Il palazzo ducale e la corte dei Montefeltro

Urbino
 

25/02/2004

A metà del ‘400, prima che il centro della vita artistica si spostasse a Roma, Urbino fu uno dei centri più attivi di tutta Italia. L’ambiente urbinate è fondamentale per capire la prima fase del Rinascimento e Federico da Montefeltro, uomo d’armi e di cultura al tempo stesso, ne è il protagonista. Era uno dei più forti condottieri dell’epoca e durante la sua signoria (1444-82), sposata Battista Sforza, chiamò a corte i migliori artisti per ripensare il centro di Urbino. Il nuovo palazzo ducale è dato dall’unione di diversi edifici con diverse funzioni, le parti più importanti di questa vera e propria “città in forma di palazzo” (secondo la fortunata definizione di Baldassarre Castiglione) sono da attribuire a Luciano Laurana, architetto dalmata autore probabilmente del cortile, della loggia dei “Torricini” e della facciata con l’ingresso principale. Ma era certamente attivo a Urbino in quegli anni anche il senese Francesco Di Giorgio Martini, esperto di idraulica, pittore e trattatista, oltrechè architetto, e che molti considerano il vero progettista del complesso. Per la facciata della chiesa di S. Domenico, proprio di fronte al Palazzo, Federico chiama il fiorentino Maso di Bartolomeo. Il duca manteneva rapporti ed invitava spesso a corte anche Mantegna e Leon Battista Alberti, gli scrittori Baldassarre Castiglione e Pietro Bembo, i filosofi e matematici Luca Pacioli e Paulus von Middelburg, poeti come Bernardo e Torquato Tasso, musicisti come Ottaviano Petrucci da Fossombrone. E c’erano poi i pittori “prospettici” Piero della Francesca e Paolo Uccello, che con grande perizia e maturità rispetto ai propri contemporanei utilizzavano questo nuovo e rivoluzionario strumento. E certamente lavorarono a palazzo Giusto di Gand, Melozzo da Forlì e Luca Signorelli. E’ in quest’ambiente straordinario che nel 1444 nacque e si formò Bramante e, trentuno anni più tardi, nacque Raffaello, per la sua breve vita detto l’“urbinate”. I lavori di costruzione occuparono il duca e i suoi ospiti per più decenni, molti progetti si susseguirono e alla fine la realizzazione del Palazzo e del sottostante Mercatale, l’antico mercato dei fiori fuori le mura (oggi parcheggio), portarono a una vera e propria rivoluzione urbanistica dell’abitato. D’ora in poi la città sarà sempre rappresentata, nelle stampe e nelle incisioni, vista da occidente: la città medievale che finora si era sviluppata verso l’adriatico si apre adesso verso l’appennino e nella direzione della strada che porta ad Arezzo e che fino a poco tempo fa era l’unica strada per Roma. Era importante che i messaggeri del Papa arrivando vedessero la mole elegante e imponente del palazzo da più lontano possibile, sin dalla strada dopo le selle di Montesoffio (i rapporti e le alleanze con Sisto IV erano frequenti ma delicati). Per questo motivo forse il fronte con la loggia dei Torricini è stato ruotato di venticinque gradi rispetto alla precedente giacitura del corpo cui si attesta. Ancora oggi chi arriva da questo lato, o chi sale alla fortezza Abornoz, può ammirare l’abside del Duomo, la facciata dei Torricini (molto eleganti e non più fortificati come le torri medievali ma addirittura finestrati), il teatro Sanzio e a fianco ad esso la Data, le scuderie di Federico ideate da Francesco di Giorgio. Dal livello della piazza del Mercatale si giunge a quello del centro cittadino tramite un edificio cilindrico in cui Francesco Di Giorgio inserì un’ingegnosa rampa elicoidale a gradoni, talmente ampia da permettere il passaggio di più cavalieri affiancati. E’ il modo migliore per arrivare al cortile del Laurana e costituisce la principale via di comunicazione di tutto il sistema. Nel palazzo di Urbino ogni elemento architettonico o dell’apparato decorativo è trattato con grande pertinenza: nel cortile viene chiaramente ripreso il tipo fiorentino ma qui gli stessi temi sono sviluppati con abilità ed eleganza maggiore rispetto ai contemporanei esempi di Firenze (si pensi al cortile di palazzo Medici di Michelozzo). Ogni lato è trattato come un quadro prospettico a sè stante e questo grazie all’ingegnosa soluzione d’angolo realizzata con pilastri ad L cui vengono addossate semicolonne che sostengono gli archi delle crociere al piano terreno. Ai pilastri sono addossate sul fronte alcune paraste che sorreggono l’architrave, il fregio (su cui corre l’iscrizione celebrativa del duca) e la cornice, che funziona anche da davanzale per le finestre del livello superiore. E’ come se l’architetto avesse fatto girare su quattro lati il prospetto dell’Ospedale degli Innocenti di Brunelleschi: raramente nel Rinascimento saranno ottenute soluzioni così semplici eppure così equilibrate e mature. Data la sua natura così articolata, molteplice ma allo stesso tempo organica, il Palazzo ducale può essere considerato un’opera collettiva, così unica e straordinaria che non sarebbe stata possibile se non si fossero incontrati qui, per un periodo felicemente lungo, architetti, artisti, letterati, intellettuali.

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