Bernar Venet. Il caos come principio sottovalutato dell’ordine
Dal 15 Ottobre 2015 al 16 Gennaio 2016
Torino
Luogo: Galleria Giorgio Persano
Indirizzo: via Principessa Clotilde 45
Orari: Martedî - Sabato 10-13 / 15.30-19
Telefono per informazioni: +39 0114378178 / 011 835527
E-Mail info: info@giorgiopersano.org
Sito ufficiale: http://www.giorgiopersano.org
L’artista prende a prestito una frase di John Stuart Mill per dare il titolo alla mostra: “Il caos come principio sottovalutato dell’ordine”. La citazione introduce perfettamente alla fruizione del percorso espositivo e alla poetica di Bernar Venet.
Il primo e forte impatto è dato dalla scultura monumentale “Effondrement: 217.5° Arc x 11″ del 2009, allestita disassata rispetto al centro dello spazio espositivo. L’opera, composta da undici elementi arcuati a 217.5 gradi in acciaio Cor-ten, pare collassare su se stessa in un misterioso campo di forze che pone gli archi in un coerente dialogo tra ordine e disordine, tra dinamismo e potenza: una “Action Sculpture in slow motion” come vorrebbe definirla l’artista stesso.
Lungo le pareti della galleria sono appoggiati sette rilievi, segni nervosi e incontrollati, ritagliati con la fiamma ossidrica su lastre di acciaio di 35 mm di spessore. Questi recenti lavori della serie “GRIB” (eseguiti tra il 2011 e il 2015) sono “schizzi” che prendono forma tridimensionale e, memori delle caotiche e indefinite Indeterminate Lines, rappresentano una nuova tappa nella produzione dell’artista francese.
La linea, essa stessa retta, curva o ad angolo, è quindi rappresentata come tale e con la sua definizione elementare: un percorso che unisce due punti, semplice tautologia.
Un’applicazione della teoria del caos all’oggetto artistico dove “la materia non è usata per creare forme, è essa stessa forma” con le proprie variazioni semantiche e “l’ordine e il disordine, l’uno e il molteplice, sistemi e distribuzioni, isole e mare, rumori e armonia, appartengono tanto al soggetto che all’oggetto”. (Michel Serres)
Una serie di lavori su carta del 2015 in carboncino e collage sono invece allestiti in una saletta raccolta della galleria, per invitare ad un momento di riflessione e di calma.
Conclude e apre la mostra un’opera che l’artista, durante la serata inaugurale, “disegnerà” su una parete dello spazio, utilizzando come strumenti di lavoro degli archi d’acciaio sporchi di pittura nera.
Il primo e forte impatto è dato dalla scultura monumentale “Effondrement: 217.5° Arc x 11″ del 2009, allestita disassata rispetto al centro dello spazio espositivo. L’opera, composta da undici elementi arcuati a 217.5 gradi in acciaio Cor-ten, pare collassare su se stessa in un misterioso campo di forze che pone gli archi in un coerente dialogo tra ordine e disordine, tra dinamismo e potenza: una “Action Sculpture in slow motion” come vorrebbe definirla l’artista stesso.
Lungo le pareti della galleria sono appoggiati sette rilievi, segni nervosi e incontrollati, ritagliati con la fiamma ossidrica su lastre di acciaio di 35 mm di spessore. Questi recenti lavori della serie “GRIB” (eseguiti tra il 2011 e il 2015) sono “schizzi” che prendono forma tridimensionale e, memori delle caotiche e indefinite Indeterminate Lines, rappresentano una nuova tappa nella produzione dell’artista francese.
La linea, essa stessa retta, curva o ad angolo, è quindi rappresentata come tale e con la sua definizione elementare: un percorso che unisce due punti, semplice tautologia.
Un’applicazione della teoria del caos all’oggetto artistico dove “la materia non è usata per creare forme, è essa stessa forma” con le proprie variazioni semantiche e “l’ordine e il disordine, l’uno e il molteplice, sistemi e distribuzioni, isole e mare, rumori e armonia, appartengono tanto al soggetto che all’oggetto”. (Michel Serres)
Una serie di lavori su carta del 2015 in carboncino e collage sono invece allestiti in una saletta raccolta della galleria, per invitare ad un momento di riflessione e di calma.
Conclude e apre la mostra un’opera che l’artista, durante la serata inaugurale, “disegnerà” su una parete dello spazio, utilizzando come strumenti di lavoro degli archi d’acciaio sporchi di pittura nera.
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