Alla Galleria d'Arte Moderna di Roma dal 24 gennaio al 13 ottobre

La GAM rende omaggio alle donne nell'arte

Felice Carena, Serenità, 1925, Olio su tela | Courtesy of Galleria d’Arte Moderna, Roma
 

Samantha De Martin

23/01/2019

Roma - Madri e muse, ninfe gentili e creature angeliche, seduttrici crudeli ora eteree ora assorte dietro i loro volti enigmatici, ermetiche allo sguardo, sospese in una sensualità misteriosa, fuori dal tempo.
Sono donne, e spiccano con i loro sguardi tra le pareti rosse del percorso espositivo allestito alla Galleria d’Arte Moderna fino al prossimo 13 ottobre.
Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza capitolina ai Beni Culturali, in collaborazione con Cineteca di Bologna, Istituto Luce-Cinecittà, la mostra Donne. Corpo e immagine tra simbolo e rivoluzione vuole essere una riflessione delicata e attenta sulla figura femminile attraverso lo sguardo di quegli artisti che ne hanno celebrato l’universo nelle tra fine Ottocento, lungo tutto il Novecento e fino ai nostri giorni.

In cento opere - tutte provenienti dalle collezioni d’arte contemporanea capitoline e molte esposte per la prima volta - sono racchiusi universi, ma anche i profondi cambiamenti sociali e politici che hanno fatto seguito alla Grande Guerra con la messa in crisi dei valori tradizionali.
Con l’emancipazione della donna anche la raffigurazione dell’immagine femminile nelle arti visive risente delle contraddizioni di una società in fase di cambiamento. E sembra di ripercorrerli questi mutamenti, scanditi dalle sezioni allestite lungo i tre piani della Galleria.
La prima, dedicata alla sensualità femminile, accoglie il visitatore con quell’ossimoro che, tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del XX secolo, mostra l’ambivalenza della donna: figura impalpabile da un lato, ma anche fonte di peccato e perdizione.
Questa visione si concreta in mostra ne Le Vergini savie e le vergini stolte di Giulio Aristide Sartorio, nella provocante posa de La sultana di Camillo Innocenti, passando a L’angelo dei crisantemi di Angelo Carosi.

La femme fatale assume le sembianze della donna tentatrice che si nutre dell’energia dell’uomo fino a consumarlo e a distruggerlo, pur trovando nella figura della diva del cinema la sua valenza positiva, in quel modello di donna in grado di elevare il proprio status sociale e intellettuale facendosi artefice del proprio destino.

Il corpo nudo - specchio dei moti dell’anima, ma anche, nell’arte più contemporanea, mezzo di riscatto, con le sue pulsioni, desideri e fragilità - è invece al centro di un’altra sezione del percorso. Non mancano le interpretazioni in chiave contemporanea, come Goldfinger di Mario Ceroli che pone in dialogo il tema del nudo a quello del mito sovrapponendo la Venere di Botticelli alla cultura pop.

Non mancano i ritratti, luoghi di incontro di un colloquio intimo tra il soggetto e l’artista che lo ritrae cicatrizzando sul volto il fissarsi degli occhi. Sorelle, figure allo specchio, donne affacciate alla finestra, o intente a spogliarsi con i loro sguardi, fissi o persi altrove, vengono come spiate - consapevoli dell’attenzione altrui - da osservatori sconosciuti, ai quali affidano la propria solitudine esistenziale. Come la Ragazza alla finestra di Contardo Barbieri o Riflesso allo specchio di Antonietta Raphaël.

Ad agganciare lo sgaurdo del visitatore in questa lunga carrellata di sguardi femminili, il viso di Elisa, la moglie di Giacomo Balla, ritratta mentre, in una posa inusuale e moderna, si volta a guardare qualcosa o qualcuno dietro di sé. E il suo sguardo trasforma lo stupore in curiosa seduzione.

I cambiamenti profondi nella percezione di sé, delle proprie possibilità e potenzialità anche nell’ambito artistico e la complessa strada verso l’emancipazione femminile trovano spazio nell’ultima sezione della mostra, grazie al materiale documentario proveniente da ARCHIVIA - Archivi Biblioteche Centri Documentazione delle Donne - oltre che da collezioni private e istituzioni pubbliche.

Per tutta la durata dell’esposizione, il percorso sarà inoltre arricchito da nuove opere presentate al pubblico nel corso di incontri inseriti nel ciclo L’opera del mese.
In mostra è possibile ammirare anche una tela di Fausto Pirandello che, pur non facendo parte dell'itinerario espositivo, rappresenta un prestito speciale del Museo del Novecento di Milano. Dipinta nel 1933, Il remo e la pala è posta in dialogo con due lavori degli stessi anni appartenenti alla collezione della Galleria di Arte Moderna: Figura meravigliata e Palestra. Accompagnano il percorso diverse videoinstallazioni e documenti tratti da opere cinematografiche provenienti dall’Istituto Luce-Cinecittà. In una sala si può assistere alla proiezione del film Bellissima di Giovanna Gagliardi, che, attraverso documenti storici dell’Archivio Luce, canzoni popolari e interviste, racconta per immagini il cammino delle donne nel ventesimo secolo.

“Abbiamo cercato di ripercorrere l’evoluzione dell’identità femminile, fino alle conquiste più recenti - ha spiegato Federica Pirani, curatrice del percorso assieme ad Arianna Angelelli, Gloria Raimondi, Daniela Vasta -. Basti pensare che le donne hanno votato per la prima volta nel 1946 o che durante il fascismo molti lavori nella pubblica amministrazione erano loro preclusi”.
In questa polifonia di sguardi, volti, universi che emerge da sculture, video, fotografie, si condensa il percorso di rilancio della donna nei secoli promosso dalla GAM. Un viaggio che, come ha spiegato la presidente di Zètema, Francesca Jacobone, “è il primo di una lunga serie che porterà avanti il concetto di donna come elemento vincente tanto nella vita quanto nell’arte”.


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