I tesori dell' alto Lazio

I borghi del Treja, tra i resti di Narce, le tombe dei Falisci e il giardino all'italiana di Paolo Portoghesi

Il borgo di Calcata rannicchiato sul tufo. Foto di Samantha De Martin
 

Samantha De Martin

22/12/2017

Viterbo - Mentre il vento solletica cumuli di foglie infuocate che si esibiscono in informi piroette prima di svanire nel cielo come ultimi residui di autunno, nel giardino all’italiana di Paolo Portoghesi - gru della mongolia, galline cinesi, gufi reali, cicogne e ibis sacri ammiccano al grande tempio “degli dei fuggiti”.
In questo paradiso - sospeso sul borgo viterbese di Calcata - dove gli alberi sono colonne, il cielo è tetto, e i muretti di tufo una traccia archeologica, i sei ulivi centenari dedicati a Michelangelo, Borromini, Bernini, Rodin, Moore e Brancusi, affondano le loro radici nodose nell’antica terra dei Falisci.
A una cinquantina di chilometri da Roma, nei piccoli borghi di Calcata e Mazzano Romano - impegnati in un piano di sviluppo turistico incentrato su itinerari naturalistici e d’arte, tra i quali rientra anche la visita al giardino di Paolo Portoghesi, volto alla riscoperta di una storia millenaria, impregnata di archeologia e tradizione popolare - l’architettura moderna incontra il Medioevo e ascolta gli echi del XII secolo a.C.
A Calcata l’architetto Paolo Portoghesi ha istituito, nel 1990, il suo giardino della memoria, che, con estremo garbo e pazienza, svela ai turisti accompagnati da una guida di Calcata, non essendo previsto, almeno per il momento, un libero percorso di visita. In questo silenzioso locus amoenus, nel quale le opere dell’uomo - in questo caso dell’ideatore della Moschea di Roma, la più grande d’Italia, e di sua moglie Giovanna Massobrio - si fondono con la natura in un connubio che sfiora la perfezione, soprattutto nei giochi d’acqua, perfettamente predisposti e azionati dallo stesso architetto durante la passeggiata - l’acqua assurge a interpretazione del paesaggio.


L’architetto Paolo Portoghesi tra gli ulivi del suo giardino | Foto: © Samantha De Martin

E d’altronde il vicino fiume Treja è parte integrante di questa stretta valle, nella quale chiese e dimore recano l’impronta del tufo rosso e le pareti hanno ancora traccia di sedimenti marini.


Il tempietto circolare e la vasca del Giardino Portoghesi | Foto: © Samantha De Martin

Il riservato architetto - attualmente impegnato nella realizzazione della nuova concattedrale di Lamezia Terme, oltre che nel progetto, di cui è promotore, dedicato ai 350 anni dalla morte di Borromini - fa strada, accennando talvolta a qualche fugace spiegazione del suo universo, dal tempietto circolare al laghetto con vista mozzafiato sulla vallata, alla piscina che rimanda al Teatro Marittimo di Villa Adriana a Tivoli, e sembra "sciogliersi" nel dare da mangiare ai suoi asini, ballando con la gru Chicca o quando, invitati gli ospiti in casa, dispone con cura in un vaso i fiori appena colti.


Il laghetto circolare del Giardino Portoghesi guarda alla Valle del Treja | Foto: © Samantha De Martin

Anche negli spazi interni l’identità del Lazio e il legame con il territorio emerge con vigore, grazie alle tante finestre con affaccio sulla valle e grazie al marmo peperino dei pavimenti.


A casa Portoghesi | Foto: © Samantha De Martin

Dopo i mobili Tonet nella straordinaria libreria dell’Angelo - una delle librerie di Portoghesi con affaccio sul giardino, un luogo di grande fascino, dove i souvenir e un vecchio disco sono ricordi e le cui mensole per i libri che corrono dal pavimento al soffitto, disegnano il profilo della dolce Giovanna - il Progetto di Borromini per il restauro della Basilica di San Paolo fuori le Mura, custodito in un stanza della casa, è il colpo di scena con cui il direttore della Biennale di Venezia nel 1979, autore della rifunzionalizzazione del borgo di Calcata secondo i principi della Geoarchitettura, si congeda, con garbo, dai suoi ospiti.

A Mazzano Romano il Museo che "prende vita" grazie alla realtà aumentata 
Dalla Casa dei Portoghesi al Museo Archeologico Virtuale di Narce (MAVNA) corre poca strada (ma parecchia storia).
Con l’aiuto della realtà virtuale, il MAVNA, oltre ad alcuni oggetti di pregio risalenti all’antica città di Narce, accoglie le ricostruzioni virtuali dei corredi dispersi oggi nel mondo.
Tra Mazzano Romano, Calcata e Faleria, all’interno dei confini del Parco Regionale Valle del Treja, infatti, nell’ultimo decennio del XIX secolo, sono emersi i resti della città di Narce, identificata come l’antica Fascennium, terra d’incontro tra il mondo etrusco e la civiltà latina. Dal nome di questa antica città - dove anticamente si svolgevano feste agresti per il raccolto e dove si festeggiava l'abbondanza scambiandosi versi in forma sboccata e licenziosa - secondo il grammatico Festo, deriverebbero i versi fescennini, opere protoletterarie, tipicamente popolari, considerati la più antica forma di arte drammatica presso i Romani.

