Torna a casa la Pala di Sant’Ambrogio. E il restauro svela dettagli inattesi

I dubbi di Botticelli. Nel backstage di un gioiello degli Uffizi

Sandro Botticelli, Madonna con Bambino e Santi (Pala di Sant'Ambrogio, 1470 circa. Immagine dell'opera dopo il restauro
 

Francesca Grego

12/06/2019

Firenze - Buona la prima? Mica tanto, nemmeno per il grande Sandro Botticelli. È quanto emerge dalle indagini condotte dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze in occasione del restauro della Pala di Sant’Ambrogio, capolavoro dell’artista venticinquenne che dal 1948 impreziosisce le collezioni delle Gallerie degli Uffizi.
 
Come spesso accade nei restauri importanti, prima di procedere all’intervento conservativo vero e proprio gli studiosi hanno condotto sul dipinto un’approfondita campagna diagnostica alla ricerca di informazioni sul modus operandi del pittore. E le sorprese non si sono fatte attendere. La tavola della Madonna con Bambino e santi è letteralmente costellata dei segni di modifiche e rimaneggiamenti, che Botticelli pose in atto nelle fasi iniziali così come a lavoro quasi terminato, al punto da risultare in alcuni casi visibili anche a occhio nudo. Personaggi che cambiano posizione, il pavimento ricoperto da una pedana, dita che scompaiono, occhi che compaiono lontano dai volti sono le spie di un processo creativo travagliato, pieno di profondi cambiamenti di rotta. Perché?
 
Secondo gli esperti la giovane età dell’autore, in questo caso alle prese con la prima commissione importante, non basta a dare ragione di un fatto molto insolito rispetto alle pratiche dell’epoca.
A svelare l’arcano è Cecilia Frosinini dell’Opificio delle Pietre Dure: “È probabile che questa caratteristica metodologia di Sandro Botticelli derivi dall’apprendistato alla bottega di Filippo Lippi, il quale già prima di lui manifestava questa tendenza assolutamente inusuale per gli artisti del tempo”, ha spiegato la storica dell’arte.
L’influenza di Lippi è visibile anche nelle figure delle sante, mentre l’ambientazione classicheggiante della scena e l’abile resa dei panneggi, frutto di lunghe esercitazioni dal vero, conducono alla bottega del Verrocchio, dove Botticelli completò la propria formazione.
 
Un alone di mistero circonda anche le origini dell’opera, della cui storia si sa ben poco fino al 1808, anno in cui entrò nelle raccolte delle Gallerie dell’Accademia in seguito alla soppressione del monastero benedettino di Sant’Ambrogio, da cui deriva il nome della pala. Al posto dei santi legati all’ordine e alla chiesa, nella tavola campeggiano infatti le figure dei Santi Medici Cosma e Damiano: una scelta che secondo gli studiosi potrebbe far pensare a una commissione della corporazione dei Medici e degli Speziali oppure alla famiglia Medici, per la quale Botticelli eseguì le sue opere più celebri. “Alcuni dei dettagli emersi dalle indagini potrebbero offrire elementi per un riesame complessivo della committenza dell’opera”, annuncia la professoressa Frosinini.
 
Intanto la Madonna con Bambino e santi è pronta a tornare nella Sala della Primavera degli Uffizi, dove resterà esposta permanentemente insieme alla Nascita di Venere e ad altri capolavori del pittore toscano. Ora che il restauro ha rimediato alle alterazioni cromatiche e alle ferite impresse dal tempo sul supporto ligneo, i visitatori potranno gustare appieno la bellezza della prima grande opera di Botticelli, magari andando a caccia delle incertezze del maestro: inseguendo il mantello di San Cosma, che nella versione iniziale era spostato più indietro e verso sinistra, il pollice e il mignolo di Santa Caterina d’Alessandria (in piedi sulla destra) che scompaiono sotto la veste lasciando un alone o un paio di occhi incisi sulla tavola a metà della figura della santa, che forse l’artista aveva immaginato inginocchiata. Invisibili invece anche all’occhio più attento altri particolari svelati dalla riflettografia, come il cambio di postura del Bambino, Il pavimento coperto dalla pedana su cui è innalzata la Vergine e l’atteggiamento iniziale di San Cosma, in assoluto il personaggio che pose più problemi al giovane Botticelli.
 
“Dopo le rivelazioni emerse dallo spettacolare restauro dell’Adorazione dei Magi di Leonardo e dalle indagini sul disegno 8P dell’artista, dopo le scoperte sulla Santa Caterina di Artemisia Gentileschi, l’Opificio delle Pietre Dure ci offre un altro esempio degli altissimi livelli raggiunti dalla ricerca scientifica sulle opere d’arte”, commenta il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt: “Anche quelle più famose, sulle quali sembra che ormai si sappia tutto, possono invece offrirci informazioni prima insospettate, perfino su artisti studiati da secoli come Botticelli. Questo deve insegnarci che un buon restauro deve essere anche un’occasione di ricerca e non mirare solo ad effetti spettacolari”.
 
Realizzato da Luisa Gusmeroli, Patrizia Riitano, Ciro Castelli e Andrea Santa Cesaria sotto la guida del soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure Marco Ciatti e la direzione storico-artistica di Cecilia Frosinini, con le indagini ottiche, la documentazione fotografica e le elaborazioni grafiche di Roberto Bellucci, in collaborazione con CNR INO, IFN e con l’Università degli Studi di Cagliari, l’intervento di restauro è stato reso possibile dal supporto di Amici degli Uffizi e Friends of the Uffizi Galleries nella persona del donor statunitense Joseph Raskauskas.

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