L’ossessione nordica. Böcklin, Klimt, Munch e la pittura italiana

Arnold Böcklin, Ruine am Meer (Rovina sul mare), 1880. Olio su tela

 

Dal 20 Febbraio 2014 al 02 Giugno 2014

Rovigo

Luogo: Palazzo Roverella

Indirizzo: via Giuseppe Laurenti 8/10

Orari: feriali 9-19; sabato e festivi 9-20; chiuso lunedì

Curatori: Giandomenico Romanelli, Alessandra Tiddia

Enti promotori:

  • Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
  • Comune di Rovigo
  • Accademia dei Concord

Telefono per informazioni: +39 0425 460093

E-Mail info: info@palazzoroverella.com

Sito ufficiale: http://www.palazzoroverella.com


L’arte nordica (scandinava, baltica, scozzese e tedesca più in generale) occupò nelle prime edizioni della Biennale di Venezia, che nasce nel 1895, il ruolo di protagonista, a fianco dei residui dell’arte pompier e delle manifestazioni dell’ ufficialità accademica internazionale, rappresentando un elemento di novità e la vera svolta verso linguaggi e sensibilità ‘moderni’ e talvolta rivoluzionari. 
Incise anche sull’ evoluzione dell’ambiente artistico italiano tanto che Vittorio Pica, il critico italiano forse più aggiornato e internazionale dell’epoca, ebbe a dire nel 1901 con indubbia efficacia come gli artisti italiani, vecchi e giovani, fossero presi da una sorta di ossessione nordica: “Il visitatore che entra per la prima volta in alcune sale della sezione italiana di questa quarta mostra di Venezia e si sofferma a guardarne, con particolare attenzione, le varie tele, grandi e piccole, disposte in bell'ordine intorno alle pareti, non può non osservare che parecchi dei nostri pittori, specie se veneti o lombardi, si appalesano profondamente influenzati dall'arte nordica, tanto da rinunciare ad alcuni tradizionali caratteri dell'arte italiana per presentarsi camuffati da Scozzesi, Scandinavi o Tedeschi”. 
Partendo da questa intuizione di Pica, che fu anche Segretario generale della Biennale, per la prima volta una grande mostra intende documentare quanto i “Nordici”, intesi nel senso più ampio del termine secondo le intenzioni del critico, Boecklin, Hodler, Klimt, Klinger, von Stuck, Khnopff e gli Scandinavi di varie tendenze come Zorn, Larsson o addirittura Munch, abbiano influenzato gli italiani, che ne hanno subìto il fascino o che ne hanno abbracciato con convinzione ed efficacia le suggestioni. 
La mostra, che sarà allestita in Palazzo Roverella a Rovigo dal 22 febbraio al 21 giugno 2014, è curata da Giandomenico Romanelli con la collaborazione di Alessandra Tiddia ed è promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, in collaborazione con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi.
Per questa grande rassegna i curatori stanno selezionando un gruppo di opere fondamentali nel tracciato della scelta ‘nordica’ delle prime Biennali, proprio quelle che, suggestionate da alcuni riconosciuti capiscuola -su tutti spicca Arnold Boecklin- hanno determinato scelte e linee artistiche e culturali destinate a segnare indelebilmente anche il percorso condiviso e le differenti tendenze nell’arte italiana del primo Novecento, come si potrà vedere in mostra.
Il percorso dell’ampia esposizione prende il via dal racconto delle prime Biennali e dalla loro evoluzione: da vetrina dell’arte storica e pompier al trionfo del Simbolismo con successiva forte attenzione alle Secessioni di Monaco, Vienna, Darmstadt e alle conseguenze sui vari filoni dell’arte italiana, specie nei territori ‘di frontiera’ come il Trentino, il Friuli e l’area triestina, impegnati anche politicamente in una sorta di mediazione culturale di singolare originalità.
Il percorso espositivo presterà un’attenzione particolare al momento ‘svizzero’ della cultura tedesca - con Boecklin e Hodler- così come ai grandi viennesi e tedeschi - Klimt, Klinger e von Stuck- impegnati tra evocazioni mitologiche e dense interpretazioni simboliste dei miti non meno che della vita e dell’anima della belle époque mitteleuropea.
Il paesaggio, nelle sue valenze interiori e in tutte le sue sinfoniche coloriture sarà presente nella inquieta e silenziosa natura nordica, così propria e inconfondibile in tanta arte scandinava, fatta di distese innevate e di fiordi e spiagge in cui la luce dipinge i più suggestivi paesaggi spirituali. Poi uno sguardo agli interni domestici: a spazi avviluppanti, a universi raffinati e composti, a proiezioni di sentimenti per concludere con un capitolo, Maschere e ritratti in cui la figura umana, concepita tra tradizione accademica e indagine interiore, si fa carico dei nuovi strumenti di conoscenza e descrizione delle psiche nelle sue molteplici e contraddittorie valenze.
Quello proposto dall’esposizione è un percorso intellettuale, prima ancora che artistico, di enorme fascino, ricco di infinite sfaccettature, frutto di sensibilità diversissime. E proprio per questo seducente e, oggi, ineludibile. 
Scrive Romanelli: “si pensi solo, per citare uno dei nodi più intricati e, insieme, più affascinanti, al groviglio di tematiche che si agita attorno a personalità quali Boecklin e Klinger; e poi però, seppur per strade diverse, a Stuck e De Chirico, Savinio e lo stesso Klimt; e gli agganci letterari e filosofici da Nietzche a Burckhardt; ma anche Bachofen e von Hofmannsthal e addirittura D'Annunzio. Qui la cifra esoterica si mescola in poeti e visionari con un' insaziabile sete di classicità pagana non meno che di sprofondamenti della coscienza dentro abissi mistici piuttosto che in religiosità nere e blasfeme, come in Khnopff e soprattutto in Rops”.
E da noi? Che succede e quali linee traversano e tagliano la nostra pittura e scultura in questi anni? In che consiste, infine, questa 'ossessione nordica' che seduceva (con prudenza!) Vittorio Pica? E attraverso quali esperienze passava?
Basterebbero alcuni nomi che ci saranno in mostra: da De Carolis e i dannunziani, a De Maria -il 'pittore delle lune', per restar con D'Annunzio-; dal grande Sartorio a Laurenti fino, lontano lontano, a Bonazza e Sacchi, quasi degli Hodler di periferia, se pur assai dotati e spesso ironici; per finire, tralasciando altri nomi di spicco, con il più klimtiano dei paesaggisti nostrani, Wolf Ferrari, elegante, raffinato, provinciale di gran lusso.

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