A Milano i dipinti scampati ai sismi del 2016
Ai Chiostri di Sant’Eustorgio i capolavori delle Marche
										
										 
										
										
																		
																	Foto Matteo Deiana | 
																									Capolavori Sibillini. Le Marche e i luoghi della bellezza
															
							Francesca Grego
28/12/2017
							Milano -  Sono arrivati a Milano dai territori colpiti dai terremoti del 2016 i 56 preziosi dipinti della mostra I Capolavori Sibillini. Le Marche e i luoghi della bellezza, fino al 30 giugno ai Chiostri di Sant’Eustorgio. 
Un’occasione per sentirsi vicini alle popolazioni che ancora oggi subiscono le conseguenze del sisma, ma anche per conoscere capolavori finora celati nelle pinacoteche di piccoli borghi arrampicati tra le colline, eredi di un passato illustre e oggi unite nella Rete Museale dei Sibillini.
  
Dal Rinascimento al Settecento, la storia torna in vita in dipinti grandi e piccoli, pale d’altare, disegni o antiche oreficerie.
Se ad aprire il percorso è il fascino oscuro e sensuale della Maga di Corrado Giaquinto, molte delle opere in mostra spiccano per una profonda aura di sacralità: dal Cristo della Passione del Perugino alla Santa Caterina di Antoniazzo Romano, il cui bel volto concentrato risplende su un prezioso fondo d’oro, fino ai santi seicenteschi di Simone de Magistris, allievo di Lorenzo Lotto ed esponente di spicco del Manierismo italiano, o alla tavola delle Nozze mistiche di Santa Caterina d’Alessandria proveniente dalla bottega del Ghirlandaio.
Ma non mancano vivide nature morte, come quelle che resero celebre Cristoforo Munari detto Spadino, ritratti, scene mitologiche e solenni rappresentazioni di battaglie, emblematiche di un territorio segnato da divisioni e rivalità secolari.
I tesori artistici di Fortunato Duranti, Vittore Crivelli, Cristoforo Unterperger, Ignazio Stern, Nicola Ulisse da Siena, Vincenzo Pagani scandiscono un viaggio di autentica scoperta lungo cinque sezioni, ciascuna dedicata alla fragile bellezza di una diversa area geografica.
Insieme alla Pala Gozzi di Tiziano in mostra a Palazzo Marino, la selezione di dipinti curata da Daniela Tisi e Vittorio Sgarbi è una pregnante testimonianza di come in passato le Marche siano state crocevia di importanti rotte culturali e culla di talenti destinati a dispiegare la propria influenza nei più grandi centri artistici della Penisola, da Venezia a Roma e alla Toscana.
  
Leggi anche:
  
• Da Ancona a Milano la Sacra Conversazione di Tiziano
						
					Un’occasione per sentirsi vicini alle popolazioni che ancora oggi subiscono le conseguenze del sisma, ma anche per conoscere capolavori finora celati nelle pinacoteche di piccoli borghi arrampicati tra le colline, eredi di un passato illustre e oggi unite nella Rete Museale dei Sibillini.
Dal Rinascimento al Settecento, la storia torna in vita in dipinti grandi e piccoli, pale d’altare, disegni o antiche oreficerie.
Se ad aprire il percorso è il fascino oscuro e sensuale della Maga di Corrado Giaquinto, molte delle opere in mostra spiccano per una profonda aura di sacralità: dal Cristo della Passione del Perugino alla Santa Caterina di Antoniazzo Romano, il cui bel volto concentrato risplende su un prezioso fondo d’oro, fino ai santi seicenteschi di Simone de Magistris, allievo di Lorenzo Lotto ed esponente di spicco del Manierismo italiano, o alla tavola delle Nozze mistiche di Santa Caterina d’Alessandria proveniente dalla bottega del Ghirlandaio.
Ma non mancano vivide nature morte, come quelle che resero celebre Cristoforo Munari detto Spadino, ritratti, scene mitologiche e solenni rappresentazioni di battaglie, emblematiche di un territorio segnato da divisioni e rivalità secolari.
I tesori artistici di Fortunato Duranti, Vittore Crivelli, Cristoforo Unterperger, Ignazio Stern, Nicola Ulisse da Siena, Vincenzo Pagani scandiscono un viaggio di autentica scoperta lungo cinque sezioni, ciascuna dedicata alla fragile bellezza di una diversa area geografica.
Insieme alla Pala Gozzi di Tiziano in mostra a Palazzo Marino, la selezione di dipinti curata da Daniela Tisi e Vittorio Sgarbi è una pregnante testimonianza di come in passato le Marche siano state crocevia di importanti rotte culturali e culla di talenti destinati a dispiegare la propria influenza nei più grandi centri artistici della Penisola, da Venezia a Roma e alla Toscana.
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