Novità nel borgo verticale tra le Dolomiti bellunesi

Nel nuovo museo diocesano di Feltre i tesori di fede incontrano le opere di Tintoretto, Pomodoro e Mimmo Paladino

Ambito veneto, Gesù nel tempio tra in dottori, part., XVI secolo, tempera su tavola di abete, 781 x 2315 cm. Provenienza ignota, Feltre, Seminario vescovile
 

Samantha De Martin

19/06/2018

Belluno - Dallo sperone roccioso che accoglie l’antico Palazzo dei Vescovi, il nuovo Museo diocesano di Feltre e Belluno, sfoggia, tra affreschi e architetture, la stratificazione della sua storia millenaria.
C’è un grande intervento attribuito al Mantegna, c’è la maggiore collezione di sculture di Andrea Brustolon, “il Michelangelo del legno”, come lo definì Honorè de Balzac, c’è uno straordinario Tintoretto accanto alle incursioni di Mimmo Paladino e Arnaldo Pomodoro, in questo scrigno immerso nel “Paradiso” che domina Feltre, la bella “città verticale” dove Medioevo e Rinascimento coesistono in un dialogo armonioso.

Lungi dal conferirgli l’aspetto di un museo interamente retroflesso sulla storia, il suggestivo allestimento crea una perfetta simbiosi tra le antiche pietre, i preziosi affreschi murali ed i tesori che qui sono stati concentrati, provenienti dai moltissimi conventi, monasteri, certose e chiese delle vallate feltrine e bellunesi.
All’interno delle 27 sale del museo si possono ammirare, tra i tanti tesori di arte e fede, il calice paleocristiano del Diacono Orso, il più antico calice eucaristico dell’Occidente, probabilmente prodotto ad Aquileia e il raffinato Reliquiario a busto di San Silvestro Papa, proveniente dalla Certosa di Firenze, capolavoro di Antonio di Salvi, allievo del Pollaiolo.

In questo Palazzo-castello - stratificatosi nei millenni su un insediamento già preromano, poi trasformato in sistema fortificato in epoca medievale e ancora in un sontuoso palazzo veneziano per poi essere adattato, in epoca barocca e poi neoclassica, al mutare dei tempi e dei gusti - il visitatore è invitato anche a scoprire l’Itinerario sacro. Questo percorso, che trova il suo epicentro proprio nel Museo, conduce da un lato al Convento Santuario dei Santi Vittore e Corona, con gli affreschi giotteschi, in una costruzione di suggestione unica, dall’altro alla Certosa di Vedana, meraviglia rinascimentale immersa nei boschi in terra di Sospirolo.

La visita al nuovo edificio diretto da monsignor Giacomo Mazzorana ha inizio dall’elegante androne di ingresso, decorato da un affresco del 1504, secondo alcuni studiosi opera di Andrea Mantegna o della sua scuola. Presenta il trigramma di Cristo di San Bernardino da Siena nel primo registro, gli stemmi araldici di Giulio II, del doge Leonardo Loredan, del patriarca di Aquileia Domenico Grimani e del committente, il vescovo di Feltre Antonio Pizzamano tra fauni musicanti e delfini.

Dalla sala multimediale, dotata di un touch-screen per indagare le vicende del palazzo, la storia della Diocesi e la presentazione delle opere sala per sala - si scivola verso le antiche cantine, scavate nella roccia, dove sono esposti reperti lapidei altomedioevali di iconografia paleocristiana. Al secondo piano vi sono le ex prigioni del palazzo, precedute da una scala di accesso dalla quale si possono ammirare le stratificazioni della originaria duecentesca torre e le centine voltate.

 La Madonna col Bambino tra i Santi Vittore e Nicola da Bari di Jacopo Tintoretto firmata Tentor, come era solito fare l’artista nelle sue opere giovanili - si innalza nell’ambiente originariamente dedicato alle udienze, mentre le due opere di Mimmo Paladino e di Arnaldo Pomodoro spiccano nella sala dedicata alle mostre temporanee.
La prima è una tecnica mista realizzata appositamente per il Museo Diocesano di Feltre sul tema del valore dell’uomo, colto nella sua irrepetibile unicità e universalità. Di Arnaldo Pomodoro è invece la scultura bronzea dorata Sole radiante che si lega anche al logo del museo.

Tra i dipinti da non perdere ci sono il Battesimo di Cristo e Madonna con Bambino tra i Santi Brunone e Ugo di Grenoble, i due dipinti del bellunese Sebastiano Ricci eseguiti per la chiesa della Certosa di Vedana intorno al 1710 e considerati unanimemente dalla critica tra le migliori opere a carattere religioso dell'artista.

Il percorso si conclude idealmente nella torre duecentesca attorno alla quale sorse il primo nucleo del palazzo vescovile. Qui trovano posto i sette capitelli lapidei provenienti dai conventi feltrini soppressi tra Settecento e Ottocento, a testimonianza della ricca storia anche religiosa della città.

Il restauro ha seguito il principio del palazzo come museo di se stesso, e racchiude testimonianze di ogni epoca, dal 1200 al 1800, tra affreschi, pareti lignee dipinte, bifore gotiche, sale rinascimentali e ambienti barocchi e neoclassici, compresa la roccia di fondazione dell’antico castello, tuttora visibile nelle suggestive cantine.


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