Dal 30 novembre al 6 aprile nella chiesa di San Gottardo in Corte
Al Museo del Duomo la Pietà di Venturino Venturi
Courtesy Museo del Duomo |
Chiesa di San Gottardo in Corte, Milano
Francesca Grego
21/11/2017
Milano - Nel centenario della nascita del suo autore, approda nella chiesa di San Gottardo in Corte la Pietà di Venturino Venturi, tra le voci più sensibili della scultura italiana del Novecento.
Partito dalla sua sede nella pieve di Micciano ad Anghiari (Arezzo), il grande gruppo scultoreo ha già fatto tappa presso l’altare della basilica meneghina di Santa Maria delle Grazie, per poi raggiungere Mendrisio, in Svizzera.
Ad accoglierlo dal prossimo 30 novembre al 6 aprile 2018 sarà l’ex cappella di Palazzo Reale, nella tradizione milanese “la chiesa degli artisti”, oggi parte del percorso del Grande Museo del Duomo.
Con le sue due tonnellate di marmo di Carrara e una carica di vibrante umanità, la Pietà di Micciano regala a questo luogo altamente simbolico un’esperienza inedita, capace di coniugare gli abissi della fede con i linguaggi dell’arte del XX secolo.
Dalle solide basi gettate nel Rinascimento alle suggestioni romaniche e primitiviste caratteristiche del primo Novecento, Venturi rielabora i fondamentali della tradizione italiana infondendo loro il soffio di un’esistenza attuale e intensamente vissuta, mentre dà voce al suo amore per la materia e lavora per liberare il segno da ogni orpello superfluo.
“Non conoscessi Venturino da tanti anni – ha scritto di lui il poeta e amico Mario Luzi – penserei che di artisti di quella specie si fosse perduta la razza. Promana da lui quel tanto di leggendario che colleghiamo con l’antica e perenne idea di creatore di forme vive; si tocca con mano la nascita di un’idea pensata nella materia che deve contenerla ed esaltarla; non circospetto, non mediato né addomesticato dall’astuzia moderna: riappare l’antico confronto e la sfida tra la libertà e il limite”.
Nella Pietà di Micciano il tema della madre, centrale in tutta l’opera dello scultore, incontra il sacrificio e la sofferenza, in un parallelo tra le vicende delle Sacre Scritture e il dramma dell’uomo del XX secolo, segnato da una storia di inaudita violenza.
Nasce da un’esperienza personale il sentire di Venturi, combattente sul fronte greco-albanese durante la Seconda Guerra Mondiale, ma assume un valore universale e, soprattutto, si carica di speranza: “Scolpire per me è come partorire”, ha spiegato l’artista, “Credo che, malgrado tutto, andiamo verso un rinascimento universale. Ho l'impressione che mentre io rinasco gli altri stiano morendo. E allora io rinasco per farli rivivere”.
È forse questo il senso del peregrinare della pesante scultura, in viaggio per risvegliare coscienze ed energie sopite.
Leggi anche:
• Da Ancona a Milano la Sacra Conversazione di Tiziano
• Nel ventre del Duomo: visite guidate e itinerari inediti per i 630 anni della Veneranda Fabbrica
Partito dalla sua sede nella pieve di Micciano ad Anghiari (Arezzo), il grande gruppo scultoreo ha già fatto tappa presso l’altare della basilica meneghina di Santa Maria delle Grazie, per poi raggiungere Mendrisio, in Svizzera.
Ad accoglierlo dal prossimo 30 novembre al 6 aprile 2018 sarà l’ex cappella di Palazzo Reale, nella tradizione milanese “la chiesa degli artisti”, oggi parte del percorso del Grande Museo del Duomo.
Con le sue due tonnellate di marmo di Carrara e una carica di vibrante umanità, la Pietà di Micciano regala a questo luogo altamente simbolico un’esperienza inedita, capace di coniugare gli abissi della fede con i linguaggi dell’arte del XX secolo.
Dalle solide basi gettate nel Rinascimento alle suggestioni romaniche e primitiviste caratteristiche del primo Novecento, Venturi rielabora i fondamentali della tradizione italiana infondendo loro il soffio di un’esistenza attuale e intensamente vissuta, mentre dà voce al suo amore per la materia e lavora per liberare il segno da ogni orpello superfluo.
“Non conoscessi Venturino da tanti anni – ha scritto di lui il poeta e amico Mario Luzi – penserei che di artisti di quella specie si fosse perduta la razza. Promana da lui quel tanto di leggendario che colleghiamo con l’antica e perenne idea di creatore di forme vive; si tocca con mano la nascita di un’idea pensata nella materia che deve contenerla ed esaltarla; non circospetto, non mediato né addomesticato dall’astuzia moderna: riappare l’antico confronto e la sfida tra la libertà e il limite”.
Nella Pietà di Micciano il tema della madre, centrale in tutta l’opera dello scultore, incontra il sacrificio e la sofferenza, in un parallelo tra le vicende delle Sacre Scritture e il dramma dell’uomo del XX secolo, segnato da una storia di inaudita violenza.
Nasce da un’esperienza personale il sentire di Venturi, combattente sul fronte greco-albanese durante la Seconda Guerra Mondiale, ma assume un valore universale e, soprattutto, si carica di speranza: “Scolpire per me è come partorire”, ha spiegato l’artista, “Credo che, malgrado tutto, andiamo verso un rinascimento universale. Ho l'impressione che mentre io rinasco gli altri stiano morendo. E allora io rinasco per farli rivivere”.
È forse questo il senso del peregrinare della pesante scultura, in viaggio per risvegliare coscienze ed energie sopite.
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