Anversa festeggia il ritorno del capolavoro restaurato a 450 anni dalla morte del maestro

Per l’anno di Bruegel, la Dulle Griet ritrova i suoi colori

La restauratrice Livia Depuyd con l'opera di Pieter Bruegel, Dulle Griet, 1563. Museo Mayer van den Bergh, Anversa
 

Francesca Grego

03/12/2018

Mondo - È uno degli eventi più attesi dell’Anno di Bruegel il Vecchio il ritorno ad Anversa della celebre Dulle Griet – Margherita la Pazza. Un prestito al Kunsthistorisches Museum di Vienna e un importante restauro l’hanno tenuta a lungo lontano dalla Casa Museo Mayer van den Bergh, di cui rappresenta una delle opere di punta. Ma nel 2019, a 450 anni dalla morte del suo autore, sarà possibile ammirarla di nuovo nei suoi colori originari, leggerla nei dettagli più minuti e comprenderla meglio alla luce delle scoperte scaturite in fase di restauro.
 
Dopo il 2018 dedicato a Pieter Paul Rubens, nelle Fiandre prosegue l’omaggio ai tre grandi Ambasciatori dell’arte fiamminga, che si concluderà nel 2020 con l’Anno di Jan Van Eyck.
Visionario ed enigmatico, Pieter Bruegel il Vecchio ha rivoluzionato la pittura di paesaggio e convogliato nelle sue scene brulicanti di vita microcosmi umani, naturali e grotteschi ad un tempo. Al centro delle celebrazioni in suo onore, ci sarà proprio il Museo Mayer van den Bergh, che nella sua ricca collezione custodisce anche I dodici proverbi, altro capolavoro del maestro. Dopo il rientro a casa, la Dulle Griet sarà tra i protagonisti della mostra Da Fouquet a Bruegel, in collaborazione con il Museo Reale di Belle Arti di Anversa, che schiuderà al pubblico i gioielli delle due più importanti raccolte d’arte della città anseatica.
 
Ma scopriamo da vicino il dipinto appena restaurato. Dulle Griet, Margherita la Pazza, non fu una regina un po’ isterica canzonata dai suoi sudditi, bensì una strega del folklore fiammingo, una personificazione dell’avarizia o, secondo alcuni, una rielaborazione popolaresca della figura di Margherita di Antiochia, la santa che sconfisse il demonio.
L’opera fa probabilmente parte di una serie, che comprende altri famosi dipinti come la Caduta degli Angeli Ribelli e il Trionfo della Morte, con i quali condivide i richiami all’immaginario di Hieronymus Bosch.
 
Il restauro realizzato dagli esperti del Royal Institute for Cultural Heritage di Bruxelles ne ha svelato elementi nuovi e inattesi: in primo luogo la vivace tavolozza cromatica, in contrasto con i toni cupi che anche gli addetti ai lavori associavano al dipinto. Coerentemente con un disegno di Pieter Bruegel il Giovane che riproduce fedelmente la Dulle Griet – e risulta ottimamente conservato - l’intervento dei restauratori ha portato alla luce colori vividi e un aspetto decisamente più fresco. Sono emersi dettagli nascosti da secoli, come un orsetto di peluche e un mirabile paesaggio sullo sfondo, ma anche interessanti particolari riguardanti la storia del quadro. Per esempio, non fu Pieter Bruegel a tracciare la parola “Dul” sulla tela come si è creduto finora: si tratta invece di segni aggiunti in seguito e dal significato ancora indefinito.
Ma le novità più importanti riguardano la datazione: solo due anni di differenza (l’opera non fu creata nel 1561, bensì nel 1562) fanno sorgere incertezze sul luogo d’origine della Dulle Griet: Anversa o Bruxelles, dove il maestro fiammingo si trasferì dopo il matrimonio? Le informazioni disponibili sulla vita di Bruegel non consentono di stabilirlo, ma a far festa per il ritorno del dipinto sarà la regina delle Fiandre.
 
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