In mostra 90 opere dal Rinascimento al Barocco

“Cera” una volta. Gli Uffizi riscoprono un’antichissima forma di scultura

Giulio de' Grazia, attribuito, (documentato a Napoli dal 1598 al 1641), Anima Dannata, 1600-1620 circa, cera policroma, vetro, osso, mica, specchio 17 x 12 cm, Firenze, Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti, Tesoro dei Granduchi
 

Francesca Grego

03/11/2025

Firenze - Ha una storia antichissima, ma nella Firenze dei Medici raggiunse l’apice del virtuosismo: si tratta dell’arte della scultura in cera, o ceroplastica, oggi caduta nell’oblio. Dal 18 dicembre 2025 al 12 aprile 2026 avremo occasione di riscoprirla presso le Gallerie degli Uffizi, grazie a circa 90 opere qui riunite da numerosi musei italiani ed europei. Dopo le mostre dedicate alla pittura su pietra dalla Galleria Borghese di Roma e, ora, dall’Accademia Carrara di Bergamo, Cera una volta. I Medici e le arti della ceroplastica ci ricorda quanto i supporti e le tecniche dell’arte antica siano stati più vari e fantasiosi di quanto saremmo portati a pensare. 

“Questa mostra è un vero evento culturale e scientifico che permette di riscoprire un ambito della creazione artistica ignoto al grande pubblico e quasi totalmente dimenticato”, commenta Simone Verde, direttore del museo fiorentino, che ha curato il progetto insieme a Valentina Conticelli e Andrea Daninos: “Con un allestimento che abbiamo voluto notturno, quasi evocatore del mondo sotterraneo degli inferi, dove dimorano le anime e le visioni scomparse, gli Uffizi regalano dunque al loro pubblico di visitatori un viaggio nel tempo, nella cultura e nella più intima sensibilità della Firenze e dell’Europa tardo barocca”. 

Morbida e profumata, la cera prodotta dalle api veniva modellata dagli abili scultori del XVI e XVII secolo in rilievi e statue policrome simili al vero, dando sostanza a volti e corpi in immagini perenni, o quasi. Già, perché il motivo per cui gran parte delle opere in cera è andata persa è legato alla natura deperibile di un materiale organico docile nelle mani degli artisti, ma anche di fronte all’azione distruttrice del tempo. 


Martino Pasqualigo, detto Martino dal Friso, (Milano 1524 . Venezia 1580), Leda e il cigno, seconda metà del XVI secolo cera policroma su metallo dipinto, perline e pietre colorate 25 x 19 cm, Écouen, Chateau Écouen, Musée National de la Renaissance

Il primo a lasciare testimonianze della pratica della ceroplastica è Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia, che nel I secolo d.C. racconta di usanze ancestrali derivate dall’uso etrusco delle maschere mortuarie, divenute poi ritratti adibiti al culto degli antenati. L’arte della cera sarebbe rimasta viva nella sensibilità popolare - fino ad arrivare agli ex voto che ancora oggi si affidano alle fiamme sacre dei santuari cristiani - trovando infine il suo momento di gloria nella Firenze dei Medici tra il Quattrocento e la fine del Seicento. Con la cultura barocca, ossessionata dal passaggio del tempo, questa materia malleabile che imita le caratteristiche della pelle come nessun’altra viene esaltata nel dar forma al corpo vivo e al suo dissolversi. Le sculture in cera vengono commissionate da nobili e principi per le proprie collezioni, raggiungendo forme elevatissime di virtuosismo. 

È il caso delle opere riunite dalla mostra fiorentina, un tempo allestite nella Tribuna degli Uffizi e a Palazzo Pitti, che torneranno “a casa” per la prima volta dopo essere state alienate dalle raccolte medicee alla fine del Settecento. Tra i pezzi più interessanti figurano l’Anima urlante all’Inferno attribuita a Giulio de’ Grazia e la celebre maschera funebre di Lorenzo il Magnifico, realizzata dallo scultore Orsino Benintendi. Un’intera sala sarà poi dedicata al massimo scultore in cera attivo a Firenze alla fine del Seicento: Gaetano Giulio Zumbo, autore di un’opera recentemente acquisita dagli Uffizi che sarà presentata al pubblico in occasione della mostra. Si tratta del rilievo La corruzione dei corpi, un capolavoro del genere in cui il tema barocco della caducità si declina in versione splatter. 

Ma c’è di più. Con approccio scientifico rigoroso, l'esposizione decostruisce luoghi comuni plurisecolari riguardanti la storia della ceroplastica, a partire dal suo legame con il mondo dei morti, derivato dal racconto di Plinio. A Firenze, in realtà, la diffusione della scultura in cera è legata allo sviluppo della siderurgia del bronzo all’inizio del XV secolo, e in particolare all’introduzione della tecnica a “cera persa” da parte di Lorenzo Ghiberti nel cantiere delle porte del Battistero. I modelli creati per la fusione del bronzo sarebbero poi circolati nelle botteghe, dove, oltre a busti e statue, si iniziò a realizzare oggetti di piccole dimensioni ispirati alla medaglistica. La mostra ricostruisce queste vicende aderendo scrupolosamente alle fonti storiche e superando così suggestive interpretazioni legate alla sfera del magico e dell’occulto. 

“Con questa mostra vogliamo portare la ceroplastica fuori da teorie ‘mitologiche’ che la vorrebbero illusoriamente legata alla radice primitiva dell’inconscio estetico europeo, ancorandola invece al rigore dei fatti edelle cronache della storia dell’arte”, afferma Simone Verde: “Grazie a una attenta scomposizione dei pregiudizi che hanno gravato su questa materia abbiamo lavorato a restituire alla completa dignità di artisti figure insostituibili per maestria e per creatività della scultura europea come Gaetano Zumbo”.