Purtroppo, molti dei materiali rinvenuti nelle campagne di scavo tra il 1889 e il 1902, piuttosto che esssere acquistati dallo Stato sono stati venduti al mercato antiquario, per confluire, legalmente acquistati, nelle maggiori collezioni museali del mondo, dal Louvre al British Museum, al Field Museum di Chicago.
La quantità di oggetti esposti al museo, ad oggi, è davvero esigua, ma di straordinario interesse per consentire al visitatore di immaginare la cultura degli antichi abitanti questa città poco nota, frontiera aperta, punto fondamentale di contatto tra mondi culturali simili e, allo stesso tempo diversi.
La rotazione dei numerossissimi reperti, oggi sparsi per il mondo, in questo museo viene realizzata con l’aiuto della realtà virtuale, con riproduzioni di materiale archeologico, elementi architettonici della città antica, filmati di ricostruzione, documenti d’archivio digitalizzati, dai taccuini di scavo ai filmati d’epoca. In questo modo, accedendo a un’unica sala, il visitatore può compiere il suo viaggio da Londra a Parigi, da Washington a Copenaghen, alla ricerca degli antichi tasselli di arte e storia, che da Narce hanno attraversato l’Oceano. Bellissime le 300 maschere di terracotta provenienti dal santuario di Monte Li Santi-Le Rote, statuette votive rinvenute presso altari esterni al tempio, come anche le oltre cento chiavi, funzionali e "votive", a testimonianza della cerimonia di chiusura e abbandono dell'intero complesso sacro, o ancora gli oggetti spezzati dopo il rito e uno spiedo, straordinariamente intatto.
Il MAVNA è aperto il venerdì e il sabato dalle 17.00 alle 20.00 e la domenica delle 9.00 alle 12.00 e dalle 17.00 alle 20.00. Negli altri giorni della settimana è accessibile esclusivemente su prenotazione.

La chiesa di San Nicola a Mazzano Romano
Il percorso lungo la storia che cuce l’incontro tra gli antichi insediamenti pagani e la cristianità prosegue all’interno della chiesa di San Nicola di Mazzano romano, costruita sopra una fortezza medievale preesistente, attribuita al manierista Vignola o ad un suo allievo. Sebbene la chiesa sia stata demolita nel 1940 poiché una parte essenziale della navata era pericolante, della struttura risalente al 1563 è oggi visibile, all'interno, un trittico del XV secolo con Cristo, San Nicola e San Benedetto.


Un trittico del XV secolo con Cristo, San Nicola e San Benedetto nella Chiesa di San Nicola a Mazzano Romano | Foto: © Samantha De Martin

Calcata, un borgo sul tufo
Con i suoi mille abitanti, il borgo medievale di Calcata, abbarbicato su uno sperone di trenta metri in tufo rosso, sospeso nel vuoto, accoglie i visitatori attraverso il caratteristico ingresso “ a bocchetta”, la porta urbana anticamente chiusa da un ponte levatoio, che introduce a Piazza Umberto I, dove la Chiesa del Santissimo nome di Gesù conserva memorie della famiglia Anguillara e dei Sinibaldi.
Il Palazzo baronale degli Anguillara, risalente al XIII secolo, è stato trasformato nel tempo da castello in palazzo e oggi è la sede amministrativa dell’Ente Parco regionale “Valle del Treja”.

Il Museo in una chiesa
Dal 1992 all’interno della chiesa sconsacrata di San Giovanni decollato, nel centro di Calcata, il Museo della Civiltà contadina - realizzato grazie alle donazioni di un antiquario e di privati - ripercorre la storia delle campagne dell’Agro Falisco tra Otto-Novecento, attraverso oltre 200 oggetti tra attrezzi da lavoro e strumenti di uso domestico. Oltre agli strumenti utilizzati per lavorare la canapa - attività diffusa nei territori di Calcata fino al XX secolo - non perdetevi la macchina utilizzata nel XVIII secolo per impastare il pane.

Tra i siti archeologici della Valle del Treja
A tre chilometri da Calcata, il complesso monumentale del Tempio di Monte Li Santi-Le Rote rimugina riti e storie avvicendatisi tra VI e III secolo a.C. L’area di Cavone di Monte Li Santi-Le Rote è attraversata da numerose tombe a camera di diverse tipologie, databili tra il VI e il IV secolo a.C. A piedi si raggiunge l’antica Narce, l’insediamento più antico del popolo dei Falisci, la cui cultura aveva molti tratti in comune con la civiltà etrusca e le cui origini risalgono addirittura al XII secolo a.C.

Un mulino ottocentesco tra le cascate
Al posto del mulino ad acqua ottocentesco - rimasto attivo fino agli anni Sessanta - e della torre medievale, tuttora visibile, sorgevano, nel I secolo a. C. una villa romana, e nell’VIII, un insediamento agricolo. Ultima tappa della passeggiata tra le bellezze dell’alto Lazio è il sito archeologico-naturalistico delle Cascate di Monte Gelato, a Mazzano Romano, con la Mola che guarda alla danza delle acque del fiume Treja, dalle quali un tempo si alimentava. Soprattutto in autunno, quando le foglie sembrano proteggere le vestigia del passato con la loro soffice consistenza, questo luogo sembra indossare le infinite suggestioni della storia e del mistero.


L’antica torre medievale nei pressi delle Cascate di Monte Gelato a Mazzano Romano | Foto: © Samantha De Martin

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