Poltronova / La casa non domestica - Due mostre in un atto (o una mostra in due atti)

Archizoom, Superonada, Poltronova, 1967

 

Dal 24 Settembre 2020 al 24 Ottobre 2020

Roma

Luogo: Contemporary Cluster

Indirizzo: Via dei Barbieri 7

Curatori: Gabriele Mastrigli

Costo del biglietto: Ingresso libero

Telefono per informazioni: +39 06 6830 8388

E-Mail info: info@contemporarycluster.com

Sito ufficiale: http://www.contemporarycluster.com


• Poltronova / La casa non domestica •

Due mostre in un atto (o una mostra in due atti)

Nell’anno del cinquantesimo anniversario di due oggetti divenuti cult, lo specchio Ultrafragola di Ettore Sottsass jr. e la poltrona Joe di De Pas, D’urbino, Lomazzi, il Centro Studi Poltronova presenta la sua collezione negli spazi di Contemporary Cluster. La galleria romana diventa la cornice in cui mostrare in anteprima assoluta le edizioni speciali dedicate alla Poltrona Joe, le nuove edizioni di Cessato allarme di DDL Studio e Canton di Franco Raggi, vengono inoltre proposte le 50 Special Limited Edition del divano Superonda di Archizoom, presentate in Triennale nel 2018.

Tra i celebri oggetti della collezione troviamo le lampade di Superstudio, Passiflora e Gherpe e quella di Archizoom Sanremo. I divani della serie Saratoga, disegnati da Elena e Massimo Vignelli, le sedute di Superstudio Sofo e la poltrona Mies di Archizoom. Ed è proprio la poltrona Mies, con la sua geometria insita nella forma che perde di rigore nell'utilizzo, a essere il trait d'union con la mostra La casa non domestica, anch'essa in contemporanea negli spazi di Contemporary Cluster.

La casa non domestica, a cura di Gabriele Mastrigli, prende le mosse dal celebre numero del 1971 della rivista milanese IN – Argomenti e immagini di design, dedicato al tema della "distruzione dell'oggetto". Secondo i curatori del numero, i gruppi fiorentini Archizoom e Superstudio, gli oggetti non sono più destinati a portare avanti significati specifici. Distruggerli significa sfidare le tradizionali strutture formali dell'ambiente costruito, svuotando la nozione stessa di progetto da qualsiasi relazione prestabilita tra forme e funzioni, tanto sul piano materiale che simbolico. Nella mostra sono presentate opere di alcuni tra gli artisti invitati a contribuire al numero: la poltrona Mies di Archizoom, il Superbox “Torno subito” di Ettore Sottsass jr., la panca Luxor di Superstudio e il Commutatore (dal Sistema Disequilibrante) di Ugo La Pietra. Si tratta di quattro oggetti realizzati tra il 1967 e il 1970, corredati da documenti dell’epoca (video, disegni, poster, fotografie), che indagano la natura delle pratiche dell’abitare in quel passaggio storico di crisi della società occidentale, spostando l’attenzione dalle funzioni e dagli oggetti ai riti e alle attitudini.

Due progetti redatti all’interno della Scuola di architettura e design dell’Università di Camerino attualizzano il tema di questi oggetti “non domestici” analizzando criticamente il concetto di casa come mediazione tra l’abitante e il suo modo di vivere, allargando i confini e tentando, in ultima istanza, di misurare la possibilità di immaginare un altro abitare.



Rometti, Ugo La Pietra 2020

• Ugo La Pietra x Rometti, Collezione 2020 •

L’iconico Commutatore, esposto in mostra, indica un modo alternativo di vivere lo spazio urbano, un guardare il mondo da una posizione anomala. Ugo La Pietra ama esplorare la realtà scardinandone i valori e gli spazi omologati. Architetto, designer, artista, regista, editor, docente non ama la divisione tra le discipline, apprezza il lavoro artigiano e le tradizioni locali e individua nella ceramica un materiale duttile e stimolante, che lega arte e tecnica; e soprattutto, lega la creazione a un luogo specifico, dove “cercare la forma che nasce dalle nostre esperienze invece che dagli schemi imposti”.

