, il soggetto umano declinato in chiave introspettiva o sociale, e infine lo scorrere del tempo, tra luoghi sospesi, reperti intimi, relitti del presente.
«Ricorda che puoi essere l’essere dell’essere / solo che amore ti colpisca bene alle viscere. Citando una celebre lirica di Salvatore Quasimodo e immaginando questo invocato ‘amore’ come motore primordiale, tra le leggi di natura e il regime dell’occhio e dello spirito, fotografia e poesia si specchiano l’una nell’altra. ”Scrittura di luce” la prima, nel suo significato etimologico, ovvero traccia di sé che la realtà produce per mezzo del sole; scrittura luminosa la seconda, “combinazione di vocali e di consonanti nella quale è entrata una luce”, per usare le parole di Ungaretti, che in questa luce rintracciava la verità della poesia stessa”: così scrive la curatrice, Helga Marsala, che a proposito del criterio alla base della scelta degli artisti, aggiunge:
«Nell’era della comunicazione, in cui tutto è immagine e tutto esiste in funzione delle immagini, la fotografia – che è stata rivoluzione decisiva nel cuore della modernità – non è semplicemente un linguaggio, ma è cifra stessa, cangiante e multiforme, del reale. Questa mostra sceglie dunque di utilizzarla come spunto concettuale, estetico, filosofico, antropologico, oltre che come pratica artistica. E lo fa includendo anche artisti non fotografi o non esclusivamente fotografi, ad esempio interessati al recupero e alla trasformazione di materiali d’archivio. Tutti autori, in ogni caso, scelti per la forza del loro sguardo e per la capacità di sperimentare in modo profondo, personale, perseguendo una qualche forma di poesia».
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