La manifattura Rometti di Umbertide (PG) è luogo privilegiato di sperimentazione, fucina di esperienze sedimentate dal 1927, ma anche di modernità ricercata e ottenuta con l’apporto progettuale ed empirico di artisti poliedrici come Dante Baldelli, Corrado Cagli, Leoncillo Leonardi, Ambrogio Pozzi, Carlos Pazos, Lilian Lijn, Chantal Thomass e Kenzo Takada.

La collezione 2020 riprende e approfondisce il percorso avviato da Ugo La Pietra nel 2017 con i colossali Totem, con la collezione di 24 pezzi - vasi, candelabri e contenitori - realizzati al tornio senza uso di stampi, infine con la serie Mani tatuate, che adotta il linguaggio sfrontato della strada. Sono espressioni compiute della sensibilità acuta e visionaria dell’artista, capace di mettersi in gioco lavorando a stretto contatto con il Direttore artistico Jean Christophe Clair e con le maestranze Rometti. Il dialogo del bianco col nero, le dimensioni maggiorate degli oggetti, le raffinate tecniche dell’affrescatura e dell’incisione sull’ingobbio valorizzano la sacralità totemica degli oggetti e il linguaggio tribale delle mani graffite.

Libera dai vincoli formali della produzione in serie e dalle logiche di mercato, la collezione 2020 schiera oggetti dalle linee fluide e spiraliformi, che associano l’eleganza degli smalti neri e oro a finitura lucida e opaca al rosso naturale dell’argilla. Una dimensione estetica originale e aperta, e i nomi di alcune opere - Continuus, Non Stop, In Progress - ne sono una significativa conferma.

La terra umbra, plasmata da mani esperte e dalla mente poliedrica del maestro, diventa risultato tangibile e godibile di una progettualità pragmatica e visionaria, che proietta le antiche tecniche della ceramica in una dimensione post-moderna.



Giuseppe Perugini, Villa Perugini, 1968, Fregene

• Casa del tempo •

Casa del tempo di Andrej Chinappi è un’installazione audiovisiva che riflette sui temi delle rovine e del paesaggio contemporaneo, sulla nostra appartenenza a un territorio umano e naturale che rispecchia in maniera puntuale il nostro essere, aprendoci un varco per osservare quello che in futuro può diventare il luogo che abitiamo. Il video mostra edifici in stato di abbandono, di qualsiasi natura o età: palazzi, industrie, case private, teatri, roulotte, manicomi coinvolgono lo spettatore, che si trova di fronte a luoghi ed elementi riconoscibili ma corrotti dal tempo e dall’assenza, dalla mancanza, testimoniate dalle tracce invece di una presenza passata.

Il suono, a cura di Dario Felli, è fondamentale nella costruzione di un rapporto tra lo spettatore singolo e quello che sta guardando, dimostrando quanto egli faccia parte dello stesso processo di disgregazione, di perdita. Per questo il paesaggio sonoro evoca atmosfere familiari ed ambienti domestici che diventano talvolta a malapena riconoscibili, proprio come ciò che si sta guardando, e raccontano di qualcosa che è proprio della natura così come dell’uomo, senza capire chi dei due abbia sormontato l’altro. In alcuni casi la natura sembra riprendersi il posto che è suo per diritto, per costituzione: in altri, sembra quasi che la vita umana voglia resistere e farci pensare a come anche il mattone più marcio conservi in sé una forma di vita e quindi la forza di rinascere, di diventare qualcosa di nuovo o ripetere quello che è stato.

I luoghi abbandonati che ancora sopravvivono in Italia sono scrigni del tempo, gabbie sospese dove fare esperienza dello scorrere dei giorni; sono riserve temporali uniche. Gli edifici che vengono costruiti oggi, al contrario, non sono fatti per invecchiare ma per essere sostituibili all’infinito - pensiamo ai centri commerciali, agli aeroporti, alle city - e per rimanere sempre identici e sempre pieni e riconoscibili. Le rovine, al contrario, attraverso la coscienza della mancanza rappresentano un momento di riflessione perché sfuggono all’identico e ci offrono l’occasione di recuperare una forma di umiltà davanti al tempo e alle cose.

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